CULTURA

"Funny Girl", così vera da essere inventata

Funny Girl, l'ultimo romanzo di Nick Hornby, prende la mosse là dove An Education, la prima sceneggiatura cinematografica di Nick Hornby si concludeva: il 1964 londinese. Nell'anno in cui in Italia Ferrero lanciava la Nutella e in Inghilterra Wilson diventava primo ministro, nella finzione cinematografica firmata Hornby la brillante studentessa Jenny Mellor riusciva, dopo molte peripezie, ad entrare ad Oxford chiudendo la prima fase della sua educazione sentimentale e inaugurando quella universitaria. In Funny Girl Jenny passa idealmente il testimone alla procace coetanea Barbara che viene da Blackpool, cittadina sul mare della contea del Lancashire, ed è una specie di Marilyn se Marilyn avesse potuto mostrarsi arguta e avesse avuto come obiettivo fare ridere la gente.

Barbara è il tipo di ragazza che tra i quattro Beatles preferisce George e rinuncia alla tiara da reginetta di bellezza della sua città non appena capisce che con scettro e titolo si riceve un carnet di impegni lungo un anno tale da far impallidire l'agenda di un moderno assessore comunale italiano alle attività produttive con delega al turismo. La mancata reginetta ha ventuno anni e neanche un giorno da sprecare per sorridere alle inaugurazioni di supermercati e mostre canine: il suo sogno è diventare come Lucille Ball in I Love Lucy, il seguitissimo show comico mandato in onda dalla CBS negli anni Cinquanta. E quindi pianta fascia da miss, fidanzato e padre e corre a Londra in cerca di fortuna.

L'attacco felice di Hornby fa sentire la pelle d'oca delle aspiranti reginette esposte in costume da bagno all‘aria fredda e salmastra dell'Atlantico e offre un immediato fuoco di fila di battute e gag che sono già sitcom (Barbara e il padre, Barbara e la moglie del sindaco, già Miss Blackpool); poi l'azione si sposta nella metropoli, negli studi della BBC, nella stanza degli sceneggiatori. È lì, dentro i copioni e nella testa di Barbara – scritturata abbastanza presto come protagonista di un programma di successo cucito addosso a lei – che si svolge la storia, intrecciata attorno al tema dello scrivere, difficilissimo da affrontarsi, appunto, scrivendo. 

Trattandosi di Nick Hornby, e di un Nick Hornby in grande forma, la sfida riesce. Anche se si parla di un mondo in bianco nero e senza telefono in casa e se Barbara, ribattezzata Sophie Straw, incrocia Marianne Faithfull, Terence Stamp e Keith Relf non ci sono gli elementi di un'operazione nostalgia. La colonna sonora sembra di sentirla tra le righe, Jimmy Page e i Beatles di Revolver, ma questo è Hornby: capace di suonare sempre i suoi romanzi e come un vecchio amico regalarci ogni volta, oltre a una storia, la compilation dei pezzi che gli piacciono di più senza piagnistei ma con sentimento. 

Con Funny Girl lo scrittore ci mette, in più, a parte della sua recente ossessione per la storia sociale britannica come indagata dallo storico David Kynaston con i suoi Austerity Britain, Family Britain e Modernity Britain, e in particolare per quella della Zietta, Auntie, come gli inglesi chiamano la BBC e i suoi prodotti di entertainment. Leggendo i saggi di Kynaston, 700 pagine cadauno piene di sport e musica (i suoi pallini pop) ma anche di tv, Hornby ha deciso di saperne di più su come i programmi televisivi possono parlare di un Paese e in questo romanzo dà fondo delle sue scoperte. A partire da quelle legate alla tv degli anni favolosi degli sceneggiatori di Comedy Playhouse come Ray Galton e Alan Simpson. 

Peraltro, adesso tocca proprio a Hornby scrivere per la British Broadcast Corporation: è infatti di pochi giorni fa la notizia che la rete britannica gli ha affidato l’adattamento del romanzo Love, Nina (di Nina Stibbe) che diventerà una serie tv drammatica in cinque episodi. Protagonista una ventenne, altra giovane donna dopo Barbara, Jennifer e le protagoniste di Wild e Brooklyn, pellicole entrambe sceneggiate da Hornby, una appena uscita e l’altra in arrivo. Se la cava bene con le ragazze l’autore di About a Boy, tanto da riuscire a inventarsi una Lucille Ball britannica, realistica ma non cinica: quella che, mancata nella realtà, lui ha voluto immaginare e far vivere calandola in un contesto credibile dove in quasi 400 pagine tocca tutti i temi della swinging London (libero amore, omosessuale e non, l‘antica diatriba cultura alta e cultura bassa in cui tutti facciamo buuu al critico soporifero del terzo canale della BBC..) e sul finire anche quello, eterno, del Viale del Tramonto. 

Ci offre anche, Hornby, un veloce ritratto dell’artista da vecchio e da vecchia: e nel farlo, anche se per poco, si avvicina alla grazia femminile e pungente di certe ciclopiche colleghe sue connazionali: forse non proprio Doris Lessing, ma un po‘ di Angela Carter, quella di Wise Children, in Funny Girl c’è.

Silvia Veroli

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