SOCIETÀ

Indice di percezione della corruzione: l'Italia è al 52° posto

Gli sforzi per combattere la corruzione in Europa occidentale sono in stallo. È questo ciò che emerge dall'edizione 2024 dell'Indice di Percezione della Corruzione di Transparency International. Una fotografa del nostro continente che lancia un allarme chiaro: la media regionale dell'Europa occidentale e dell'Unione Europea (UE) sull'indice di percezione della corruzione (CPI) è scesa per il secondo anno consecutivo a 64 su 100. Le principali economie come la Germania (punteggio CPI: 75) e la Francia (67) sono in declino e persino i paesi nordici tradizionalmente forti come la Norvegia (81) e la Svezia (80) hanno registrato i loro punteggi più bassi di sempre. Dei 31 Paesi analizzati da Transparency International, solo sei sono migliorati mentre 19 sono calati. 

La situazione dell’Italia

I miglioramenti più significativi arrivano, in un range temporale pluridecennale, dall’Italia e dall’Estonia. Il nostro Paese è uno di quelli su cui l’associazione contro la corruzione ha deciso di fare un focus. Secondo Transparency International “le recenti riforme delle misure anticorruzione stanno danneggiando i progressi dell'Italia. Gli adeguamenti al quadro giuridico, tra cui il restringimento delle definizioni di commercio di influenza e la depenalizzazione dell'abuso d'ufficio da parte di funzionari pubblici, indeboliscono i controlli sui legami tra il settore pubblico e la criminalità organizzata. Persistono lacune nella trasparenza e nell'accesso ai dati nel monitoraggio di come l'Italia spende i fondi del suo Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). Sebbene vi siano lacune di lunga data nella regolamentazione del lobbying e nella gestione dei conflitti di interesse rispetto ad altri paesi europei”.

A ribadire il concetto, anche se in modo meno marcato, è stato anche il sottosegretario al ministero dell'Economia e delle Finanze Federico Freni. Ha sottolineato, infatti, come sul tema corruzione si dedichi troppa poca attenzione e un'azione cruciale sarebbe quella dell’educazione alla legalità. Secondo il sottosegretario infine, l’attività delle lobby è presente ma meno invasiva rispetto ad altri Paesi.

Preoccupazione poi, emerge dalle parole del presidente dell'Autorità nazionale anticorruzione. Giuseppe Busia, alla presentazione dell'Indice, ha messo in luce come l’Italia abbia perso dieci posizioni nella classifica e questo pesa sulla credibilità internazionale e sulla fiducia dei cittadini, impoverendo il Paese. "Sarebbe sbagliato dire che, siccome anche altri Paesi europei perdono posizioni, questo giustifichi il trend - ha dichiarato il presidente ANAC -. Le difficoltà altrui devono essere viste come uno stimolo, e non come una giustificazione, per l’Italia. Transparency costruisce l’unico indice sulla corruzione a livello globale, e pur con i limiti di una elaborazione sulla percezione, restituisce un dato autentico".

Nonostante il miglioramento infatti, rimaniamo al 52° posto su 180 con un punteggio di 54 su 100 su una scala che va da 0 (alto livello di corruzione percepita) a 100 (basso livello). È da notare inoltre che il 2024 segna la prima inversione di tendenza degli ultimi 13 anni. L’Italia è sempre cresciuta nel ranking dal 2012 (+14 punti), dallo scorso anno invece siamo calati di due. Dietro di noi c’è il Barhain e subito davanti l’Oman. Analizzando solo l’Unione Europea, l’Italia si assesta al 19° posto su 27.

 

La corruzione indebolisce le azioni per il clima

L’edizione 2024 del CPI si è concentrata principalmente su come la corruzione stia indebolendo l'azione per il clima in tutto il mondo. “La mancanza di adeguati meccanismi di trasparenza e responsabilità aumenta il rischio che i fondi per il clima possano essere utilizzati in modo improprio o sottratti - dice Transparency International -. Inoltre, la corruzione climatica può anche assumere la forma di influenza indebita, acuire il fenomeno delle "porte girevoli" tra il settore pubblico e quello privato e favorire una regolamentazione guidata da interessi
particolari (regulatory capture) da parte di attori privati. Questi fattori hanno ostacolato l'adozione delle ambiziose politiche e misure necessarie per affrontare il cambiamento climatico, favorendo gli interessi di gruppi ristretti rispetto al bene comune”.

“Nei paesi in cui la corruzione è dilagante - continua l’associazione -, la trasparenza nel processo decisionale in materia ambientale è spesso compromessa, portando a risultati iniqui e alla distruzione delle risorse naturali. Anche nei paesi in cui la corruzione è percepita come relativamente bassa, l'influenza delle lobby presenta ulteriori sfide. I potenti interessi aziendali spesso modellano o bloccano le politiche climatiche per favorire i profitti a breve termine rispetto alla sostenibilità ambientale a lungo termine. Ciò porta a normative annacquate, ritardi nella transizione verso le energie rinnovabili e azioni insufficienti per rispettare gli impegni internazionali sul clima. La corruzione può anche aggravare l'emarginazione delle popolazioni vulnerabili che soffrono in modo sproporzionato degli effetti negativi del cambiamento climatico”.

L’Indice di percezione della corruzione a livello globale

A livello globale poi "il CPI 2024 rivela che in più di un decennio la maggior parte dei Paesi ha fatto pochi progressi nell’affrontare la corruzione. Oltre 120 Paesi coperti dal CPI, ovvero più di due terzi del campione, ottengono ancora un punteggio inferiore al punto medio della scala (50 su 100)". Per il settimo anno consecutivo poi al vertice della classifica troviamo la Danimarca con 90 punti, seguita dalla Finlandia (88) e da Singapore (84). I punteggi più bassi nel CPI 2024 invece vanno ai Paesi più fragili e colpiti da conflitti come il Sud Sudan (8), la Somalia (9), il Venezuela (10), la Siria (12), la Libia (13), l'Eritrea (13) e lo Yemen (13). Come negli anni precedenti, "l'Europa Occidentale rimane la regione con il punteggio più alto (64). L'Africa subsahariana (33) e l'Europa orientale e l'Asia centrale (35) sono le regioni con il punteggio più basso". Infine "la media globale del CPI è di 43 e oltre la metà dei Paesi (56 percento) ha un punteggio inferiore. Nell’ultimo decennio 24 Paesi hanno migliorato significativamente i loro punteggi e 32 Paesi hanno registrato riduzioni di rilievo rispetto a un decennio fa".

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