UNIVERSITÀ E SCUOLA

Con i Guaranì: un Erasmus diverso

Se si pensa all’Erasmus spesso vengono in mente scene tipo quelle del film L’appartamento spagnolo, a base di feste, divertimenti e amori a discreta gradazione alcolica. Pochi invece sanno che oggi si può andare anche a studiare in paesi extraeuropei e in contesti molto lontani dal nostro. Come ha fatto Ismaele Tortella, 25 anni abruzzese da Torino di Sangro, in procinto di conseguire all’università di Padova la laurea magistrale in Forest Science in inglese.

Dieci sono i mesi passati da Ismaele nella provincia di Misiones, estrema propaggine argentina incuneata tra Paraguay e Brasile: una zona molto povera, dove in uno degli ultimi lembi della foresta atlantica vivono gli Mbya, popolazione indigena di ceppo Guaranì. Durante la sua permanenza Ismaele ha frequentato la facoltà nella cittadina di Eldorado, capoluogo di circa 80.000 abitanti, passando al tempo stesso anche diversi periodi con una comunità indigena situata a oltre 30 chilometri all’interno della foresta, in una riserva di 5.000 ettari di proprietà della facoltà di scienze forestali. “All’inizio sono andato assieme ai responsabili dell’università – racconta lo studente –, in seguito ho chiesto di potermi fermare da solo con loro”. Tortella ha così iniziato a passare con gli Mbya una settimana ogni mese, dormendo nelle loro capanne, seguendoli durate la caccia e la raccolta, ascoltando le loro leggende e i loro racconti la sera accovacciati intorno al fuoco. 

Un’esperienza che è servita a raccogliere materiale per la tesi di laurea, che sarà incentrata sulla catena del valore delle piante ornamentali, principalmente orchidee epifite (che crescono cioè sopra altre piante). Un tema di etnobotanica che affronta il rapporto tra mercato, popolazione indigena e ambiente: “Oggi le orchidee vengono estratte massivamente dalla foresta per essere vendute ai turisti e ai vivai – spiega Tortella –. Un mercato completamente illegale, che rischia di portare molte specie all’estinzione ma che attualmente viene ignorato dalla politica”. 

Una situazione di degrado che riflette anche i cambiamenti all’interno della comunità indigena: “Prima la sussistenza era basata su baratto, la caccia e la pesca; oggi i giovani Mbya sentono sempre più il fascino del denaro e preferiscono vendere quello che raccolgono, magari per comprare carne, vestiti o un cellulare”. Come evitare allora che la foresta sia sempre più saccheggiata? “Magari responsabilizzando le comunità indigene sulla salvaguardia dell’ecosistema attraverso una serie di progetti. Una soluzione oggi purtroppo resa difficile dalla corruzione e dall’illegalità diffusa, che impediscono un uso consapevole delle risorse e la pianificazione”.

Oltre ai suoi studi Ismaele ha portato avanti anche la sua passione per la fotografia, realizzando reportage che ha pubblicato sul suo sito internet: “Dopo la laurea mi piacerebbe puntare proprio sulla fotografia naturalistica, sfruttando anche le competenze ottenute durante gli anni dell’università. Penso comunque di tornare in Sudamerica, in particolare in Patagonia e in Brasile, per fare esperienza e poi tornare un giorno in Italia. Lì al momento ci sono più possibilità di lavoro per figure qualificate nella gestione delle foreste e delle risorse”.

Foto: Ismaele Tortella

Quello che rimane è comunque il ricordo di un Erasmus diverso, ricco di esperienze difficilmente praticabili in un paese europeo: “Riuscire a vedere le cose dalla prospettiva degli abitanti della foresta, così differente dalla nostra, è stato un test fantastico e allo stesso tempo al limite dell’estremo. Lo consiglio solo alle persone veramente motivate”. Perché in 10 mesi senza tornare mai a casa ci sono stati anche momenti di sconforto e di prova, anche dal punto di vista fisico: “Larve di mosche Ura si erano annidate sotto la mia pelle causando un po’ di infezione. Alla fine nulla di grave, ma abbiamo dovuto tirarle fuori una a una con la pinzetta”.

Le sensazioni più forti? “Quelle provate camminando nella foresta, un ecosistema fantastico che nasconde dentro di sé un’infinità di storie. Ma anche un posto pericoloso, dove in ogni momento ti senti osservato, e tra le foglie può esserci davvero di tutto: serpenti, ragni, giaguari, puma… Affascinante, a patto di sopravvivere”. Un’istantanea che invece ti porti dietro dalla vita universitaria? “… La cultura del mate, di cui la provincia di Misiones è un importante centro produttivo. Tutti ne portano sempre con sé un sacchetto, assieme al caratteristico bicchiere e a un thermos di acqua. E appena scambi una parola subito ti offrono da bere, utilizzando la loro stessa cannuccia”. Succede alle lezioni tra studenti e professori, sull’autobus, per strada: “All’inizio è strano. Poi però, se riesci a superare i pregiudizi, diventa anche questo un momento particolare, di profonda condivisione e di bellezza”.

Daniele Mont D’Arpizio

Foto: Ismaele Tortella

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