UNIVERSITÀ E SCUOLA

Disabili e tecnologia a scuola: l'Italia è indietro

Prendete un ragazzo disabile a scuola: la tecnologia in molti casi può fare la differenza, sia in termini di apprendimento che di integrazione. Eppure secondo una recente indagine Istat si tratta di strumenti che non sono ancora abbastanza utilizzati. 

Stando ai dati del rapporto L’integrazione degli alunni con disabilità nelle scuole primarie e secondarie di primo grado statali e non statali, nell’anno scolastico 2013/2014 gli alunni con disabilità in Italia sono più di 150.000, circa il 3% del totale. I problemi più diffusi sono il ritardo mentale, i disturbi del linguaggio e dello sviluppo. 

In questo contesto l’impiego delle nuove tecnologie, sottolinea lo studio Istat, potrebbe costituire un vero e proprio “facilitatore nel processo di inclusione scolastica dell’alunno con disabilità, soprattutto nel caso in cui la postazione informatica sia situata all’interno della classe”. Esistono infatti software specifici per lo svolgimento dell’attività didattica o periferiche hardware pensate per varie tipologie di disabilità. Nonostante queste premesse tuttavia, l’indagine rivela che più di un quarto delle scuole prese in esame non ha ancora postazioni informatiche destinate a persone con disabilità, con punte che raggiungono quasi il 43% nelle scuole primarie dell’Italia meridionale. 

Che la tecnologia rappresenti uno strumento importante nel processo di inclusione dell’alunno con disabilità a scuola viene riconosciuto anche a livello legislativo, al punto da prevedere vere e proprie strutture territoriali di riferimento. “L’effettiva capacità delle nuove tecnologie di raggiungere obiettivi di miglioramento nel processo di apprendimento-insegnamento, sviluppo e socializzazione – si legge in una direttiva ministeriale del 2012, Strumenti di intervento per alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l'inclusione scolastica – dipende da una serie di fattori strategici che costituiscono alcune funzioni basilari dei Centri territoriali di supporto (Cts)”. Centri di riferimento, questi ultimi, istituiti dagli uffici scolastici regionali in accordo con il Miur nell’ambito del progetto Nuove tecnologie e disabilità

Le tecnologie, accanto alle postazioni informatiche classiche, certo non mancano e sono differenziate a seconda del tipo di disabilità. Nel caso di alunni con disturbi specifici dell’apprendimento, ad esempio, possono essere utilizzati programmi di sintesi vocale che sollevano lo studente dalla difficoltà di lettura o altri che permettono di costruire mappe concettuali in modo molto semplice nella fase di studio. Per ragazzi con problemi di  motricità fine, che hanno difficoltà cioè a compiere movimenti di precisione solitamente con le mani, esistono tastiere con pulsanti di dimensioni maggiori della norma. Senza contare tutte le alternative al mouse che ne emulano le funzioni, basate su sistemi composti da sensori. Se queste sono (solo) alcune delle possibilità, esistono tuttavia anche delle difficoltà per poter utilizzare in modo esteso queste tecnologie.

Aurelio Micelli, referente del Centro territoriale di supporto per le tecnologie e la disabilità di Padova solleva innanzitutto questioni di tipo economico, spiegando che alcuni ausili tecnologici hanno costi molto elevati, come i videoingranditori per non vedenti ad esempio. Le risorse economiche a disposizione sono poche ed è necessario ottimizzare. Proprio per facilitare l’utilizzo di questo tipo di strumentazione, nonostante le spese elevate, il Cts fornisce gli ausili didattici in comodato d’uso che vengono restituiti al termine del percorso educativo con lo studente. 

C’è poi la questione delle competenze tecniche richieste all’insegnante di sostegno per potersi avvalere di questi mezzi. “La formazione del docente – sottolinea Micelli – incide molto e spesso fa la differenza”. Su questo fronte il rapporto Istat rileva che in una scuola su quattro nessun insegnante di sostegno possiede alcun tipo di formazione che approfondisca la conoscenza delle tecnologie educative per studenti con disabilità, mentre  in altrettante scuole tutti i docenti sono preparati con corsi specifici. 

“Può accadere – spiega Micelli – che un istituto sia già dotato delle tecnologie necessarie agli studenti con disabilità e dunque l’insegnante di sostegno si trova semplicemente a dover proseguire un percorso già avviato, oppure l’iniziativa può partire dal docente stesso”. In un caso e nell’altro, davanti a eventuali difficoltà, il Cts organizza corsi di formazione e offre consulenza ai docenti, oltre a fornire assistenza agli istituti scolastici. Con l’insegnante che si rivolge al centro vengono messi a fuoco innanzitutto gli obiettivi definiti dal piano educativo individualizzato (Pei), pensato per l’integrazione degli alunni con disabilità, che prevede percorsi didattici differenziati e viene definito dai docenti di sostegno e curricolari in collaborazione con gli operatori socio-sanitari e in accordo con i genitori. Rispetto a questo vengono poi individuati gli strumenti più idonei e i metodi più efficaci per poter intervenire, tra cui l’eventuale utilizzo di ausili tecnologici. Ma va considerato anche che talvolta l’utilizzo della tecnologia potrebbe non essere ritenuto proficuo, come in alcuni casi di disabilità particolarmente grave. “L’uso di questi strumenti – conclude Micelli – va dunque valutato di volta in volta a seconda dell’alunno”. E, pur in ambiti come quello della disabilità, delle risorse disponibili.   

 

 

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