SOCIETÀ

La mia cucina, il tuo ristorante

Dove vuoi mangiare? O sarebbe meglio dire: a casa di chi? Eva vive a Padova e propone una cena semplice ma appetitosa, una versione con il pollo e una vegetariana. Ha definito il suo menu e l’ha pubblicato su gnammo.com. Oltre alla sua scheda, il sito dedicato al social eating ne raccoglie molte altre, di tutti i tipi e in tutta Italia. Un esercito di cuochi amatoriali spalanca le porte di casa per accogliere una manciata di ospiti-clienti: Marilù è di Napoli e si mette alla prova con una spaghettata alla puttanesca a 15 euro, la pugliese Mila azzarda e lancia il pic nic vegano, e ancora, a Torino c’è Laura che ha pensato di organizzare una pausa pranzo alternativa: 10 euro per un menù leggero, a base di farro e verdure, da consumare a casa della cuoca o da portare via, se si ha poco tempo. C’è chi riceve e cucina (spesso è un modo per arrotondare) e chi viene ospitato e paga (di solito non molto) per fare una esperienza, assaggiare piatti casalinghi e conoscere persone nuove.

Gnammo non è l’unico sito dedicato agli home restaurant, fenomeno che prende ispirazione dai guerrilla restaurant di New York e dalle case particular cubane e ormai diffusissimo da Nord a Sud. Ecco allora homefood.it e le sue cuoche ‘cesarine’ - ovvero padrone di casa scelte “per custodire e diffondere il patrimonio di sapienza, tradizione e cultura nascosto nelle mille ricette della nostra cucina regionale” - e kitchenparty.org, con prenotazioni e pagamenti gestisti direttamente dalla piattaforma. Scegli, prenoti, paghi e vai a cena a casa di uno sconosciuto, quasi sempre insieme ad altri sconosciuti. Su ceneromane.com, il portale che offre una scelta di location in tutti i quartieri del centro di Roma e dintorni, si trova di tutto. Cecilia, per esempio, punta sull’originalità del luogo: “Vivo in un piccolo appartamento nel cuore della street art romana. A fare da sfondo c'è il Gazometro, tra murales di Sten & Lex e musei come la centrale Montemartini, un ex impianto industriale che ospita una collezione di statue romane, un connubio tra antichità e vestigia moderne. Sei posti a tavola per diversi menù, vegetariani inclusi, con piatti che potete abbinare, seguendo il gusto o l’istinto”. Il suo menu romano costa 35 euro a persona, il prezzo sale un po’ se si sceglie una cena di pesce. Ma, non è tutto: il sito propone cene a casa di un principe, in una torre del 1200 o in un loft ai Parioli.

Un nuovo modo di mangiare e incontrarsi, dunque, partendo dalla Rete e arrivando a condividere un vero pasto in un ambiente domestico. L’idea piace a molti, ma non a tutti. Non piace a Confesercenti, che richiede regole per tutelare la sicurezza e la salute dei consumatori. “Regole che devono essere rispettate da tutti coloro che si occupano di somministrazione, così come devono essere seguite anche le norme fiscali e di onorabilità professionale”, spiega Esmeralda Giampaoli, presidente di Fiepet, l’associazione di categoria degli imprenditori dei pubblici esercizi di Confesercenti. “In quest’epoca di chef televisivi e reality in cucina – aggiunge Giampaoli - la somministrazione è diventata una sorta di hobby nazionale. Niente di male, se non fosse emersa anche una certa tendenza a sottovalutare il valore dei professionisti della ristorazione. Valore che si esplicita non solo nel saper cucinare, ma anche nel seguire le numerose norme igienico-sanitarie che regolano il settore: dalla conservazione degli alimenti alla preparazione degli stessi in condizioni ed ambienti idonei. Non è solo burocrazia cattiva: alla base delle norme c’è il desiderio di tutelare la salute dei clienti”. Un parere contrario a cui si aggiunge la recente nota del ministero dello Sviluppo economico: “L’attività in discorso, ad avviso della scrivente, anche se esercitata solo in alcuni giorni dedicati e tenuto conto che i soggetti che usufruiscono delle prestazioni sono in numero limitato, non può che essere classificata come un’attività di somministrazione di alimenti e bevande, in quanto anche se i prodotti vengono preparati e serviti in locali privati coincidenti con il domicilio del cuoco, essi rappresentano comunque locali attrezzati aperti alla clientela. Infatti, la fornitura di dette prestazioni comporta il pagamento di un corrispettivo e, quindi, anche con l’innovativa modalità, l’attività in discorso si esplica quale attività economica in senso proprio; di conseguenza, ad avviso della scrivente, non può considerarsi un’attività libera e pertanto non assoggettabile ad alcuna previsione normativa tra quelle applicabili ai soggetti che esercitano un’attività di somministrazione di alimenti e bevande”.

La  reazione dei diretti interessati è arrivata pochi giorni fa attraverso la piattaforma homerestaurant.com che ha lanciato una petizione per chiedere l’approvazione del ddl S. 1271 del 27/02/2014: “Il recente parere del ministero dello Sviluppo economico ha equiparato gli home restaurant alle attività di somministrazione di alimenti e bevande caricandoli così di un iter burocratico che, di fatto, scoraggia le future aperture e mette fuorilegge gli home restaurant già esistenti. Solo una legge esclusiva dedicata all'home food e alla possibilità di aprire un home restaurant in Italia potrà mettere ordine e stabilire un distinguo tra due attività non concorrenti ma complementari […] È per questo che abbiamo attivato una petizione che chiede l'approvazione del ddl in tempi brevi, per non rimanere a guardare, fermi in coda, il mondo che partecipa al mercato globale sempre più incentrato sul modello della economia collaborativa paradigma del futuro”.

F.Boc.

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