SOCIETÀ

Transizione energetica: crescono gli investimenti a livello globale

Nonostante alcune grandi banche e fondi statunitensi abbiano di recente scelto di disertare gli impegni di sostenibilità che avevano sottoscritto, gli investimenti globali nella transizione energetica continuano a crescere. Secondo l’analisi di BloombergNEF, nel 2024 hanno raggiunto la cifra record di 2.100 miliardi di dollari, un valore quasi doppio rispetto a quello che viene investito globalmente nell’economia dei combustibili fossili.

Una transizione energetica in linea con l’obiettivo della neutralità carbonica a metà secolo tuttavia avrebbe bisogno di un investimento di quasi tre volte maggiore: 5.600 miliardi di dollari l’anno fino al 2030.

Sebbene per la prima volta siano stati superati i 2.000 miliardi di dollari annui, la crescita da un anno all’altro è stata dell’11%, in calo rispetto al ritmo dell’oltre il 25% tenuto nei tre anni precedenti.

I settori più attrattivi

Il singolo settore più attrattivo resta quello della mobilità elettrica, con 747 miliardi nel 2024. Subito dopo vengono le energie rinnovabili con 728 miliardi. L’investimento per migliorare l’infrastruttura della rete elettrica invece è arrivato a 390 miliardi.

L’analisi sottolinea che queste tecnologie attirano la gran parte degli investimenti perché sono considerate mature e affidabili. Si fermano invece a 155 miliardi quelli allocati a tecnologie considerante, per diverse ragioni, più incerte, come il riscaldamento elettrico, l’idrogeno, la cattura e lo stoccaggio della CO2, il nucleare, soluzioni per decarbonizzare l’industria e il trasporto navale: si tratta di un calo del 23% rispetto all’anno precedente.

Per dare abbrivio a questi settori, sostiene BloombergNEF, saranno necessarie partnership tra pubblico e privato per abbassare il rischio di investimento, “altrimenti è probabile che non avranno un impatto significativo sulle emissioni entro la fine del decennio”.

La Cina

Il singolo più grande mercato per gli investimenti nelle energie a basse emissioni si riconferma nel 2024 quello cinese, con 818 miliardi di dollari, in crescita del 20% rispetto al 2023. Da sola la Cina investe più di quanto non fanno insieme Stati Uniti (338 miliardi, stabile rispetto all’anno precedente), Europa (381 miliardi, in calo) e Regno Unito (65 miliardi, anch’esso in calo).

Il risultato è che in un solo anno, il 2024, Pechino ha installato 357 GW di nuova potenza solare (+45%) ed eolica (+18%). L’obiettivo di raggiungere i 1.200 GW entro il 2030 è stato raggiunto e superato con 6 anni di anticipo.

In termini di energia elettrica prodotta da fonti non fossili, la Cina in un anno ha aggiunto alla sua rete più di 500 TWh, ovvero più della produzione annuale della Germania e un po’ meno del doppio di quella italiana.

Secondo un’analisi di CarbonBrief, le emissioni del settore energetico e cementizio della Cina sono rimaste stabili da febbraio 2024, poco al di sopra delle 12 Gt CO2 (comunque le più alte al mondo su base annuale). La Cina vorrebbe arrivare a soddisfare l’intera crescita della domanda elettrica cinese (l’anno scorso al 6,8%) con le nuove installazioni di rinnovabili. Non sarà semplice però, perché negli ultimi anni ha notevolmente aumentato anche il numero di nuove centrali a carbone, che nel 2024 avevano una capacità installata complessiva di 1.200 GW, poco meno di quella delle rinnovabili.

Il Medio Oriente

Nonostante ospitino solo l’1% delle rinnovabili installate al mondo, secondo IRENA (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili), i Paesi del Medio Oriente e più precisamente quelli del Golfo (Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Qatar, Oman, Kuwait, Bahrain, Iraq) sono quelli che stanno crescendo più rapidamente, dopo la Cina, in termini di nuova capacità aggiunta.

Le rinnovabili coprivano il 3% del consumo elettrico della regione nel 2023, mentre i combustibili fossili arrivavano al 93%. Questi Paesi puntano ad aumentare le esportazioni di petrolio e gas nei prossimi anni, ma anche ad aumentare la domanda interna di elettricità rinnovabile, che entro metà secolo potrebbe arrivare fino al 75%, secondo Rystad.

Masdar, la compagnia nazionale emiratina di energie rinnovabili guidata da Sultan Al Jaber (già presidente della Cop 28), ha annunciato un investimento da 6 miliardi di dollari per la costruzione di un parco solare da 5 GW, supportato da batterie in grado di erogare fino a 19 GWh di energia. Si tratterebbe del progetto di questo tipo più grande al mondo mai tentato. Dovrebbe partire tra due anni e proprio dal 2027 Saudi Aramco, la più grande azienda petrolifera al mondo, ha dichiarato che inizierà a produrre litio per le batterie, riporta il Financial Times.

Il capo del settore finanziario di Masdar ha dichiarato che investire sul solare, assistito dalle batterie, è oggi comparabile, se non più economico, di ricorrere al gas naturale.

L’Europa

Sebbene la crisi dell’industria dell’auto abbia rallentato anche la vendita di veicoli elettrici in Europa (-3% rispetto al 2023) e nonostante un anno caratterizzato da proteste anti – Green Deal (come quella dei trattori), la transizione verso la produzione di energia elettrica a basse emissioni non ha subito rallentamenti, anzi. Nel 2024 le rinnovabili hanno coperto il 47% della produzione elettrica europea e sommandosi al nucleare ora superano i due terzi del totale. Le fonti fossili sono calate al 29%, secondo la European Electricity Review 2025 di Ember.

Il solare fotovoltaico è la singola fonte che cresce più velocemente (+22% rispetto al 2023) e ora copre l’11% della produzione europea, superando il carbone e generando 304 TWh, sostanzialmente quanto consuma l’intera penisola italiana in un anno. Per il quinto anno di fila invece il gas naturale vede scendere la sua percentuale di generazione elettrica.

In Europa però sono in calo, per il secondo anno consecutivo (dopo una crescita decennale), anche le vendite delle pompe di calore elettriche, tecnologia chiave per la decarbonizzazione del settore residenziale. Soprattutto, nei prossimi anni il Vecchio Continente dovrà fare i conti con un sentimento di rifiuto nei confronti delle politiche climatiche e ambientali che sta montando da destra in diversi Paesi, tra cui Germania, Austria e Francia.

L’Africa

A fine gennaio i leader di oltre la metà dei Paesi africani si sono riuniti in Tanzania, a Dar Es Salaam, e si sono accordati per un investimento record nell’elettrificazione di un continente in cui circa 600 milioni di persone non hanno accesso all’energia elettrica. La Banca Mondiale, la Banca Africana per lo Sviluppo e altre istituzioni finanziarie si sono impegnate a stanziare 35 miliardi di dollari a tassi di interesse più bassi di quelli solitamente concessi a progetti africani, considerati dai mercati ad alto rischio.

Metà dell’investimento è destinato a impianti solari di mini-rete proprio per assistere piccole comunità che non sono raggiunte dalle grandi infrastrutture energetiche fossili, che continuano a venir sviluppate in tutto il continente, per esportare idrocarburi lontano dall’Africa. I costi del solare fotovoltaico sono diventati molto vantaggiosi negli ultimi anni, così come i tempi di installazione si sono ridotti. L’obiettivo è far arrivare l’energia elettrica, entro la fine del decennio, almeno a 300 milioni di persone che ora non ce l’hanno. L’altra metà dell’investimento servirà ad ammodernare la rete elettrica esistente e a renderla meno legata alla produzione da combustibili fossili.

Gli Stati Uniti

Sull’iniziativa però incombe l’ombra della nuova presidenza degli Stati Uniti, che sono il principale finanziatore della Banca Mondiale e che ne nominano il presidente. Il negazionismo climatico di Trump dalle parole è passato ai fatti, ritirando il suo Paese dagli accordi di Parigi. Inoltre, è in corso la valutazione del taglio della spesa pubblica, che con ogni probabilità ridurrà anche i finanziamenti a progetti esteri considerati non più graditi.

Anche sul fronte interno la nuova amministrazione prova a mettere i bastoni tra le ruote all’Inflation Reduction Act di Biden, la principale fonte di finanziamento della transizione energetica degli Stati Uniti. Non è detto però che ci riuscirà, anche perché gli Stati che maggiormente ne hanno beneficiato finora sono a guida repubblicana. Nel 2024 gli Stati Uniti hanno aggiunto più di 48 GW di elettricità rinnovabile alla propria rete, soprattutto impianti solari di grossa taglia (soprattutto in Texas, che da solo ha installato il 25% del nuovo fotovoltaico) e batterie per l'accumulo. Si tratta di una crescita del 47% rispetto al 2023.

L’elezione di Trump è sicuramente un ostacolo sul cammino della transizione energetica, ma il resto del mondo, così come ancora una parte consistente degli Stati Uniti, per ora non dà segni di voler invertire la rotta di una decarbonizzazione che i costi in calo delle tecnologie rinnovabili, derivanti da un enorme aumento della capacità produttiva, stanno rendendo sempre più conveniente intraprendere.

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