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Quello del 2025 è stato il terzo mese di giugno più caldo della storia europea, secondo le rilevazioni di Copernicus, preceduto solo da giugno 2023 e giugno 2024. L’ondata di calore che è proseguita fino a inizio luglio ha provocato, in sole 12 città europee in solo 10 giorni, circa 1.500 morti, secondo una stima di uno studio di attribuzione dell’Grantham Institute dell’Imperial College di Londra.
Il giugno appena trascorso però potrà venire ricordato anche per una buona notizia, una prima volta nella storia dell’energia europea. Il solare fotovoltaico ha superato il nucleare nella produzione di energia elettrica ed è diventata la prima fonte di generazione di elettricità in Europa, secondo i dati di Ember.
Nel 2024 nel mondo sono stati installati altri 582 GW di capacità di produrre energia elettrica da fonti rinnovabili, secondo i dati di IRENA (International Renewable Energy Agency). Più di due terzi sono stati aggiunti solo in Asia, con la Cina che la fa da padrone, dominando non solo le nuove installazioni, ma anche il mercato e la filiera dei pannelli solari. Il fotovoltaico è di gran lunga è la singola fonte che sta crescendo a ritmo più elevato nel mondo (per i costi di produzione che si sono decimati nell’ultimo decennio) e che giocherà un ruolo sempre più decisivo nel lungo percorso di decarbonizzazione del settore energetico.
È importante quindi fin da ora porsi il problema dello smaltimento dei pannelli fotovoltaici, una volta giunti alla fine del loro ciclo di vita.
Il tasso di riciclo, oggi
Oggi la percentuale di pannelli fotovoltaici che viene riciclata nel mondo è molto bassa: si aggira tra il 10% e il 15%, seppur con grandi differenze tra Paesi e regioni del pianeta: l’Europa ad esempio fa molto meglio di Stati Uniti e della stessa Cina.
In realtà questa percentuale così bassa oggi non è fonte di eccessiva preoccupazione. La durata media di vita di un pannello fotovoltaico è compresa tra i 25 e i 30 anni. Poiché il boom dell’energia solare è appena iniziato, il numero di pannelli che oggi giunge a fine vita è piuttosto contenuto, nell’ordine delle poche migliaia di tonnellate all’anno nei Paesi industrializzati. Schizzerà invece alle stelle a metà secolo, specialmente se la transizione energetica prenderà l’abbrivio necessario a limitare in modo efficace il riscaldamento globale.
Entro il 2050 le nostre società non solo dovranno essersi avvicinate il più possibile al Net Zero in fase di produzione dell’energia, sostituendo le fonti fossili con quelle a basse emissioni, ma dovranno anche essere riuscite a mettere in piedi un sistema di economia circolare che consenta il riciclo dei materiali presenti nei nuovi impianti rinnovabili, fotovoltaici nella fattispecie.
Mantenere i tassi di riciclo attuali, che oggi si associano a numeri tutto sommato esigui, non è un’opzione percorribile, perché le quantità di rifiuti fotovoltaici da gestire aumenteranno enormemente.
I numeri dei futuri rifiuti fotovoltaici
Come fa notare un gruppo di ricercatori che lavora tra Pechino e gli Stati Uniti, in un commento sulla rivista PNAS, oggi nel mondo sono installati circa 2.000 GW di pannelli fotovoltaici. Nel 2050 potrebbero diventare 75.000 GW. Secondo le stime di IRENA, questo si tradurrebbe in 1,7 milioni di tonnellate (Mt) di rifiuti nel 2030 e in 60 Mt di rifiuti nel 2050. Questi numeri, secondo i ricercatori, potrebbero addirittura essere una sottostima, in quanto un certo numero di pannelli potrebbe degradarsi prima di quanto atteso.
In uno scenario di perdite anticipate (early loss scenario), i rifiuti fotovoltaici diventerebbero 8 Mt nel 2030 e 78 Mt nel 2050.
La Cina sarà il singolo Paese che dovrà gestire il più ampio volume di pannelli dismessi. Secondo IRENA, tra i 13 e i 20 Mt entro il 2050, ma secondo un’analisi indipendente della China Green Supply Chain Alliance questi numeri sarebbero ben più alti, considerando sia lo scenario ottimistico, sia quello di perdita anticipata: 1-4 Mt nel 2030, 12-23 Mt nel 2040 e 55-66 Mt nel 2050.
“Questi numeri sono provvisori e molte incertezze rimangono” sottolineano i ricercatori. “Ma è chiaro che il mondo e la Cina in particolare, devono attrezzarsi per gestire enormi quantità di rifiuti fotovoltaici in un periodo relativamente ristretto di tempo”.

Al Zaabi & Ghosh 2024, Solar Energy
Riciclo dei materiali
La generazione di quantità così grandi di rifiuti è un’enorme vulnerabilità in un’economia lineare, ma si trasforma in un’opportunità altrettanto enorme in una logica di economia circolare, dove i rifiuti diventano risorse con valore economico che può venire reimmesso nella filiera produttiva. Oltre al silicio di cui sono composti i moduli fotovoltaici oggi più diffusi sul mercato, altri materiali contenuti nei panelli sono vetro, alluminio, plastica, rame e argento. In linea di principio, tutti possono essere recuperati e reimmessi nella filiera produttiva degli impianti.
Purtroppo però in molti casi non è semplice disassemblare i pannelli, che ad oggi sono progettati per ottimizzare performance e spazi, ma non per facilitare la loro gestione a fine vita e soprattutto per venire trattati dalle tecnologie degli impianti dei centri di smaltimento. Il risultato è che recuperare le materie prime dai pannelli fotovoltaici spesso oggi è complicato e dispendioso.
“Se non gestiti in modo appropriato, i pannelli scartati possono provocare perdite di metalli pesanti tossici, come piombo e cadmio, nel suolo e nelle acque” si legge sulla rivista PNAS.
Ad oggi non esistono standard regolatori comuni a livello globale e questo rende inefficiente il processo di smaltimento.
L’Europa è il modello da seguire
Nel 2012 l’Europa ha introdotto una norma sulla gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici (WEEE – Waste from Electrical and Electronic Equipment), che comprendono smartphone, computer, televisori, frigoriferi, elettrodomestici, lampade, apparecchiature mediche nonché pannelli fotovoltaici.
Più di recente, un correttivo alla norma, ha introdotto la responsabilità estesa del produttore (EPR), che prevede che sia il produttore dei pannelli fotovoltaici a gestire la loro dismissione e il loro smaltimento a fine vita. In realtà non è solo responsabilità del produttore farlo, ma anche suo interesse, perché dal riciclo dei materiali recuperati può estrarre valore economico da reimmettere nel processo produttiva in forma di materie prime.
Ad oggi in Europa ci sono circa 20 centri di riciclo dei pannelli fotovoltaici che hanno una capacità di gestire circa 40.000 tonnellate di rifiuti l’anno. Evidentemente si tratta di quantità ancora troppo esigue per far fronte alla marea che si alzerà nei prossimi decenni.
Oltre a ingrandire le infrastrutture di riciclo e smaltimento, sarà indispensabile progettare e costruire pannelli che si adattino bene ad essere gestiti da questi impianti una volta giunti a fine vita.
Sarà anche cruciale portare avanti la ricerca che mette a punto nuovi metodi di smaltimento e riciclo, più sostenibili e più efficaci, siano queste procedure meccaniche di separazione delle componenti, o procedure chimiche che ricorrono a diversi tipi di soluzioni e solventi per recuperare i materiali contenuti nei pannelli. Anche l’Intelligenza Artificiale e nuovi robot potranno aiutare a rendere gli impianti di smaltimento e riciclo più efficienti.
Cooperazione internazionale
Secondo quanto riporta uno studio del 2023 che cita l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), nel 2018 la Germania ad esempio ha immesso nel mercato più di 210.000 tonnellate di pannelli solari e ha raccolto meno di 8.000 tonnellate di rifiuti fotovoltaici (meno del 4% rispetto all’installato). Più dell’87% di queste 8.000 tonnellate sono state riciclate, mentre il 12% è stato destinato a un riutilizzo.
Negli Stati Uniti non esiste una norma a livello federale che stabilisca uno standard per la gestione dei pannelli a fine vita, sebbene singoli Stati si siano mossi in autonomia, come la California o lo Stato di Washington.
La Cina e l’India si stanno muovendo per delineare linee guida a riguardo, ma non hanno un sistema avanzato come quello europeo, che può fungere da modello da seguire.
“C’è una chiara necessità di un’ampia cooperazione globale tra ricercatori, industrie e governi per sviluppare e condividere tecnologie e competenze per ottenere rifiuti fotovoltaici riciclabili” sostengono i ricercatori autori dell’articolo su PNAS. “Idealmente, i Paesi che guidano la gestione dei rifiuti fotovoltaici dovrebbero condividere le loro tecnologie e competenze con coloro che hanno meno capacità. È nell’interesse di tutte le nazioni usare il fotovoltaico; condividere expertise e risorse consente lo sviluppo di sistemi di riciclo nei Paesi in via di sviluppo, consente di mitigare i rischi ambientali globali, porta a filiere produttive più robuste e riduce i costi delle materie prime”.
Se per i pannelli fotovoltaici la Cina è la fabbrica del mondo che li fa nascere, l’Europa, con la giusta programmazione, ha l’opportunità di diventare lo snodo della filiera circolare globale che li farà rinascere.