La sala dei banchetti dove si tiene la cena dei Nobel
Per lunga tradizione chi vince il premio Nobel è invitato a Stoccolma, e Oslo per quanto riguarda l’Economia, all’inizio di dicembre. È il momento ufficiale della consegna del premio che coincide anche con la serie di lezioni magistrali pubbliche e il consueto banchetto con le famiglie reali. Ma nel corso degli anni l’appuntamento è cresciuto sotto il profilo mediatico, anche grazie al fatto che molti eventi sono visibili in streaming sul canale YouTube della Fondazione Nobel, fino a diventare un happening che prevede concerti, visite guidate, conferenze e molto altro, con lo scopo di promuovere il marchio del premio ben oltre la settimana degli annunci all’inizio di ottobre.
La Nobel Week non è l’unico momento nell’arco dell’anno in cui la Fondazione si prodiga per tenere sulla breccia mediatica il proprio “prodotto”. Nel corso degli anni si sono sviluppati eventi ora più scientifici ora più mediatici in periodi lontani dagli annunci. Il più famoso è probabilmente il Meeting dei Premi Nobel che si tiene ogni estate dal 1951 a Lindau, piccola città sull’omonima isola a poca distanza dalla sponda settentrionale del Lago di Costanza, e quindi in territorio tedesco. Quella di Lindau è l’occasione per una selezione di giovani ricercatori e ricercatrici da tutto il mondo di incontrare scienziate e scienziati che hanno vinto il premio e presentati come fonti di ispirazione per le loro carriere. Ma com’è fatto questo club esclusivo di chi ha vinto uno dei più importanti premi della scienza? Da chi è composto e che idea di ricercatore o ricercatrice propone?
I premi del 2024 sono stati tutti assegnati a maschi, con la sola eccezione del premio per la Letteratura, andato alla scrittrice sudcoreana Han Kang. Non solo, i vincitori dei premi scientifici di quest’anno offrono una rappresentazione fin troppo chiara del ruolo egemonico dell’Occidente, e di un Occidente maschio, sulla scienza. Con l’eccezione di Demis Hassabis, l’amministratore di Deepmind che ha origini greco-cipriote e singaporiane, i sette premiati di quest’anno sono tutti maschi provenienti dagli Stati Uniti o dalla Gran Bretagna. E nonostante la famiglia cosmopolita, anche Hassabis è in tutto un prodotto del sistema culturale e scientifico britannico.
I premi Nobel sono razzisti?
Un articolo pubblicato nel 2018 su The Conversation e firmato dal biochimico Winston Morgan, riportava un dato emblematico: “degli oltre 900 premi Nobel, solo 14 (l’1,5%) erano neri e nessuno lo ha vinto nella scienza”. Anche prendendo in considerazione i dati degli ultimi anni, la situazione non è cambiata e rende più che sensata la domanda provocatoria che Morgan si poneva sei anni fa: i premi più prestigiosi della scienza sono razzisti? I giovani e le giovani che ogni anno sono invitati a Lindau vengono molto spesso da paesi del cosiddetto Sud del Mondo, in particolare dell’Africa, e hanno sudato le proverbiali sette camicie per entrare nel circuito della ricerca che conta, quasi sempre nell’Occidente allargato (Europa, Stati Uniti e Australia). Ma nei role model proposti non c’è nemmeno un vincitore di Nobel africano, semplicemente perché non c’è mai stato.
“ Degli oltre 900 premi Nobel, solo 14 (l’1,5%) erano neri e nessuno lo ha vinto nella scienza Winston Morgan
Andando a prendere i dati da Wikipedia, scopriamo che nel corso della loro storia i premi Nobel sono stati un affare per pochissimi paesi. I primi cinque paesi per numero di Nobel assegnati si sono portati a casa quasi 4 premi su 5 (il 79,8%), così distribuiti:
Ci sono ragioni precise sul perché l’Occidente dalla Rivoluzione Scientifica in avanti eserciti un ruolo egemonico nella scienza. Come abbiamo già sottolineato altrove su questo giornale, la scienza come la conosciamo oggi è debitrice di molte altre culture non occidentali, spesso senza riconoscerne il contributo, ha avuto un rapporto stretto con il colonialismo e l’imperialismo, arrivando in alcuni casi (vedi il Manifesto degli scienziati razzisti italiani) a diventare strumento di giustificazione di una supposta superiorità delle inesistenti “razze” europee su quelle soggiogate con le armi. Si tratta di argomenti che nella comunità scientifica sono ancora poco frequentati, con la scusa che si tratta di argomenti “politici” e che non riguardano direttamente il procedere della scienza. Il risultato è una diffusa ignoranza del ruolo che colonialismo e razzismo hanno avuto nello sviluppo delle discipline scientifiche e una conseguente mancanza di azione per cercare di riequilibrare la comunità.
E sessisti?
Anche spostando lo sguardo sulla componente di genere, i Nobel rappresentano una società che non sembra davvero esistere. Dei 971 Nobel scientifici assegnati finora quelli andati agli uomini sono stati 905, quelli andati alle donne 66, pari al 6,79% sul totale.
Eppure i dati continuano a mostrare che a laurearsi sono di più le donne rispetto agli uomini. Lo mostrano i dati EuroStat per il 2022: il 48% delle donne tra i 25 e i 34 anni in Europa hanno conseguito un titolo di studio di terzo livello contro il 37% degli uomini. L’obiettivo europeo è di raggiungere il 45% entro il 2030, ma gli uomini sembrano piuttosto indietro.
Spulciando la letteratura sull’argomento si entra presto in contatto con la metafora del “tubo che perde” (leaking pipeline). Uno studio di qualche anno fa sulla popolazione europea mostrava questa situazione: a conseguire la laurea sono soprattutto donne (59%), ma quando si passa al dottorato, la percentuale scende al 48% e precipita quando si va a guardare il livello più alto dello staff accademico (26%). La questione peggiora ancora se si prende in considerazione il settore delle STEM, cioè le materie scientifiche: le donne a conseguire un dottorato sono il 39% e la loro presenza cala con il progredire della carriera, fino ad arrivare al livello apicale dove rappresentano solamente il 15% del totale. La situazione europea rispecchia quella mondiale documentata da uno studio UNESCO di qualche anno più vecchio, riassunto da una famosa immagine:
Tornando ai Nobel, la situazione per le donne è migliorata solamente negli ultimi anni, come mostra la distribuzione delle donne negli oltre cento anni di storia del premio.
Illustrazione: Niklas Elmehed © Nobel Prize Outreach
Come si vede, solamente nel nuovo millennio c’è stato un aumento significativo delle donne premiate, a testimonianza che le discussioni e le lotte nate all’interno della nostra società hanno portato a qualche risultato. La parità di genere è ancora lontana da venire, ma intanto sarebbe interessante che partisse una conversazione simile e altrettanto diffusa sulla scarsa presenza di alcune aree del mondo all’interno dei premi scientifici più importanti e famosi. In attesa del primo Nobel scientifico dall’Africa.