SOCIETÀ

Mamma, indovina chi viene a cena?

All’inizio Mohammed frequenta la casa di Giovanna, come del resto tutti gli altri suoi amici. Poi però quando tra i due inizia una relazione i genitori pongono il veto. Scoraggiano la figlia, studentessa di psicologia, a frequentare “un marocchino che vive di carità”. A nulla valgono i divieti dei genitori, la frequentazione continua. Nel tempo Mohammed trova un lavoro, frequenta un istituto serale e acquista un’auto. La famiglia comincia a ricredersi e arrivano le prime cene, le feste. Quella di Mohammed e Giovanna è una delle storie che Francesco Cerchiaro racconta nel volume Amori e confini. Le coppie miste tra Islam, educazione dei figli e vita quotidiana, frutto di 15 interviste a coppie cristiano-musulmane residenti nel nord Italia (lei italiana, lui straniero). “Mi interessa la famiglia come luogo di cambiamenti – sottolinea Cerchiaro del dipartimento di filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata dell’università di Padova – come espressione di una società che si trasforma, in cui convivono culture e religioni differenti”. Ed è proprio questo interesse, ora, a condurre il giovane studioso all’università Cattolica di Lovanio nelle Fiandre, zona particolarmente segnata dall’islamofobia e da un nazionalismo acceso. Qui, grazie a un finanziamento europeo, continuerà il lavoro cominciato in Italia dedicandosi al progetto Christian-Muslim families dealing with religious pluralism in everyday family life: religious reconstruction in religiously mixed marriages.    

Quella dei matrimoni misti è una realtà non trascurabile. In Italia, stando ai dati Istat, nel 2015 rappresentano circa il 9% dei matrimoni totali. Delle coppie miste Cerchiaro indaga il vissuto quotidiano, la relazione con le famiglie d’origine, con gli amici. Esamina il modo in cui i partner gestiscono la complessità delle differenze nell’intimità coniugale, la genitorialità, il cibo. Le unioni di questo tipo diventano così una sorta di “laboratorio multiculturale” che racchiude i nodi nevralgici del dibattito pubblico e spesso anticipano le trasformazioni sociali che le scienze politiche registrano solo in un secondo momento.

Coppie miste e contesto sociale: quali sono le dinamiche?       

Il primo scoglio che la coppia incontra è la reazione delle rispettive famiglie: i due partner devono fare un’opera di concertazione per vincere le resistenze. L’ostilità si manifesta soprattutto quando è una donna italiana a sposare un musulmano: i genitori temono che la figlia sia costretta nella dimensione domestica o indotta a convertirsi o, ancora, che ci sia un ritorno nel Paese d’origine del partner. La famiglia del partner musulmano, d’altra parte, vive come una sorta di tradimento culturale e religioso il fatto che il proprio figlio, partito con un progetto migratorio preciso, abbia sposato un’italiana di religione diversa dalla propria. Per questo a volte è difficile il ricongiungimento familiare che si era ipotizzato all’inizio.

Va poi considerato che al principio della relazione i partner raccontano un superamento delle diversità che è figlio dell’innamoramento. Nel corso degli anni, però, si assiste a un risveglio delle differenze rispetto al modo di concepire la famiglia, il tempo, l’educazione dei figli, la gestione della casa, del denaro ed è in questa fase che la coppia inizia a costruire una propria dimensione con una propria singolarità che va al di là dell’alterità percepita dalle famiglie, spesso ostili a queste unioni.

Quanto conta lo status socio-economico del partner straniero?

Si tratta di un aspetto molto influente. Chi, ad esempio, arriva in Italia durante il periodo universitario per studiare possiede un “capitale” culturale e socio-economico familiare differente da chi invece parte per l’Italia per cercare lavoro senza un titolo di studio, portando con sé lo stigma del “migrante economico”. Lo status socio-economico è una delle variabili più significative sia nel determinare la reazione iniziale della famiglia sia nelle dinamiche di coppia. In alcuni casi si può assistere a una sorta di “assimilazione” del partner musulmano in cui non si trova più traccia di un elemento religioso significativo. Entrambi i partner si sono secolarizzati e hanno gestito il pluralismo religioso di fatto cancellandolo dal contesto familiare.

E la componente etnico-“razziale”?    

Ha un suo peso, perché rende la coppia più “visibile” nella società e influisce anche sull’identificazione dei figli. Avere il colore della pelle differente da quello della partner italiana porta con sé uno stigma diverso nel contesto sociale. Il colore della pelle arriva ancor prima della differenza religiosa e la coppia deve affrontare una problematicità ulteriore, soprattutto in contesti provinciali in cui le unioni miste sono ancora una minoranza. Non viviamo in un contesto multiculturale come può essere Parigi o Londra.

Quanto pesa la differenza di credo religioso in una coppia cristiano-musulmana?

Esiste un piano dell’ortodossia e un piano dell’ortoprassi. La religione può avere un peso molto variabile. A volte non è assolutamente una dimensione rilevante, perché nei partner l’identità religiosa ha già in partenza un peso relativo, specie se entrambi hanno accantonato le pratiche religiose. Altre volte invece ha una valenza così forte che uno dei due partner si converte alla religione dell’altro, non necessariamente perché questo sia richiesto dai precetti religiosi. I precetti di entrambe le religioni vorrebbero piuttosto che i figli fossero educati rispettivamente al Cristianesimo o all’Islamismo e su questo punto nella coppia può emergere il conflitto. La circoncisione dei figli maschi, ad esempio, oltre ad avere una valenza religiosa assume anche un significato etnico e di genere, simbolo dell’ingresso nel mondo adulto degli uomini e questo è uno dei motivi di tensione con la partner italiana.   

Alcune coppie decidono, diversamente, di gestire il pluralismo religioso focalizzandosi sui tratti comuni di entrambe le religioni. Enfatizzano la fede in un unico dio, fuori dunque dalla visione istituzionale stretta. Entrambe insegnano le proprie preghiere ai figli, dando luogo a una sorta di sincretismo, di mescolanza di pratiche religiose difficilmente etichettabile.     

Nel suo libro Amori e confini lei parla di “ricostruzione di genere nella sfera domestica”… 

Spesso queste unioni vengono schiacciate solo su un’unica dimensione. La coppia cristiano-musulmana è identificata come la coppia in cui il partner musulmano proviene da un contesto tradizionale, dove esistono ruoli di genere propri di una società patriarcale: la donna è confinata nella sfera domestica, è ritenuta l’unica responsabile della cura dei figli e non può avere ambizioni lavorative. In realtà queste coppie registrano la fase di passaggio che stanno vivendo tutte le altre coppie dal punto di vista generazionale. Si sta assistendo infatti a un processo di trasformazione del ruolo della donna nella famiglia e ciò avviene anche in queste coppie, a volte con una complessità maggiore se il partner è cresciuto in una famiglia patriarcale.

Non sempre tuttavia si assiste a questa asimmetria, che si tende a dare per scontata quando si parla di un uomo musulmano. È il caso ad esempio delle coppie in cui il partner musulmano ha un elevato livello culturale e viene da una famiglia in cui era già in atto questa trasformazione dei ruoli di genere.   

In un’epoca di aumento dei divorzi, come si collocano queste unioni?

Sicuramente nei matrimoni misti ci sono maggiori ostacoli da superare, i partner sono più esposti alle difficoltà tipiche di tutte le coppie. L’apparente maggior fragilità dei matrimoni misti, in realtà, è esasperata anche da alcuni fatti di cronaca. Queste sono coppie della modernità e, personalmente, ho trovato competenza nel gestire la complessità, il pluralismo, il multiculturalismo. I figli che nascono da queste unioni a volte sono bilingue e hanno la capacità di gestire contesti differenti, non solo dal punto di vista culturale. Ed è questa la ricchezza di queste coppie.  

Monica Panetto

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