UNIVERSITÀ E SCUOLA

Ho pesato i neutrini

Ogni secondo il nostro corpo e l’intero pianeta su cui viviamo sono attraversati da miriadi di neutrini: particelle talmente piccole e inafferrabili da riuscire a passare indisturbati attraverso la Terra. Tanto che fino a qualche anno fa si ipotizzava addirittura che non avessero massa; questo perlomeno secondo il cosiddetto Modello Standard, una delle teorie più accreditate nel descrivere gli elementi fondamentali della materia e le loro interazioni. Poi però a cambiare le carte in tavola sono arrivate le ricerche di Takaaki Kajita, che proprio per i suoi studi sui neutrini ha ricevuto nel 2015, assieme al ricercatore canadese Arthur McDonald, il premio Nobel per la fisica.

In questi giorni Kajita è ospite dell’università di Padova, dove il 9 settembre ha ricevuto la laurea magistrale ad honorem in fisica e dove partecipa alla conferenza internazionale Invisibles16, importante appuntamento nel campo della fisica delle particelle attualmente in svolgimento presso l'Orto botanico con la partecipazione di 170 ricercatori provenienti da più di 20 nazioni.

Durante la cerimonia di conferimento del titolo lo scienziato giapponese ha ripercorso assieme al pubblico il cammino che lo ha portato alla sua sorprendente scoperta. I neutrini, la cui esistenza era stata teorizzata nel 1930 da Wolfgang Pauli, a sua volta Nobel per la fisica e considerato uno dei padri della meccanica quantistica, furono osservati per la prima volta nel 1956 dai fisici americani Clyde Cowan e Fred Reines. Particelle prive di carica (da cui il nome), sono considerati uno dei mattoni fondamentali del nostro universo e si dividono in tre tipi (detti anche flavor, ‘sapori’): il neutrino elettronico, il neutrino muonico e il neutrino tauonico. Kajita inizia ad occuparsene seriamente nel 1986, quando, subito dopo aver conseguito il dottorato, entra nel gruppo di ricerca relativo all’esperimento Kamiokande. Qui, analizzando i dati, la prima sorpresa: “Mi sono accorto che una particolare tipologia di neutrini, i neutrini muonici, erano in numero molto inferiore rispetto alle previsioni”.

Per un anno Kajita controlla e verifica la strumentazione e il software dell’esperimento, per giungere a una sola conclusione: non c’è nessun errore, nell’atmosfera – dove una parte dei neutrini si forma a causa dell’influsso dei raggi cosmici – c’è effettivamente un deficit di neutrini muonici, ipotesi poi confermata anche dal rivelatore americano IMB. Dove sono andati a finire? “Sulla base dei dati nel 1988 ho pubblicato uno studio, nel quale proponevo che la spiegazione del risultato sperimentale potesse essere cercata nel fatto che i neutrini ‘oscillavano’ da una tipologia a un’altra”, una congettura avanzata da Bruno Pontecorvo nel 1957. Una parte dei neutrini muonici atmosferici insomma si ‘trasformerebbe’ in qualcos’altro, in particolare in neutrini tauonici. Un’ipotesi che poi sarà confermata dal cosiddetto Super-Kamiokande: simile al precedente e realizzato nello stesso sito (a circa 1.000 metri di profondità nelle miniere di Kamioka, nella prefettura giapponese di Gifu) ma quasi 20 volte più grande, con una specie di vasca piena di acqua purissima alta 42 metri e con una base circolare del diametro di 39 metri. Con questa apparecchiatura per la prima volta nel 1998 viene acquisita l’evidenza che effettivamente i neutrini possono oscillare da un ‘sapore’ all’altro.

Questo però comporta che abbiano una massa superiore allo zero. Una considerazione certamente non da poco, perché significa rimettere in discussione l’intero Modello Standard, nonostante questo abbia dato finora ottima prova di sé. “La scoperta che i neutrini hanno una massa apre una finestra importante per una fisica delle particelle che vada al di là delle attuali nozioni – conclude lo studioso giapponese –. I neutrini sono una delle chiavi per comprendere la natura, alle più piccole così come alle più grandi scale, e io penso che abbiamo ancora molto da imparare sull’argomento”. Per esempio grazie al nuovo Hyper-Kamiokande, la cui costruzione dovrebbe iniziare nel 2018.

Se però la massa dei neutrini è così importante, riusciremo un giorno a scoprirne il valore in termini assoluti? “Spero di sì – risponde Kajita a il Bo –. Per ora sappiamo che si tratta di valori estremamente piccoli, circa 10 miliardi di volte più piccoli di quelli dei quark o di un elettrone”. Quali ricadute pratiche possono avere queste scoperte? “Mi spiace – risponde Kajita scuotendo la testa, quasi timidamente – queste scoperte potrebbero non avere mai conseguenze dirette nella vita di tutti i giorni”. Nemmeno in campi come quelli della comunicazione, o della crittografia? “Può darsi...” sorride gentilmente il Nobel, non troppo convinto. Il punto è un altro: “Se capiamo meglio l’universo... Questo avrà certamente un impatto su noi come esseri umani”. Ecco, se vi pare poco.

Daniele Mont D’Arpizio

Il premio Nobel Taakaki Kajita durante la lectio magistralis in Aula magna a palazzo Bo. Foto: Massimo Pistore

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