SCIENZA E RICERCA

La forma e lo sviluppo degli esseri viventi

La Cambridge University Press ha pubblicato nei mesi scorsi una nuova ristampa del suo libro più famoso: On Growth and Form, recensita dalla rivista Nature. E nel mese di marzo un’altra rivista scientifica, l’Interdisciplinary Science Reviews, ha dedicato uno speciale – una vera e propria monografia – a “D’Arcy Thompson and his legacy”: all’eredità culturale dello scozzese, D’Arcy Thompson appunto, considerato il pioniere della morfogenesi, lo studio dell’origine della forma, con tanto di uso della matematica e, soprattutto, della geometria nello studio della biologia.

Il libro On Growth and Form nasce, nella mente e dalla penna di D’Arcy Thompson, da una constatazione e da una frustrazione. 

La constatazione è che molte forme, nelle piante e negli animali, seguono leggi geometriche e matematiche evidenti. Per esempio, il Nautilus, uno dei molluschi che da più tempo abitano i mari, ha una conchiglia la cui struttura mostra una evidente forma a spirale logaritmica. La medesima forma geometrica che trovi nelle foraminifere oppure nelle corna e unghie di alcuni animali. 

La frustrazione di Thompson è che, quando chiedeva una spiegazione ai biologi evoluzionisti che avevano accettato la teoria dell’evoluzione biologica per selezione naturale del più adatto, si vedeva rispondere con un’alzata di spalla e con una frase che non spiegava molto: "It’s just so". È così è basta. La forma di ogni essere vivente è frutto dell’adattamento. La mancata spiegazione lascia Thompson insoddisfatto. 

E così pensa di scrivere un libro, Sulla crescita e la forma, con la chiara intenzione di sottolineare come all’origine delle forme biologiche vi siano anche i vincoli delle forze fisiche, che si esprimono seguendo leggi matematiche e geometriche. Col suo libro Thompson non intende mettere in discussione la selezione naturale come primo motore dell’evoluzione biologica. Intende però sottolineare ciò che a molti biologi non appare chiaro: anche l’evoluzione per selezione naturale del più adatto deve tener conto di vincoli della fisica e della chimica che seguono, appunto, leggi matematiche. Il libro di D’Arcy Thompson fa discutere. Suscita interesse e condivisione, ma anche reazioni di rifiuto. Non convincono, in particolare, quelle trasformazioni delle forme che propone nella seconda parte del volume. Trasformazioni che sono un elegante esercizio geometrico, ma che non hanno relazione con lo sviluppo degli esseri viventi. 

Il fatto è che D’Arcy Thompson pubblica il suo libro nel 1917 e lo rivede, ampliandolo e portandolo fino a mille pagine, nel 1942. Perché, dunque, tanta attenzione oggi? Qual è la sua attualità, visto che ormai queste idee costituiscono la base della biologia evolutiva dello sviluppo, nota anche come evo-devo?

Alessandro Minelli, professore emerito di zoologia dell’università di Padova e pioniere dell’evo-devo in Italia sostiene che: “Di Thompson si continua a citare spesso questo grosso volume, On Growth and Form, ma sono quasi certo che per quasi tutti coloro che ne conoscono il nome, e anche per la maggior parte delle persone che ne parlano o ne scrivono, un riferimento a D’Arcy significhi soltanto riproporre le sue popolari “trasformazioni geometriche” delle forme biologiche. In queste “trasformazioni”, una opportuna deformazione del reticolo in cui è inscritto il profilo del corpo di un animale o di una sua parte (deformazione più spesso ingegnosa che facile da tradurre in rigorosa espressione matematica) suggerisce una possibile transizione fra due specie a prima vista assai diverse”.

Di qui il rifiuto da parte di molti biologi delle riflessioni di Thompson. “Sì, questa cui ho accennato – spiega Minelli – è una delle parti più deboli del lascito intellettuale di D’Arcy Thompson, perché le sue trasformazioni sono pensate e descritte al di fuori di ogni riferimento storico (sviluppo dell’individuo o evoluzione della specie) non erano affatto ispirate ai processi biologici noti all’epoca dell’autore, né sono leggibili alla luce di quanto sappiamo adesso in materia di biologia dello sviluppo o di evolvibilità (cambiamenti probabili o almeno possibili in dimensione evolutiva)”.

Tuttavia Thompson non può essere riposto nella cantina della storia della biologia. “No – risponde Alessandro Minelli – l’opera di D’Arcy Thompson, con la sua popolarità, ha contribuito molto a legittimare due messaggi, comunque importanti e oggi, specificamente, fondamentali per la biologia evoluzionistica dello sviluppo: da un lato, la legittimità e la possibilità di uno studio rigoroso, non aneddotico, delle forme dei viventi; dall’altro lato, la possibilità di spiegare molte regolarità delle forme biologiche come risultato di processi fisici, purché si tengano in debito conto le proprietà fisiche della materia vivente».

In uno dei suoi saggi Alessandro Minelli si è chiesto: "C'era bisogno di evo-devo, per capire che la selezione naturale lavora solo su ciò che è possibile, e che i limiti al possibile sono dettati anche dalle "leggi" biologiche dello sviluppo?" E si è risposto: "Forse sì, ce n'era bisogno, perché l'evoluzione biologica ci è stata raccontata troppo spesso, in passato, lasciando completamente nell'ombra lo svilupp".

Questo vale anche per D’Arcy Thompson. C’è stato e c’è tuttora bisogno anche del suo On Growth and Form per tirare fuori dall’ombra le complesse leggi che regolano lo sviluppo e l’evoluzione degli esseri viventi.

Pietro Greco

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