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In Salute. Deficit uditivi in età pediatrica: fondamentali diagnosi tempestive e terapie mirate

Una diagnosi precoce può essere fondamentale per gestire in modo efficace l’ipoacusia o la sordità nei bambini e nelle bambine. Il rapporto mondiale sull’udito (World Hearing Report – WHR) che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato un anno fa, in occasione della Giornata mondiale dell’udito 2021, ha evidenziato che il numero di persone che rischiano di perdere l’udito è in aumento. Oggi un individuo su cinque è a rischio di sordità. Secondo le stime dell’Oms, questa proporzione potrebbe salire a un individuo su quattro. Quando i problemi uditivi vengono ignorati e le persone che ne soffrono non vengono prese in carico dalle strutture sanitarie preposte alle cure audiologiche, si rischiano conseguenze negative a livello psicologico, emotivo e sociale. Nel World Hearing Report sono delineate le linee guida che gli stati membri dell’OMS dovrebbero seguire per rendere più efficienti i loro servizi sanitari dedicati alla cura dell’udito e alle patologie correlate. Il rapporto sottolinea, in particolare, la necessità di intensificare i servizi di screening dell’udito in età precoce, migliorare l’accesso ai servizi audiologici per tutta la popolazione e investire più fondi nei servizi di prevenzione e di riabilitazione acustica.

In occasione della Giornata mondiale dell’udito 2022 abbiamo parlato dei deficit uditivi in età pediatrica e degli approcci terapeutici più efficaci per evitare o limitare conseguenze gravi sullo sviluppo dei bambini e delle bambine insieme alla dottoressa Benedetta Bianchi, responsabile del reparto di audiologia infantile all’azienda ospedaliero universitaria Meyer di Firenze.

“La sordità infantile ha un'incidenza piuttosto elevata” spiega Bianchi. “Colpisce circa 1-2 bambini su 1000 tra quelli venuti al mondo senza fattori di rischio alla nascita. Questa percentuale purtroppo è più alta quando si considerano anche i bambini nati prematuri, quelli ricoverati in terapia intensiva e quelli che hanno avuto bisogno di interventi chirurgici o di rianimazione con ossigenoterapia subito dopo la nascita.

In Italia, per fortuna, in molti ospedali viene eseguito a tappeto uno screening uditivo su tutti i neonati. Questo monitoraggio serve a riconoscere tempestivamente i quadri clinici sospetti per sordità e a capire se sia necessario eseguire indagini più approfondite, come ad esempio il test dei potenziali evocati uditivi o l’esame audiometrico comportamentale. Attraverso questi esami è possibile ottenere una prima diagnosi intorno ai tre mesi di vita del bambino o della bambina. Quando poi il paziente raggiunge i cinque o sei mesi, gli specialisti sono in grado di effettuare una diagnosi più completa e di definire le modalità di intervento. Purtroppo, però, non tutte le strutture ospedaliere offrono la possibilità di effettuare lo screening di routine fin dalla nascita: in questi casi il rischio è quello di effettuare diagnosi tardive e di non arrivare a una definizione completa del disturbo uditivo in età precoce”.

Nei casi in cui non sia stato effettuato alcuno screening uditivo alla nascita, è bene rivolgersi al pediatra di famiglia, il quale a sua volta potrà eventualmente consigliare una visita specialistica otorinolaringoiatrica o audiologica.

L'intervista completa alla dottoressa Benedetta Bianchi. Montaggio di Elisa Speronello

“Per ottenere una diagnosi corretta è importante disporre di strumentazioni avanzate e personale adeguato”, sottolinea Bianchi. “Esistono esami molto mirati che permettono di arrivare a una definizione precisa della soglia uditiva, man mano che il bambino cresce. Dopodiché è bene eseguire altri test di approfondimento che servono a individuare la presenza di ulteriori problematiche potenzialmente connesse alla sordità. Per completare la diagnosi è quindi importante, per gli specialisti in ambito pediatrico, lavorare in equipe multidisciplinari che comprendano anche logopedisti, che possano aiutare i giovani pazienti ad acquisire una buona capacità comunicativa, e psicologi che siano in grado di valutare se le competenze cognitive del paziente siano adeguate. Lavorare in team è quindi fondamentale per comprendere quale sia veramente la causa della sordità e definire quindi le migliori strategie di intervento e di presa in carico del paziente. La partecipazione di diverse figure professionali all’organizzazione del percorso di cura e di riabilitazione è fondamentale soprattutto nei casi in cui i bambini presentino altre problematiche associate alla sordità”.

“Il percorso terapeutico varia a seconda del tipo specifico di sordità di cui è affetto il paziente”, prosegue Bianchi. “Nel caso in cui la soglia audiometrica del paziente non superi i 40 decibel – oltre i quali, invece, la comunicazione verbale risulta compromessa – è possibile intervenire con delle protesi acustiche. Oggi disponiamo di tecnologie molto sofisticate da questo punto di vista, che in molti casi riescono a compensare completamente il deficit uditivo del paziente, mettendolo nella condizione di ascoltare le frequenze che non riesce a sentire e senza distorcere il suono. Quando invece ci si trova a dover compensare delle mancanze uditive più gravi (nei casi di sordità profonda oppure totale) per cui le protesi acustiche non riescono a ripristinare completamente la funzionalità uditiva, si può ricorrere a un impianto cocleare.

È importante fare riferimento a delle strutture ospedaliere di alto livello che prendano in carico il bambino con continuità e offrano la possibilità di seguire un percorso di riabilitazione logopedica e di allenamento acustico basati anche sul gioco e mirati a far acquisire ai pazienti la percezione dei suoni e le competenze linguistiche. È fondamentale inoltre creare un rapporto di fiducia tra i pazienti e gli specialisti che li seguono, i quali devono anche cercare di fare rete con il territorio, a cominciare dalle scuole materne e di primo grado, per aiutare a costruire quel tessuto sociale di cui tutti i bambini e le bambine hanno bisogno”.

Insomma, per trattare al meglio i casi di ipoacusia nell’infanzia, è importante agire tempestivamente e in età precoce. Più tardi si interviene più diventa difficoltoso per i giovani pazienti godere di una buona funzionalità cognitiva e di una qualità della vita soddisfacente.

“Nei casi in cui i bambini e le bambine con ipoacusia non vengono presi in carico in tempo, si rischia una compromissione dello sviluppo delle reti neurali alla base della comprensione e dell’espressione linguistica”, spiega Bianchi. “È sempre importante che i genitori e i tutori siano presenti in prima persona nella crescita dei bambini e stiano attenti a cogliere quei sottili segnali che possono essere correlati alla presenza di ipoacusia a diversi livelli, come ad esempio la tendenza del bambino a isolarsi e a mostrare scarsa partecipazione e interesse alle attività proposte, come la lettura delle favole prima di andare a dormire. Infine, è importante anche ricordare che l’ipoacusia può insorgere anche più tardi nella crescita dei bambini e delle bambine. Uno dei motivi per cui la sordità è in aumento è dovuto anche al fatto che ragazzi anche molto giovani passano sempre più tempo a utilizzare dispositivi elettronici a un volume molto alto. È importante perciò che i genitori stiano attenti a cogliere eventuali segnali correlati a disturbi uditivi nei bambini e nei ragazzi di tutte le età e a riferire la situazione ai professionisti di audiologia infantile, i quali dovranno intervenire il prima possibile”.

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