IN ATENEO

Antonio De Toni, geologo Unipd e soldato all’alba della Grande guerra

Antonio De Toni era assistente alla cattedra di mineralogia e geologia applicata all’università di Padova quando, nel 1915, decise di arruolarsi volontario nelle truppe Alpine, nonostante fosse stato dichiarato inabile alla visita medica.  Una foto lo ritrae orgoglioso in divisa da sottotenente, la piuma sul cappello. Ma Antonio fu il primo, fra gli appartenenti alla comunità universitaria padovana, a cadere in battaglia. Accadde pochi giorni dopo la sua partenza: era l'8 giugno 1915.

La Biblioteca di Geoscienze conserva le sue pubblicazioni, le carte geologiche, alcuni scritti di commemorazione e una scatola d'archivio con i taccuini di campagna, le foto, appunti e schizzi dei fossili, e anche i campioni che aveva raccolto e studiato. E su di lui e la sua breve vita di studioso caduto per la patria ha deciso di organizzare una mostra virtuale, a 100 anni dall’armistizio.

Veneziano, si era diplomato nella sua città e poi laureato a Padova in scienze naturali nel 1910. Per la tesi aveva presentato un esame geologico dei depositi del Lido della Laguna di Venezia, ma l'esame finale comprendeva anche una prova pratica in zoologia, geologia e geografia fisica, un esame orale in due materie a scelta, botanica e geologia. Antonio si laureò con lode. 

Nel 1912 lo ritroviamo assistente alla Cattedra di mineralogia e geologia applicata nella Scuola di applicazione per ingegneri. Il brillante studioso aveva 23 anni e aveva già prodotto diversi scritti, tra cui una precisa documentazione dell'escursione all'Isola d'Elba e alle cave marmifere degli Apuani, che aveva intrapreso con il professore del quale era assistente, Giorgio Dal Piaz.

Il Cadore, la sua Venezia, i colli Euganei, il bellunese erano i luoghi in cui si concentravano in particolare i suoi studi e i suoi rilievi; riempiva taccuini di campagna con appunti e trasportava i suoi schizzi su carte geologiche particolareggiate.
La passione per la paleontologia lo portò allo studio approfondito di fossili, soprattutto dei brachiopodi. Rimangono pochi scritti, ma piuttosto esaustivi, tra cui la descrizione di una fauna liassica a brachiopodi, lamellibranchi e crinoidi in un calcare della Cima di Vedana, la descrizione di una fauna a brachiopodi proveniente da un sito prossimo alla cima del monte Rite, e la descrizione della fauna triassica di Valpedena. 

Nel 1913 partecipò alla spedizione scientifica promossa dalla Società geologica italiana in Albania con l'incarico di stilare la relazione sui risultati geologici. Con spirito giornalistico documentò spostamenti ed esplorazioni; realizzò non solo una carta geologica preliminare ma anche una serie di profili geologici che evidenziavano la tettonica per pieghe e sovrascorrimenti.
Il suo lavoro di studioso, accademico, appassionato geologo continuò, sempre preciso e costante, fino allo scoppio della guerra, e alla sua partenza per le Dolomiti. Era lì il 7 giugno, sul monte Piana, a combattere. Venne ferito e quindi portato ad Auronzo per le cure, dove morì il giorno seguente. Aveva appena compiuto 26 anni.

Pochi giorni dopo, suo padre Ettore inviò una lettera al prefetto dell’Orto botanico di Padova, Pier Andrea Saccardo, nella quale,  ricordando il proprio figlio caduto, scriveva: “Egli ha voluto offrirsi, anche non chiamato, per la sua Patria e le ha sacrificato la vita, lasciandoci nel pianto. La sua carriera, i suoi diletti studi, tutto è spezzato dalle palle nemiche, ma spezzato più di tutti è il nostro cuore”.

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