
Tipicamente in qualsiasi mercato, dove il prezzo di un bene viene determinato dall’incontro tra domanda e offerta, una volta prodotto quel bene, sia esso tecnologico, alimentare o farmaceutico, potrà venire immagazzinato per un certo periodo di tempo e trasportato anche per lunghe distanze.
“Tuttavia queste caratteristiche non valgono per il mercato dell’energia elettrica, che una volta prodotta deve essere istantaneamente consumata per garantire la stabilità del sistema” spiega Riccardo Camboni, ricercatore del dipartimento di scienze economiche e aziendali dell’università di Padova.
“Non è nemmeno possibile trasportare una quantità infinita di energia elettrica dalla Sicilia al Veneto, ad esempio, per limiti fisici delle infrastrutture di trasporto. Sono queste le peculiarità del mercato elettrico, che fan sì che funzioni in modo diverso rispetto al mercato delle automobili o delle abitazioni”.
Camboni è intervenuto all’incontro “La rete elettrica e il prezzo dell’energia” organizzato lo scorso 6 giugno dal Centro Levi Cases e ha spiegato come in Italia si forma il PUN, ossia il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica, da cui dipendono i costi dell’elettricità in bolletta.
Nonostante i limiti di transito e la necessità di consumare immediatamente ciò che viene prodotto, l’obiettivo del mercato elettrico resta quello di coordinare in modo efficiente la domanda e l’offerta. “L’ideale è far sì che l’energia elettrica venga prodotta da chi ha il costo più basso per produrla e che venga comprata da chi ha maggiore disponibilità per comprarla. Non dev’essere lo Stato a selezionare chi è più adatto a produrla e chi a comprarla: deve essere una logica di concorrenza di mercato a farlo”.
I mercati elettrici
“Il mercato elettrico può essere diviso in due grandi blocchi”, spiega Camboni. “Uno è quello dei contratti bilaterali, in cui un produttore garantisce a un grande consumatore, un’industria siderurgica ad esempio, una certa quantità di energia a lungo termine per un determinato prezzo”. I contratti PPA (Power Purchase Agreement), oggi utilizzati tra privati per lo scambio di elettricità prodotta da fonti rinnovabili a basso costo, rientrano in questa categoria.
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Vi sono poi i mercati organizzati di scambio, dove l’energia elettrica viene scambiata e il suo prezzo viene determinato “in modo continuativo, giorno per giorno, ora per ora”. In Italia l’ente che gestisce questi mercati è il GME, il Gestore dei Mercati Energetici, che come vedremo sono più di uno. “Terna è proprietaria dell’infrastruttura, dei cavi, sia ad alta sia a media tensione. Il GME è invece il regolatore del mercato, un po’ come potrebbe essere il gestore della borsa italiana. È quel luogo virtuale dove l’energia elettrica viene comprata e venduta”.
Il prezzo che nasce sui mercati nazionali a breve termine (il PUN) determina a cascata quanto i consumatori andranno a pagare in bolletta. “Chi ha un contratto per l’elettricità a prezzo variabile paga un prezzo che è indicizzato in questi mercati”.
Il mercato del giorno prima
All’interno di questi mercati il più importante è l’MGP, il Mercato del Giorno Prima, che funziona tramite un meccanismo di asta, ora per ora, giorno per giorno: “il prezzo dell’energia elettrica che produttori e consumatori all’ingrosso andranno a scambiare tra le 5 e le 6 di pomeriggio di un certo giorno, viene stabilito tra le 5 e le 6 del pomeriggio del giorno prima”.
Il GME agisce come mediatore tra chi compra e vende energia: “I compratori in questo mercato non sono i cittadini piccoli consumatori, sono piuttosto gli operatori che poi vendono l’energia elettrica ai rivenditori”. È da questo meccanismo, che prende il nome di asta marginale (che poi vedremo più nel dettaglio), che si origina quello che poi sarà il prezzo nazionale dell’energia elettrica.
Il mercato infragiornaliero
Facciamo un esempio: una centrale solare nell’MGP si impegna a produrre e a vendere una certa quantità di energia (espressa in MWh) il giorno seguente, basandosi sulle previsioni meteo. “Può capitare però che le previsioni sbagliano e che la centrale non sia in grado di onorare il suo impegno a produrre esattamente quella quantità di energia. Analogamente può anche capitare che una centrale elettrica a gas si guasti”.
È per questo che esiste anche un secondo mercato, chiamato Mercato Infragiornaliero (MI), dove i produttori hanno l’opportunità di integrare le proprie offerte fatte nell’MGP. “Immaginiamo una centrale solare che si era impegnata a produrre e vendere 100 MWh di energia, ma che con le nuvole ne produce solo 40 MWh. Può allora andare in questo mercato e comprare i 60 MWh che le mancano e onorare l’impegno preso”.
L’MI è composto da tre mercati ad asta e un mercato a contrattazione continua. “Il meccanismo di quest’ultimo è del tutto analogo alla compravendita di titolo di stato: quando il compratore segnala la disponibilità ad acquistare 100.000 euro di obbligazioni a un certo prezzo, e in quel momento qualcuno segnala la disponibilità a vendere i propri titoli a un prezzo pari o superiore, avviene la compravendita”.
Il mercato dei servizi di dispacciamento
“Nonostante tutte le precauzioni che prendiamo può succedere che qualcuno non sia in grado di onorare i propri impegni di produzione di energia. Per questo Terna compra delle riserve di produzione, pagando ad esempio centrali a gas per stare in standby ed essere pronte ad aumentare la propria produzione nel caso di necessità: questo è un servizio a cui viene corrisposto un compenso” ed è regolato nel Mercato dei Servizi di Dispacciamento (MSD).
In una rete ad alta penetrazione di fonti rinnovabili spesso si verifica anche la situazione opposta: “sono previste nuvole e invece esce il sole e gli impianti fotovoltaici producono più di quanto atteso. Tramite l’MSD, Terna paga qualcuno per ridurre la propria produzione e mantenere la rete bilanciata”.
Mettendo in fila tutti questi passaggi si ha un’asta sequenziale, che parte dall’MGP, apporta una serie di aggiustamenti, e arriva a determinare il prezzo a cui l’energia elettrica viene scambiata. “Tutta questa complessa architettura del solo mercato italiano poi si deve interfacciare anche con il mercato europeo”. Esiste infatti il Single day ahead coupling che è il corrispettivo europeo dell’MGP italiano, e il Single Intra Day coupling che è il contraltare europeo dell’MI. “Quando viene importata energia dall’Italia o quando noi ne esportiamo si genera un analogo meccanismo di mercato, o di borsa, che garantisce l’efficienza economica dell’incontro tra domanda e offerta a livello europeo”.
L’asta marginale e la formazione del prezzo
Come dicevamo, il meccanismo di formazione del prezzo a cui verrà venduta l’energia segue un meccanismo ad asta, dove, nell’MGP, il produttore segnala la propria disponibilità a vendere una certa quantità di energia elettrica a un certo prezzo. Il GME raccoglie tutte le offerte di vendita dei produttori e le mette in ordine partendo dall’offerta che chiede il prezzo più basso, perché l’obiettivo del mercato è la massima efficienza. “Questo si chiama ordine di merito e porta alla costruzione di una curva di offerta aggregata”.
Il prezzo più basso da cui si parte spesso è negativo e da lì si inizia a salire. “Perché il prezzo può essere negativo? Perché in certe situazioni un’unità produttiva è disposta persino a pagare purché l'energia elettrica venga consegnata. L’esempio più estremo è quello delle centrali nucleari francesi”, che avendo una produzione continua non possono venire spente a piacimento.
Facciamo un altro esempio: “l’azienda A, magari una centrale fotovoltaica, offre 10 MWh a 0 euro/MWh: verrà allora messa all’inizio della curva dell’offerta. La domanda in quel momento però supera i 10 MWh, quindi per seconda verrà messa l’azienda B che offre 20 MWh a 10 euro/MWh. E così via”.
Il GME fa la stessa cosa per quanto riguarda la curva della domanda, ma con la logica opposta, in modo speculare, ovvero iniziando da chi è disposto a comprare al prezzo più alto: “il compratore segnala la quantità di energia che è disposto a comprare e il prezzo massimo che è disposto a pagare: vorrà ad esempio comprare 10 MWh a non più di 50 euro/MWh”. Un altro compratore chiederà altri 10 MWh a non più di 40 euro/MWh e verrà messo per secondo nella curva della domanda aggregata.
Il punto di incontro tra la curva dell’offerta e la curva della domanda è il prezzo di equilibrio: con questo meccanismo ad asta viene costruito il PUN, ovvero il Prezzo Unico Nazionale dell’energia elettrica.
“Spesso si sente dire che il prezzo dell’energia elettrica è determinato dalle centrali a gas: questo perché il produttore che sta nel punto dove si genera il prezzo spesso è una centrale a gas. Produrre l’energia elettrica da fotovoltaico costa poco, quindi gli impianti fotovoltaici e rinnovabili in generale sono all’inizio della curva dell’offerta”. Le centrali a combustibili fossili invece stanno nella porzione più alta della curva dell’offerta.
Aumentando la quota di produzione da rinnovabili nel mix nazionale si allunga la porzione di curva dell’offerta con produttori a basso costo, che complessivamente producono l’effetto di abbassare il prezzo di equilibrio. “E questo avviene per puro meccanismo di mercato, non viene imposto dallo Stato” sottolinea Camboni.
Se non vengono saturati i limiti fisici di trasporto dell’energia elettrica, in tutta l’Italia si venderà l’elettricità allo stesso prezzo di equilibrio. Se invece si saturano i limiti di transito, ossia se l’energia richiesta non potrà venire trasportata in tutti i luoghi del Paese, ci saranno zone in cui l’energia costa di più e zone in cui costa di meno. Si creeranno cioè diversi prezzi di equilibrio: “lo scorso 14 marzo ad esempio è capitato che nel Sud Italia l’energia costasse 30 euro/MWh e al nord 112 euro/MWh”. In ogni caso, in bolletta il consumatore troverà una media ponderata dei prezzi zonali (PUN index).
Una volta individuato il prezzo all’equilibrio, chi produce a basso costo avrà un margine di profitto. “Se ad esempio il prezzo di equilibrio viene fissato a 30 euro/MWh, chi produce a 0 e vende a 30 avrà un margine di profitto. Questo meccanismo di mercato incentiva i produttori a basso costo, perché sono quelli che parteciperanno sempre al mercato e prenderanno sempre un profitto, situandosi nella parte iniziale della curva dell’offerta”.
Per questo secondo Camboni, che fa riferimento a uno studio dell’Associazione europea dei mercati elettrici, anche a fronte di una futura maggiore penetrazione delle fonti rinnovabili nel mix di produzione elettrica nazionale, non conviene cambiare le regole di funzionamento del mercato elettrico per avere prezzi dell’energia più bassi: “il meccanismo così com’è funziona. Si possono proteggere i consumatori con interventi mirati, come i bonus energia o carburante, senza modificare il sistema di funzionamento del mercato. Di recente la Commissione Europea ha proposto di tassare maggiormente i guadagni delle aziende, soprattutto quelle che producono a basso costo: il ricavo della tassazione verrebbe usato per incentivare la transizione”.
La rete elettrica e il prezzo dell’energia
Uno degli obiettivi della transizione energetica è produrre energia a prezzi più bassi, in modo che il suo costo gravi meno sulle spalle di famiglie e imprese. “All’aumentare della produzione rinnovabile aumenteranno le ore e i giorni in cui il PUN andrà a zero e complessivamente in media si abbasserà il prezzo dell’energia elettrica”.
Tuttavia, lì dove sono limitate le capacità di trasporto dell’energia elettrica al di fuori delle zone di produzione, ad esempio sulle isole di Sardegna e Sicilia, il rischio è quello di dover tenere spenti gli impianti fotovoltaici, in alcune ore del giorno e in alcuni momenti dell’anno, per evitare la sovrapproduzione e il conseguente sovraccarico della rete. Così però viene meno anche il profitto. “Questi impianti sono disposti sicuramente a pagare qualcosa a Terna per aumentare la capacità di trasporto dell’energia al resto dell’Italia: c’è guadagno nell’investire in nuovi collegamenti, perché altrimenti si rischia di tenere spenti gli impianti”.
Anche per questo, nel nuovo piano di investimenti di Terna, da circa 23 miliardi di euro complessivi, c’è in programma la costruzione di nuovi collegamenti, quali l’Adriatic Link, che collegherà le Marche all’Abruzzo con 270 km di cavi sottomarini, e il Tyrrhenian Link, che collegherà la Sardegna e la Sicilia alla Campania.
Tenendo conto delle caratteristiche del mercato elettrico e delle sue regole di funzionamento, spostare più in alto i limiti di trasporto dell’energia elettrica contribuirà a mantenere attiva più a lungo una produzione a basso costo e a far sì che il prezzo dell’energia elettrica sia lo stesso in tutta Italia.
L’altro limite, che impone di consumare immediatamente l’elettricità che viene prodotta, verrà allentato investendo in sistemi di accumulo, sia quelli già adottati (i bacini di pompaggio idroelettrico, situati soprattutto nell’arco alpino), sia quelli nuovi, ossia le batterie che garantiscono l’immagazzinamento giornaliero dell’energia prodotta e la sua erogazione quando gli impianti smettono di produrre (di notte, nel caso di quelli fotovoltaici).
Rendere più efficiente il mercato elettrico
In un sistema elettrico nazionale ed europeo in cui le rinnovabili cresceranno il loro apporto produttivo, i momenti in cui il prezzo andrà a zero andrebbero probabilmente sfruttati meglio per aumentare l’efficienza dell’intero sistema. “Il prezzo è un segnale” ricorda Camboni. “Se io ho tre ore al giorno in cui il prezzo è zero e non fornisco ai consumatori questo segnale, sto perdendo efficienza”. Oggi invece il prezzo dell’energia elettrica che paga il consumatore in bolletta, lungi dall’essere aggiornato ora per ora, è spesso una media mensile.
“Se viene segnalato al consumatore che in quelle tre ore paga zero, in quell’intervallo di tempo aumenterà la domanda e questo contribuirà a stabilizzare la rete nei momenti di alta produzione elettrica. Si potrebbe immaginare che al consumatore arrivi una notifica sulla app del telefonino che lo aggiorna sul costo dell’energia elettrica a una certa ora. Se è bassa può decidere di mettere in carica l’auto elettrica. Addirittura posso immaginare di impostare la colonnina di ricarica dell’auto dicendole di iniziare la ricarica solo quando il prezzo orario va sotto una certa soglia. Dal punto di vista sia tecnologico sia di efficienza economica questo è fattibile”.
Lo stesso discorso vale quando non c’è vento e non c’è sole, ovvero quando il prezzo dell’energia elettrica sale: “questo è un segnale al consumatore che dice ‘diminuisci il consumo, se puoi’, perché ti costa tanto. La comunicazione di questo segnale crea un vantaggio che è sia di efficienza economica e sia di regolazione della rete. Perché gli operatori ancora non facciano questo con i consumatori, io non lo so”.