SCIENZA E RICERCA

Ci sono lingue più attraenti di altre?

Ognuno di noi, a livello personale, preferisce ascoltare alcune lingue piuttosto che altre. Assodato questo, è lecito chiedersi se esista qualche criterio oggettivo che porti a maturare questo tipo di preferenza, per esempio la lingua madre del valutatore, i suoni emessi dal parlante, la combinazione dei fonemi delle parole. Di contro, esiste anche la possibilità che ci siano altre variabili che ci distraggono quando dobbiamo emettere un giudizio sulla gradevolezza fonetica di una lingua, per esempio la voce del nostro interlocutore. Al netto di questo, quali sono i suoni ritenuti universalmente gradevoli, posto che esistano? Molti se lo sono chiesto, magari seduti a un tavolo durante l'Erasmus, ma per la prima volta un gruppo di ricercatori ha cercato di dare una risposta quanto più possibile scientifica, facendo ascoltare a un campione di 820 persone di madrelingua inglese, cinese o semitica 228 lingue appartenenti a 43 famiglie linguistiche. Il lavoro di questi ricercatori è stato pubblicato su Pnas e nonostante alcuni limiti dello studio, rilevati dai ricercatori stessi, si è arrivati ad alcune conclusioni interessanti. Ne parliamo con Matteo Santipolo, docente di Didattica delle lingue moderne all'Università di Padova.

Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Barbara Paknazar

Come dicevamo, questo studio è stato svolto analizzando un campione molto vasto, sia per quanto riguarda le lingue sia per quanto riguarda il numero di persone testate, che hanno valutato 50 brani casuali a testa partendo da  un film religioso disponibile gratuitamente in centinaia di lingue, per un totale di 2000 spezzoni. Per quanto riguarda il campione, però, ci sono anche dei limiti: "Tra le difficoltà di un lavoro del genere -spiega Santipolo - c'è soprattutto la disomogeneità dei partecipanti. La scelta è stata fatta sulla base della delle famiglie linguistiche e delle lingue di partenza, quindi l'inglese, il cinese (ma non solo il mandarino, anche il cantonese e altre varietà) e alcune lingue semitiche come l'arabo, l'ebraico e il maltese, quindi già questo in qualche modo è un limite, perché è possibile che parlanti di altre lingue non esaminate esprimano giudizi diversi rispetto alle stesse lingue a cui sono stati sottoposti questi partecipanti. È stata anche rilevata dagli stessi ricercatori l'impossibilità di fare, perlomeno con i mezzi di cui disponevano, una valutazione non solo dei singoli fonemi che caratterizzano i repertorio delle diverse lingue a cui sono stati esposti i partecipanti, ma anche di questi fonemi aggregati tra loro".

D'altro canto il lavoro è comunque pregevole: "È la prima volta nella storia, per quanto ci è dato sapere - dichiara Santipolo - che nelle ricerche di questo tipo si prende in considerazione un campione così vasto di lingue. Studi di questo tipo sono stati fatti a livello intralinguistico, per esempio rispetto all'inglese e alle sue varietà, ma anche allo stesso italiano, ma mai si era allargata la ricerca a un contesto così ampio e così eterogeneo. Prendendo un film doppiato in centinaia di lingue è stato possibile escludere altre variabili che avrebbero potuto incidere sull’opinione dei partecipanti alla ricerca, per esempio il contesto, la situazione e il contenuto".
Lo studio ha messo in evidenza una leggerissima propensione per le lingue tonali, quelle in cui una stessa sequenza di fonemi assume un significato diverso a seconda dell'intonazione, come il cinese. Inoltre non esclude che esistano preferenze fonestetiche a livello di singola popolazione, ma sembra che i fattori preponderanti quando si tratta di stabilire la gradevolezza di una lingua siano piuttosto socioculturali e personali e che quindi non sia possibile individuare delle caratteristiche fonetiche intrinsecamente responsabili della gradevolezza linguistica.
" Lo studio - conferma Santipolo - dimostra che non ci sono elementi per cui si possa dire che effettivamente ci sono lingue che piacciono di più di altre come conseguenza della loro struttura fonetica e fonologica. Le variabili che entrano in gioco nella valutazione della bellezza di una lingua sembrano essere di natura extra linguistica, quindi sembrano avere a che fare con la dimensione sociolinguistica, con la dimensione psicolinguistica e con quella socio culturale sia a livello individuale che a livello di comunità".

Anche la voce del parlante ha un ruolo distraente, con una preferenza per le voci femminile da parte di entrambi i generi del campione, e per voci basse e ansimanti, sia maschili che femminili. È interessante notare che queste preferenze sembrano universali, almeno nel campione di ascoltatori analizzato, e che quindi non dipendono dalla cultura o da altre variabili legate alla lingua madre o al territorio, il che è uno spunto interessante per lavori futuri.
Tutto questo suggerisce, appunto, che il giudizio di piacevolezza non sia legato ai fonemi e in generale alle caratteristiche di una lingua, quanto piuttosto alla qualità della voce del parlante. I ricercatori avevano inizialmente ipotizzato una preferenza per le lingue che l'ascoltatore giudicava familiari, ma lo studio ha rivelato come questo senso di familiarità fosse soggettivo, cioè l'ascoltatore reputava più gradevoli lingue che giudicava simili alla sua anche quando non lo erano e quindi si trattava solo di una somiglianza percepita, con partecipanti che erano convinti di aver riconosciuto una lingua quando invece si trattava di tutt'altra (cosa accaduta più della metà delle volte). Come se non bastasse, la correlazione tra bellezza e familiarità non è sempre positiva, perché i cinesi hanno valutato negativamente alcune lingue come Thai e Yongbei Zhuang della famiglia Tai-Kadai anche se le riconoscevano quasi sempre.
Un risultato un po' più netto è emerso sul fronte della sgradevolezza, visto che l'avaro e il ceceno della famiglia Nakh-Daghestan sono stati giudicati poco gradevoli da un altissimo numero di persone, come il Karakalpak, la lingua parlata in Uzbekistan, mentre le altre lingue della stessa famiglia turca avevano ricevuto delle valutazioni superiori alla media.

In conclusione, lo studio è un buon punto di partenza, ma andrebbe approfondito: "Bisognerebbe ampliare - precisa Santipolo - la tipologia del numero di informatori, quindi avere parlanti anche di altre lingue o di altre famiglie linguistiche. Poi a mio parere bisognerebbe proporre delle sequenze di fonemi scollegate dalla lingua e vedere se effettivamente c'è una sequenza di fonemi che risulta più gradevole o meno gradevole. Questo potrebbe essere un aspetto importante su cui lavorare, quindi non tanto far ascoltare e far giudicare delle lingue, ma dei singoli fonemi estrapolati da delle diverse lingue. Forse in questo modo si potrebbe arrivare a comprendere se c'è qualcosa che non è legato alla lingua, ma fonetico in senso stretto e che viene maggiormente apprezzato o meno apprezzato dai partecipanti a questo tipo di studio. Certo, è un lavoro molto complesso ed è credo oggettivamente molto difficile riuscire ad aggregare in tutte le maniere possibili i diversi fonemi, però sicuramente potrebbe essere un modo per iniziare".

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