UNIVERSITÀ E SCUOLA

Finlandia, niente addio alle materie scolastiche

“Matematica e geografia, addio!”. Non esageriamo. No, nonostante tutto in Finlandia non ci si prepara ancora a “rottamare” (scrap) le vecchie materie scolastiche. Non subito almeno. Anche dalle parti del circolo polare artico le lezioni di storia e di matematica continueranno ancora per qualche anno a impegnare (e forse ad affascinare) i ragazzi. È quello che scrive Pasi Sahlberg, Visiting Professor a Harvard in Practice in Education e tra i maggiori esperti e divulgatori del sistema educativo finlandese negli Usa.

Il caso era scoppiato con un recente articolo dell’Indipendent con un titolo abbastanza “gridato”, rapidamente condiviso oltre 200.000 volte sui social network e seguito a ruota dai media di tutto il mondo, compresi quelli italiani. Secondo il quale i giovani finnici sembravano ormai pronti ad abbandonare le lunghe lezioni alla lavagna per dedicarsi esclusivamente a laboratori interdisciplinari sui più svariati argomenti: dall’Europa alla gestione di una caffetteria.

Siamo piuttosto abituati del resto a notizie particolari ed eclatanti sulla scuola finlandese: appena poche settimane prima aveva destato curiosità la notizia, riportata sempre dallo stesso quotidiano, della scomparsa della scrittura a mano corsiva dalle materie curricolari. La realtà, secondo quanto spiega Sahlberg, è più semplice: il nuovo schema nazionale (National Curriculum FrameworkNcf), che entrerà in vigore nell’agosto del 2016, prevede che almeno una parte del programma di insegnamento sia dedicato, dalle elementari alla superiori, a un tipo di insegnamento maggiormente interdisciplinare. C’è poi da considerare l’alto grado di autonomia del sistema finlandese (gli Ncf infatti lasciano ampia libertà a livello amministrativo, curriculare e didattico), per cui per esempio a Helsinki i periodi di sperimentazione saranno due, mentre spetta a ogni istituto decidere l’organizzazione concreta e la durata (probabilmente qualche settimana).

Scongiurata quindi, almeno per ora, la completa sparizione della materie scolastiche, resta il fatto che il sistema finlandese sta attraversando un periodo di profonda riflessione e di cambiamento. Il mondo è oggi è diverso, scrivono a Helsinki, e per formare i cittadini di domani la scuola deve tener conto di temi come globalizzazione, ambiente, sostenibilità, interculturalità e pari opportunità tra uomo e donna. Nel contesto in cui viviamo inoltre, policentrico e “liquido”, la cooperazione orizzontale, in rete, sembra guadagnare sempre più punti rispetto all’“antiquata” polarità docente-discente, verticale e unidirezionale.

L’obiettivo è di forgiare cittadini sempre più sociali e creativi: dotati, piuttosto che di nozioni, di competenze e di abilità, le skills, direttamente spendibili nella società e nel mondo del lavoro. Il mezzo viene indicato in una scuola sempre più “partecipativa, creativa, ricca di relazioni e fisicamente attiva”. Certamente non progettata esclusivamente sulla base delle esigenze di bilancio, visto che la Finlandia non intende smettere di investire nell’istruzione oltre il 7% del Pil.

L’esempio finlandese, è proprio il caso di dirlo, farà scuola, data l’alta considerazione di cui gode al mondo. Buona parte della sua fama si basa infatti sui risultati delle indagini Pisa (Programme for International Student Assessment), utilizzato a partire dal 2003 dall’Ocse per misurare le abilità matematiche, logiche e linguistiche degli studenti dei diversi paesi. Un metodo che si è rivelato determinante per confrontare e per orientare lo sviluppo dei diversi sistemi educativi nazionali, ma che negli ultimi anni ha ricevuto anche diverse critiche, tanto da spingere addirittura un gruppo di esperti e di studiosi a chiederne una moratoria. Sotto accusa non c’è solo il metodo di misurazione e la scelta dei campioni, ma la filosofia stessa della rilevazione, che privilegia appunto le skills rispetto al patrimonio culturale dello studente.

Proprio allo sviluppo delle competenze sembra mirata la riforma finlandese. Certo, con un metodo completamente basato sullo studio interdisciplinare degli argomenti (o “fenomeni”, secondo la terminologia finlandese) sembra più difficile affrontare saperi come la filosofia antica o la storia egizia, per non parlare del latino o del greco antico. Non è detto però che questo patrimonio di nozioni a lungo andare si riveli inutile nella vita di un alunno, soprattutto in vista di una prosecuzione degli studi. È forse un caso che della Finlandia di solito venga portato ad esempio il sistema scolastico, piuttosto che quello universitario? Inoltre, rispetto agli inizi, proprio nelle recenti rilevazioni Pisa (l’ultima è del 2012) la Finlandia sembra aver perso terreno, a beneficio soprattutto dei paesi dell’Estremo Oriente (Cina, Singapore e Corea del Nord). Che paradossalmente, per tradizione e cultura, adottano la strategia inversa: sistemi molto più rigidi e conservatori da un punto di vista didattico, ma basati soprattutto sulla forte enfatizzazione sociale del sacrificio personale e del successo scolastico.

Il punto più importante della riforma finlandese però, secondo Sahlberg, sta soprattutto nel ruolo che alunni e studenti saranno chiamati a coprire nella pianificazione e nella valutazione dei periodi di insegnamento “per fenomeni”. Quello che conta, pensano nel paese dei laghi (ce ne sono quasi 190.000), non sono le classifiche ma formare cittadini sempre più maturi e consapevoli.

Daniele Mont D’Arpizio

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