IN ATENEO

Giacomo Casanova, brillante studioso e sfrenato studente a Padova

Viene da Padova dove ha fatto gli studi”, era la formula con cui venivo annunciato dappertutto e che appena pronunciata mi attirava la silenziosa attenzione dei miei pari per condizione ed età, i complimenti dei padri di famiglia e le carezze delle vecchie signore e delle altre che, pur non essendo vecchie, cercavano di farsi passare per tali per potermi baciare rispettando la decenza.
Giacomo Casanova, “Storia della mia vita”


Secondo la sua Storia, Giacomo Casanova arrivò a Padova da Venezia in Burchiello nell’aprile del 1734. Nato a Venezia nel 1725, era dunque solo un bambino di 9 anni, legato profondamente alla nonna che lo aveva cresciuto mentre la madre, attrice teatrale, girava l’Europa per lavoro. Fu quest’ultima, consigliata dall’amico poeta Baffo, a decidere il trasferimento del piccolo a Padova. Iniziò qui i suoi studi, nei quali si rivelò ben presto brillantissimo; e qui fece anche i primi passi nella carriera che lo avrebbe reso ancor più famoso, quella del seduttore. Nel primo libro di “Storia della mia vita”, narrando i suoi anni padovani, Casanova intreccia infatti il racconto dei suoi sbalorditivi successi nel latino e nella filosofia con quello delle schermaglie amorose con Bettina, sorella del suo precettore.

Siamo al 1737. “Passai ancora un anno a Padova a studiare legge, materia in cui poi mi laureai a sedici anni, con una tesi in diritto civile De testamentis e con una in diritto canonico Utrum Hebraei possint construere novas Synagogas”, racconta Casanova. È ormai indubbio che ogni parola da lui scritta nel racconto della sua vita sia da soppesare criticamente, ma ad ogni modo anche i documenti conservati nell’archivio storico dell’Università di Padova ne confermano l’immatricolazione. Grazie ad essi, Piero Del Negro espone chiaramente, in suo studio del ’92, i diversi passaggi della carriera di Giacomo Casanova studente universitario di giurisprudenza: dall’iscrizione fra gli scolari “leggisti” appunto nel ’37, alla registrazione al secondo anno, fino a segnalare le attestazioni di frequenza del 1739, anno in cui però Casanova dovette lasciare la città per essere avviato a Venezia alla carriera ecclesiastica. L’anno successivo ricevette la tonsura e nel ’41 prese i voti: l’abito talare gli spalancò così la porta d’ingresso all’alta società veneziana, che gli sarebbe rimasta altrimenti chiusa date le sue modeste origini (nonostante millantate paternità di prestigio).

Di quell’anno, il 1741, Casanova scrive: “Andai a chiedere un po’ di soldi a mia nonna e partii per Padova per gli esami del terzo anno […]. Rimasi a Padova tutto il tempo necessario a organizzare le cose per prendere il dottorato l’anno successivo”. Ma sul fatto che effettivamente Casanova si sia laureato, i dubbi sono piuttosto fondati, visto che non c’è alcun documento a sostegno delle sue affermazioni. L’archivio storico, infatti, non sembra avere traccia del veneziano dopo il 1739, nonostante nel suo libro lui dichiari di essersi laureato in legge a 16 anni, quindi nel 1741 o al più tardi nei primi mesi del 1742. Eppure perfino il rigoroso Dizionario bibliografico degli italiani afferma che si sia laureato e proprio su questo punto il dibattito fra gli studiosi si è acceso a più riprese. Piero Del Negro relega la laurea di Casanova a pura vulgata, non solo per l’inconsistenza di una base documentaria ma anche per una certa confusione nel racconto del veneziano, sia nella datazione che nell’esposizione dei puncta di discussione della propria laurea.

Al di là del buon termine o meno dei suoi studi, il capitolo universitario della vita di Casanova è comunque ricco di vivaci racconti di un quotidiano piuttosto movimentato. Nonostante avrebbe preferito fare medicina, fu convinto dai familiari che avrebbe potuto “far fortuna soltanto diventando avvocato e, quel che è peggio, avvocato ecclesiastico, perché, dicevano, avevo il dono della parola”. Iniziò così ad andare alle lezioni “all’università, che chiamavano il Bo” assaporando finalmente una libertà mai sperimentata prima e impegnandosi però parecchio anche “sul grande libro dell’esperienza”.

(A Padova) feci tutte le cattive conoscenze che mi fu possibile con gli studenti più famigerati Giacomo Casanova, "Storia della mia vita"

Diventò quindi uno di quegli studenti che, racconta egli stesso, “godevano di grandi privilegi” tanto che “gli sbirri ordinari non si sarebbero mai permessi di arrestare uno studente”. Secondo Casanova era il governo veneziano a permettere che compissero “ogni sorta di delitti”, perciò questi portavano armi proibite, “ingannavano impunemente le ragazze per bene (…) e spesso disturbavano la quiete notturna con i loro schiamazzi: era una gioventù sfrenata che voleva soltanto soddisfare i propri capricci, divertirsi e scherzare”. E che Giacomo Casanova di certo non fuggì, ma anzi cercò senza sosta, calzando perfettamente le vesti del personaggio che lui stesso si cucì addosso, diventando uno di quei “debosciati, seduttori di ragazze oneste”, per assurgere poi a mito in virtù di cultura, fortuna e sfrontatezza a mito.

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