UNIVERSITÀ E SCUOLA

L'ultimo miglio dell'amato libretto

A proposito della sostituzione del libretto cartaceo con uno interamente virtuale, e delle reazioni che ne sono seguite, credo che si tratti di un cambiamento necessario, che ci fa cogliere due piccioni con una fava. Innanzitutto completiamo il processo di digitalizzazione della carriere degli studenti, su cui il nostro ateneo ha già fatto cospicui investimenti (il sistema Esse3 per la gestione delle carriere degli studenti), a cui mancava l’ultimo tassello. Il libretto digitale è un po’ come l’ultimo miglio nel mondo delle telecomunicazioni: quell’anello che collega le centrali telefoniche alle singole utenze nelle nostre case. Se manca l’ultimo miglio, la rete è depotenziata.

In secondo luogo con il libretto digitale miglioriamo l’efficienza del processo di gestione delle carriere, con benefici effetti in termini sia di riduzione dei costi, sia di miglioramento della qualità del lavoro. Alcune delle attività operative collegate alla registrazione dei voti erano a valore aggiunto talmente basso che potevano essere configurate come autentici “McJob”, ovvero attività poco gratificanti, ripetitive e senza alcuna opportunità di apprendere cose nuove. Averli eliminati fa bene al nostro bilancio e alla salute dei nostri colleghi.

Il potenziale pericolo del passaggio al libretto digitale riguarda il cosiddetto data storage security, cioè l’archiviazione sicura delle informazioni. A me pare un pericolo marginale: ho buoni motivi per pensare che questo problema sia stato ampiamente affrontato. Sottolineare in modo eccessivamente convinto questo rischio per reclamare il mantenimento della versione cartacea, sforzandosi magari anche di rendere più efficiente il vecchio sistema, significa andare incontro al fenomeno che gli studiosi di organizzazione dell’innovazione chiamano sailing ship effect. Si tratta di un processo per cui a volte si tende a concentrare gli sforzi per cercare di rivitalizzare una tecnologia ormai in declino, esattamente come tentarono di fare i fabbricanti di vele dopo l’introduzione della navigazione a vapore. Un atteggiamento che alla lunga può risultare uno dei peggiori nemici del cambiamento e del miglioramento. Un po’ come opporsi all’utilizzo della carta di credito per paura di essere derubati e investire energie e risorse per migliorare la sicurezza del trasporto del denaro contante.

Tutto questo ovviamente non significa che i vecchi supporti cartacei non potessero avere un importante valore simbolico o affettivo. Del libretto cartaceo ho un ricordo nitido, sia come studente che come docente, in particolare della ritualità che lo accompagnava e che è importante perché dà senso e identità alle esperienze.

Da quando faccio il professore universitario ad esempio, per registrare i voti nel libretto cerco sempre di usare una penna preziosa, Mont Blanc, Montegrappa o Cartier, e spiego agli studenti la ragione del perché lo faccio: è un modo per celebrare il momento più importante del processo didattico, che si conclude appunto con l’attestazione del superamento dell’esame.

È evidente che con il libretto digitale questo rito secolare viene perso: un po’ come laurearsi senza la proclamazione. Inconcepibile, in teoria. In pratica, invece, viviamo in un’epoca in cui per le lauree triennali non si discute più (per fortuna) la tesi di una volta. Ciò nonostante non abbiamo perso la ritualità: a Economia a Padova, ad esempio, facciamo le proclamazioni collettive in pompa magna il sabato mattina o pomeriggio, con tanto di prolusione del Presidente del corso di laurea, per mantenere la ritualità del momento e far vivere ai laureandi e alle loro famiglie questo passaggio storico.

Anche per il libretto digitale si potrebbe immaginare una soluzione di questo tipo, ad esempio con i bollini da stampare e incollare su un libretto cartaceo, che però non avrebbe però più valore pubblico. 

Confermare il valore positivo dei riti e dei simboli, adattandoli ai tempi che cambiano: è questa la sfida.

Paolo Gubitta

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