UNIVERSITÀ E SCUOLA
Pezzi da museo. Il genio di Enrico Bernardi, visionario dell'automobile
Ci sono persone capaci di guardare oltre alla propria epoca. Non si limitano a immaginare il futuro ma arrivano a costruirlo, anche quando il contesto in cui vivono non è ancora maturo per recepire queste innovazioni.
E' certamente questo il caso del professor Enrico Bernardi, genio (purtroppo spesso dimenticato) dell'automobile italiana. Dotato di un'intelligenza molto precoce, Bernardi era nato nel 1841 in una frazione alle porte di Verona e poco dopo la laurea in matematica, ottenuta nel 1863 all'università di Padova, divenne professore presso lo stesso ateneo dove ebbe la cattedra di Macchine.
Con ingegno e determinazione si dedicò agli studi sui motori a scoppio arrivando, attraverso varie tappe, a costruire con le proprie mani la prima automobile di concezione italiana e ideando al tempo stesso alcune soluzioni tecniche particolarmente moderne e originali. A Padova fondò anche, insieme a due suoi studenti, Miari e Giusti, la prima azienda automobilistica del mondo, anticipando di alcuni anni l'avventura imprenditoriale della Fiat. Purtroppo nel Veneto di fine Ottocento Bernardi non trovò le condizioni adatte ad uno sviluppo su larga scala della sua azienda che fu così costretta a chiudere dopo appena due anni di attività.
A ripercorrere la vita straordinaria di Enrico Bernardi e le sue invenzioni è il museo che porta il suo nome, dove sono conservati i principali esemplari di motore a combustione interna che hanno segnato la storia motoristica in Europa nella seconda metà del XIX secolo, compresa la celebre vettura a tre ruote avente targa 42-2 e tuttora funzionante, nonostante oltre 60.000 chilometri sulle spalle, percorsi sulle strade dell'epoca.
In esposizione, oltre agli strumenti, c'è anche un'ampia parte di archivio contenente fotografie, lettere e disegni tecnici realizzati da Bernardi ed è stata la famiglia, alla morte del professore, ad avere voluto sancire il grande rapporto che legò per tutta la vita Bernardi all’università di Padova donando all'ateneo il materiale che compone la collezione.
Fanny Marcon, curatrice del Museo di Macchine Enrico Bernardi, descrive le caratteristiche della motrice Pia e della storica autovettura a tre ruote del 1894 tuttora funzionante. Servizio, riprese e montaggio di Barbara Paknazar
La prima importantissima realizzazione di Enrico Bernardi è stata la motrice Pia che prende il nome dalla figlia del professore ed è il primo motore a scoppio a funzionare a benzina in Europa. "La genialità di Bernardi non consisteva solo nel presentare soluzioni tecniche originali, per esempio per la motrice Pia inventa il carburatore, ma anche alle applicazioni che il professore pensa immediatamente per i suoi lavori", spiega Fanny Marcon, curatrice del museo.
La motrice Pia era infatti stata inizialmente ideata per la macchina da cucire della figlia di Bernardi, in modo che facesse meno fatica nei lavori. "Bernardi ha ben chiaro che questo tipo di motori, piccoli e compatti e con un rendimento molto superiore rispetto a quello dei motori che erano in circolazione all’epoca, erano adattissimi alla piccola industria e all’industria domestica. In realtà già con la motrice Pia Bernardi pensa a un’applicazione all’autolocomozione e la leggenda vuole che il professore applichi la prima motrice Pia al triciclo del figlio Lauro con cui il bambino scorazzava nel giardino di casa".
Enrico Bernardi nel 1894 costruisce la prima automobile di concezione italiana e il museo custodisce la seconda macchina realizzata dal professore, quella del figlio Lauro (da cui prendono il nome anche gli esemplari di motori monocilindrici a benzina che Bernardì sviluppò dopo la motrice Pia e contraddistinta dalla targa 42-2, dove il 42 era il numero della provincia di Padova).
"Questa macchina è veramente un gioiello: è l’unica delle cinque sopravvissute, tra le cento costruite da Bernardi, ad essere ancora composta da pezzi originali, ad aver percorso ben 60 mila chilometri, con le strade dell’epoca ovviamente, e ad essere tuttora funzionante. La macchina viene infatti ancora accesa e fatta andare nei giardini del dipartimento. Per questa autovettura Bernardi presenta soluzioni meccaniche originali. Per esempio propone l’antenato del differenziale, che lui chiama sterzo corretto e che permetteva alla macchina di mantenere una tenuta molto migliore sulla strada e risolvere il problema del trascinamento della ruota esterna", approfondisce Fanny Marcon.
Per produrre le sue macchine Bernardi, insieme a due suoi ex studenti Giacomo Miari De Cumani e Francesco Giusti del Giardino, fonda anche una società. Era il 1894 e la Miari, Giusti & C. era a tutti gli effetti la prima industria automobilistica italiana, nata ben cinque anni prima della Fiat.
"Purtroppo l’industria fallisce, tra diverse vicissitudini, già nel 1901 perché il Veneto non era sicuramente il luogo ideale per sviluppare questo tipo di industria. Era ancora un territorio molto arretrato, fortemente agricolo e Bernardi venne fortemente ostacolato dai vari latifondisti e da una parte dell’aristocrazia. Morirà a Torino nel 1919, dove si era trasferito chiamato da Giovanni Agnelli. Agnelli si recò a Padova proprio per vedere la macchina di Bernardi e conoscere il professore: rimase colpitissimo dalla sua opera e sembra che all’inizio avesse pensato di fondare la Fiat a Padova. Tuttavia capì subito che non era il posto giusto e infatti la fondò nel 1899 a Torino. Agnelli però si ricordava benissimo di Bernardi tanto è vero che gli chiese di lavorare per lui".
Un'occasione da non perdere per ammirare il fiore all’occhiello della carriera di questo precursore della realizzazione e produzione in serie delle automobili moderne e per conoscere storie ed eccellenze solo apparentemente locali.