SCIENZA E RICERCA

Premio Nobel 2023 per la Chimica a Bawendi, Brus ed Ekimov

Nella chimica anche le dimensioni contano. Se infatti di solito le proprietà di un materiale dipendono innanzitutto dalla struttura molecolare e da quella atomica, è altrettanto vero che nell’immensamente piccolo tutto può cambiare. Capita così che dalle stesse molecole si possano trarre materiali con colori e caratteristiche diverse a seconda della dimensione delle strutture in cui si combinano, con fondamentali ricadute tecnologiche – in parte ancora da esplorare – che vanno dalla medicina alle comunicazioni, fino alla creazione di computer sempre più potenti.

Cosi per il 2023 l'Accademia reale svedese delle scienze ha deciso di assegnare il Premio Nobel per la chimica allo scienziato russo Alexey Ivanovich Ekimov (Nanocrystals Technology Inc.), all’americano Louis E. Brus (Columbia University) e al francese Moungi Bawendi, (MIT) “per la scoperta e la sintesi dei quantum dot”, particelle così piccole che le loro caratteristiche sono determinate dalla meccanica quantistica.

Lo sviluppo dei nanomateriali affonda le radici nella prima metà del secolo scorso: già nel 1937 il fisico Herbert Fröhlich, sviluppando le conseguenze teoriche della famosa equazione di Schrödinger, arriva alla conclusione che a dimensione nanometrica (un nanometro equivale a un miliardesimo di metro) le particelle si comportano in modo diverso. In seguito, all’inizio degli anni ’80, Alexei Ekimov riesce a creare effetti quantistici dimostrando che le nanoparticelle di cloruro di rame possono assumere colori diversi a seconda delle dimensioni.

Pochi anni dopo Louis Brus è il primo a dimostrare effetti quantistici nelle particelle che fluttuano liberamente in un fluido, mentre nel 1993 Moungi Bawendi mette a punto un metodo per ottenere con molta precisione nanoparticelle della composizione e della dimensione desiderata, aprendo a una serie di sviluppi industriali. Oggi i punti quantici sono utilizzati negli schermi basati sulla tecnologia QLED e in alcune lampade a LED, mentre biochimici e medici le utilizzano per mappare i tessuti biologici.

“Il premio di quest’anno riconosce il lavoro di tre scienziati che hanno dato un contributo fondamentale allo sviluppo della scienza e della tecnologia, stimola inoltre un intero settore e costituisce anche un incoraggiamento per tanti giovani studenti e ricercatori – commenta a caldo Lidia Armelao, docente di chimica inorganica presso il Dipartimento di Scienze chimiche (Disc) e direttrice del Dipartimento di Scienze Chimiche e Tecnologie dei Materiali del Cnr –. Noto inoltre che il premio ha tenuto conto dell’interdisciplinarietà necessaria per lo studio e lo sviluppo di questo tipo di materiali: Ekimov infatti è un fisico e ha sviluppato parte del suo percorso in un’azienda privata”.

“I punti quantici sono nanoparticelle nelle quali si riesce a sfruttare proprietà quantistiche, differenti da quelle presenti a scale macroscopiche. A questi livelli le caratteristiche chimiche e fisiche possono variare anche di molto a seconda delle dimensioni, quindi è molto importante che queste particelle siano prodotte in modo da avere tutte le stesse dimensioni. Tra l’altro in Italia abbiamo un’ottima tradizione in questo campo di ricerca, con tanti gruppi che lavorano sui punti quantici”.

“L’annuncio di oggi è molto interessante per noi che operiamo in questo settore, perché gli scienziati premiati hanno scritto molta della letteratura su cui abbiamo studiato e sulla quale ci siamo formati – spiega Vincenzo Amendola, docente di chimica e fisica dei materiali, sempre presso il Disc, che si occupa proprio di nanotecnologie con particolare riferimento alla nanomedicina –. Tra le possibili proprietà dei quantum dot, che tipicamente contengono semiconduttori, c’è quella di emettere luce in varie regioni dello spettro elettromagnetico a seconda delle dimensioni. Una caratteristica ad esempio sfruttata per lo sviluppo di display e in futuro anche di celle solari più efficienti, ma che oggi utilizziamo anche in ambito biomedico, ad esempio per il biolabeling e il bioimaging. Dato che queste particelle sono piccolissime ed emettono luce, possono essere usate anche per marcare cellule e proteine, in modo da osservarne i comportamenti sia in vitro che all’interno degli organismi. In questo settore le nanotecnologie stanno maturando rapidamente e ci si sta avvicinando a un loro impiego più esteso, grazie anche soprattutto ai lavori pionieristici di Bawendi, uno degli scienziati premiati oggi. Per quanto invece riguarda altri ambiti tecnologici si può ricordare che in alcuni casi i quantum dot possono emettere addirittura singoli fotoni, utili per sviluppo di computer quantistici e di altre tecnologie di questo tipo”.

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