SOCIETÀ

Anche in Italia si stanno sviluppando sistemi d'arma che usano l'intelligenza artificiale

La prima volta di cui abbiamo notizia è stata nel 2020, quando un drone di fabbricazione turca, un Kargu-2, è stato utilizzato durante il conflitto in Libia. Secondo le dichiarazioni ufficiali della Turchia si sarebbe trattato di un’arma guidata dall’intelligenza artificiale in grado di agire in autonomia, ma tale modalità non sarebbe stata attivata. In altre parole, sarebbe stata o azionata o almeno sotto la supervisione di un essere umano. Casi simili si sono registrati, su ambo i fronti, anche durante il conflitto tra Russia e Ucraina, con droni potenzialmente autonomi, ma che sarebbero stati usati con l'intervento umano. “La verità è che solo chi li ha utilizzati potrebbe davvero dirci come stanno le cose”, spiega Davide Del Monte, presidente di info.nodes, l’associazione italiana che si occupa di giornalismo e attivismo, che ha da poco pubblicato un rapporto intitolato Man in the loop che fa il punto sulla ricerca e lo sviluppo di armi autonome in Italia.

Laura Carrer, Andrea Daniele Signorelli e lo stesso Del Monte hanno utilizzato la legge sull’accesso alle informazioni detenute dalle pubbliche amministrazioni, il cosiddetto FOIA (Freedom Of Information Act) per ottenere dal Ministero della Difesa e dal Ministero dello Sviluppo Economico i documenti che permettessero di ricostruire lo stato dell’arte del settore in Italia. “I Ministeri hanno risposto, a termine di legge, a tutte le nostre richieste”, racconta Del Monte, “ma ci siamo affidati anche all’analisi di report aziendali, soprattutto per le imprese di maggiori dimensioni, per tratteggiare il quadro più completo possibile”.

Il futuro è già qui

Il punto fondamentale è che nonostante non se ne parli quasi per nulla sui media principali, l’Italia ha in piedi diversi progetti di sviluppo di armi autonome gestite da intelligenza artificiale. In un settore, quello militare, dove tutti stanno conducendo le proprie ricerche e sviluppando i propri prodotti, anche il nostro paese non sembra potersi tirare indietro. Lo mostra chiaramente una dichiarazione di un Capitano di Vascello della Marina Italiana riportata nel report di info.nodes: “in futuro i sistemi d’arma autonomi saranno delle chiavi di volta per acquisire una certa superiorità sull’avversario, un elemento fondamentale per avere successo”. In altre parole, quello dei sistemi d’arma autonomi è un nuovo fronte bellico, fatto di sviluppo e ricerca. Ed è già qui.

Manca una qualsiasi regolamentazione internazionale del settore Davide Del Monte

A colpire Del Monte, infatti, è che il tema del loro lavoro non riguarda gli scenari futuri, ma il presente. “Con il problema che manca totalmente una qualsiasi regolamentazione internazionale del settore”. Il riferimento è a documenti come la Convenzione sulle armi chimiche entrata in vigore nel 1997 o quella del 1980 su “certe armi convenzionali”. “La mancanza di una normativa internazionale significa, per esempio,” spiega Del Monte, “che non c’è un tribunale a cui appellarsi”. Ma come mai, nonostante il settore stia correndo velocissimo, non c’è ancora un normativa? “Il punto è che è molto complicato mettersi d’accordo sulle definizioni”. Come in tutte le questioni che coinvolgono il diritto, avere chiaro a che cosa ci si riferisce quando si parla di “sistemi d’armi autonomi” è fondamentale, ma su questo non c’è al momento sufficiente convergenza.

Allo stesso tempo, l’organizzazione internazionale Stop Killer Robots, di cui anche info.nodes è parte, sta promuovendo una campagna di lobbying affinché l’attenzione sul tema rimanga alta e si possa il prima possibile giungere a una regolamentazione. Non si tratta solamente di condannare l’uso di questi sistemi d’arma, ma anche di limitarne lo sviluppo e la produzione.

 

Sistemi d’arma autonomi all’italiana

Al Ministero della Difesa già da qualche anno il pensiero è che il settore dell’intelligenza artificiale applicata al contesto militare sarà cruciale. Per questo, fin dal 2018 si è prefissato di facilitare la collaborazione con le imprese che operano nel settore. A quanto si legge nel report di info.nodes, però, “ad oggi non risultano essere in dotazione all'Esercito italiano sistemi d’arma con capacità di azione autonoma”. In ogni caso, il settore rimane “cruciale” e per questo motivo da alcuni anni il Ministero finanzia ricerche specifiche: con 48 milioni di euro per il  2021 e per il 2022, e 40 per il 2023.

Del Monte, Carrer e Signorelli scrivono che “sono dieci progetti con i quali, dal 2012 in poi, il ministero si è impegnato a realizzare velivoli UAV (unmanned aerial vehicle, veicolo aereo senza pilota, NdR), in sciame o singoli, dotati di apprendimento statistico, identificazione automatica di bersagli, capacità di sorveglianza di aree prestabilite, missioni vere e proprie”. Questo per quanto riguarda il settore aeronautico, a cui si deve sommare anche il settore terrestre e quello navale.

 

Coinvolte anche le università

Tra i destinatari dei finanziamenti ci sono ovviamente le più importanti imprese italiane del settore, come Leonardo o Iveco Defense Vehicles Spa. Ma sono interessate a occupare un pezzo del settore anche aziende che apparentemente hanno poco contatto con l’ambito militare. È il caso, per esempio, di Saipem: azienda che ha una parte rilevante del proprio business legata alle tubature e alle condotte sottomarine per il trasporto di gas e petrolio. Non necessariamente sviluppano armi autonome, ma “sfruttano le proprie competenze e le mettono a disposizione”, spiega Del Monte, perché potrebbero costituire il fulcro dei sistemi robotici di domani.

Le macchine autonome con la capacità di selezionare obiettivi e fare vittime senza il coinvolgimento degli esseri umani sono politicamente inaccettabili e moralmente ripugnanti Antonio Guterres, Segretario generale Nazioni Unite

Entrano nel quadro anche le università e i centri di ricerca del nostro paese. Tra le accademie italiane che hanno scelto di far parte di questi progetti ci sono il Politecnico di Milano e l’Università La Sapienza di Roma. Il primo sta collaborando con Iveco Defence Vehicles S.p.a per la realizzazione di un veicolo potenzialmente a guida autonoma con un finanziamento di poco meno di un milione e mezzo di euro per la fase di start-up. La seconda collabora, grazie a un finanziamento di 900 mila euro, al progetto SAGUVET (Sistema Autonomo di Guida Universale per Veicoli Terrestri), focalizzato sulla guida autonoma.

Con questo lavoro di inchiesta, Del Monte e le altre firme del documento vogliono dare visibilità a un settore di sviluppo e applicazione di tecnologie ancora poco noto. E chiudono Man in the loop facendo proprie le parole di António Guterres, segretario generale delle Nazioni Unite: “le macchine autonome con la capacità di selezionare obiettivi e fare vittime senza il coinvolgimento degli esseri umani sono politicamente inaccettabili e moralmente ripugnanti”.

 

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