SCIENZA E RICERCA

Addio al canto delle balene?

Niente più serenate, meglio il silenzio. Negli ultimi vent’anni, i maschi delle megattere che nuotano al largo di Brisbane, in Australia, hanno smesso di cantare per sedurre le femmine. Ed è un’ottima notizia, perché questo cambiamento sarebbe dovuto a un aumento demografico senza precedenti, stando a uno studio pubblicato sulla rivista Communications Biology.

Fino ad oggi, il canto dei maschi è stato considerato il principale mezzo di seduzione nel periodo riproduttivo: un segnale onesto, da cui le femmine potevano intuire la stazza e lo stato di salute del maschio in canto, ascoltando i suoi gorgheggi anche a migliaia di chilometri di distanza. Del resto i maschi possono cantare ininterrottamente per ore: in ogni “concerto” ripetono canti che possono durare dai 5 ai 20 minuti ciascuno e che sono costituiti da strofe cantate con un ordine preciso, come in una vera canzone.

Da quando però, nel 1967, Roger Payne e Scott McVay hanno scoperto il talento canoro delle megattere abbiamo capito molto altro. Per esempio che il canto delle megattere presenta dei dialetti, che variano da oceano a oceano, da costa a costa. E visto che il canto viene appreso e tramandato di generazione in generazione, si può parlare di cultura. Inoltre, proprio la stessa popolazione di megattere oggetto di questo studio, che migra lungo la costa orientale dell’Australia, più di vent’anni fa è andata incontro a una “rivoluzione culturale”: ha gradualmente abbandonato il suo dialetto e ha cominciato a cantare quello di Perth, della costa occidentale, imparandolo da alcuni individui che avevano sbagliato rotta in migrazione e invece di proseguire verso Perth si erano diretti a est, verso Sydney.

Fatto sta che oggi, come annunciato sulle pagine di Communications Biology, da Rebecca Dunlop e Céline Frere dell’Università del Queensland, i maschi di questa popolazione australiana stanno addirittura smettendo di cantare. Tutto per evitare di attirare la concorrenza, che negli ultimi 20 anni è settuplicata.

Quando è cominciato lo studio, nel 1997, infatti, le megattere che nuotavano nelle acque davanti alla Grande barriera corallina erano appena 3.700. Mentre nel 2015 - 18 anni dopo - se ne contavano ben 27.000. Merito delle leggi di protezione internazionale e dello stop alla caccia alle balene (negli anni Sessanta, qui restavano solo 200 esemplari). Ma ora che la popolazione si è ripresa, questo affollamento ha determinato inevitabilmente un aumento della competizione tra maschi, che hanno messo in campo nuove strategie seduttive.

Il canto delle megattere, come dicevamo, si può sentire a migliaia di chilometri di distanza. E perciò, se nel 1997 conveniva cantare per trovare e sedurre una femmina, ora che la concorrenza è diventata spietata, continuare a cantare significherebbe attirare in zona altri maschi, e magari dover fare anche a botte. «E tra megattere, questo vuol dire speronare e caricare l’avversario, schiaffeggiarlo con le pinne caudali e pettorali ed essere pronti a ricevere la stessa moneta in cambio» ha specificato Rebecca Dunlop «E ovviamente il rischio di riportare lesioni fisiche più o meno gravi è alto, quindi i maschi devono soppesare i costi e i benefici di ogni tattica. Nel 1997 un maschio in canto aveva quasi il doppio di probabilità di riprodursi rispetto a un maschio che non lo faceva. Tuttavia nell’arco di 18 anni le cose si sono capovolte e oggi i maschi che non cantano hanno cinque volte più probabilità di riprodursi rispetto ai maschi che tentano di attirare l’attenzione di un potenziale partner tramite vocalizzazioni».

Meglio quindi starsene zitti, arrivare allo scontro fisico solo se necessario, e mettere in atto altre tattiche: proteggere la femmina, marcarla stretto, provare a conquistarla con altri segnali che arrivano dritti al punto: i comportamenti di superficie, come il breaching o lo slapping (ovvero salti fuori dall’acqua con atterraggi rumorosissimi e pinnate sul pelo dell’acqua, che consentono alla femmina si valutare la stazza e la forza del maschio che ha di fronte). Breaching e slapping, inoltre, negli ultimi decenni sono diventati sempre più comuni come sostituti del canto: gli oceani sono sempre più rumorosi e l’inquinamento acustico distorce il loro canto melodioso, che non viaggia più sulle enormi distanze di un secolo fa.

In definitiva: quando si è pochi e lontani meglio cantare, quando la densità della popolazione cresce, meglio smettere di cantare. Questa plasticità nella strategia di accoppiamento delle megattere ha certamente contribuito a ridurre al minimo il loro rischio di estinzione, ma guardando al futuro, viene da chiedersi: se tra inquinamento acustico e nuove crescite demografiche, il corteggiamento di questi cetacei è sempre più silenzioso, dovremo dire addio al canto delle megattere, ai suoi dialetti e alla sua cultura?

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