SOCIETÀ
C'era una volta la guida al risparmio

Claude Monet, Pioppi sull'Epte (1891)
Comprate casa e affittatela, oppure rivendetela a qualche anno di distanza per ottenere un netto vantaggio economico. Investite, altrimenti, nella coltivazione di un pioppeto: sarà facile trarne un vantaggio economico quando gli alberi potranno essere tagliati per farne carta. Meglio non considerare questi “consigli” ai risparmiatori nel 2013: solo a proporli si potrebbe fare la figura degli sciocchi, con un mercato immobiliare in piena crisi e l'industria cartaria ed editoriale che segue a ruota. Ma consigli di questo tipo, come altri, erano invece tra i più in voga nell'anno 1962, quando l’Italia viveva una situazione di media tranquillità e giornali come Epoca inauguravano il genere editoriale delle guide al risparmiatore: piccoli consigli per piccoli patrimoni, di quelli accumulati con comportamenti da formichine e destinati a incrementare il “parco buoi” del piccolo risparmio: la spina dorsale dell'economia italiana, destinata del giro di pochi decenni a essere terreno di caccia per appetiti pubblici e privati. Da allora, articoli di questo genere sono riprodotti di anno in anno, giungendo dritti fino a noi: ultimo esempio, quello dell'inserto del Corriere della Sera dal titolo “Come investire nel 2013”. I due opuscoletti ci consentono, attraverso il confronto tra consigli pratici al piccolo risparmiatore ai due estremi di un cinquantennio, di avere uno spaccato italiano, con affinità e differenze tra il 1962 e il 2013.
L’Italia del 1962, sia pure inconsapevole di essere alla vigilia del “miracolo italiano”, si trovava in un momento di prosperità: aumentavano i laureati, diminuiva il tasso di analfabetismo e la produzione industriale subiva un’impennata senza eguali con il Pil (prodotto interno lordo) che raggiungeva valori superiori al 6%. In quest’ottica si devono inserire i consigli che, si legge nell'articolo, “danno una risposta agli interrogativi che assillano il Paese in questo momento”.
Il boom immobiliare. A leggere Epoca, investire nel mattone era la pratica di maggiore successo per ottenere una rendita di livello ragguardevole: acquistare una casa per poi metterla in affitto fruttava “interessi tra il 9 e il 12%” ma anche il solo possedere il bene garantiva la possibilità di rivenderlo con profitto. I consulenti consigliavano poi la pratica del mutuo: era considerato vantaggioso indebitarsi con una banca poiché il vantaggio derivante dalla casa avrebbe in breve tempo ripagato l’onere iniziale. Occhio a dove comprare: si suggeriva di cercare appezzamenti edificabili in aree destinate a essere urbanizzate da lì a pochi anni o in aree di villeggiatura appetibili. Non c’è di che meravigliarsi: la fame di costruzione negli anni Sessanta era forte e si costruivano circa 300.000 nuove abitazioni all’anno, ma per coprire il fabbisogno ne sarebbero servite “almeno 400.000”, si legge sempre nell’articolo. Mai realtà fu così diversa da quella di adesso. La crisi ha paralizzato il mercato del mattone: imprese edili in fallimento e pochi liquidi per comprare una casa. Non è un caso che la guida del Corriere scoraggi l’acquisto di un immobile, soprattutto se la scelta è fatta per una futura locazione – si infittiscono negli annunci sui giornali specializzati e sui portoni delle case i cartelli di “affittasi”, ma rari sono i potenziali inquilini in grado di garantire il pagamento di canoni a mercato libero, che non hanno ancora seguito l'andamento declinante dell'economia e dei redditi. Considerate anche le imposte (l’Imu su tutte) la rendita calcolabile, scrive il Corriere, “sarebbe a fatica superiore al 3%” e optare per una scelta del genere varrebbe solo “per una casa acquistata a prezzo molto basso e in un’area con una ragionevole prospettiva di rivalutazione”. Neanche da aprire il capitolo mutui: se negli anni Sessanta erano consigliati, oggi, a patto di riuscire a ottenerne uno, i tassi applicati sono proibitivi per la maggior parte dei redditi. Altro che boom dell’edilizia, nel 2011 le compravendite residenziali hanno segnato un meno 6%, registra l'agenzia del Territorio.
Giocare in borsa: negli anni Sessanta solo il 3% della popolazione possiede un titolo azionario, risultato faticosamente raggiunto dal dopoguerra, “viste le preferenze degli italiani a investire nel reddito fisso”. Ma proprio nel 1960, due anni prima dell’articolo di Epoca, la borsa italiana aveva subìto una sorta di euforia, quando “i risparmiatori, abbagliati dal rialzo del titoli, correvano al mercato azionario come a un Eldorado”. Il 1962 è un anno però di crisi: il mercato ristagna e molti investitori sono tentati dalla vendita dei titoli. La ricetta proposta è quella di “resistere” alla tentazione e di cercare di fare buoni affari, oculati, per chi decide di affacciarsi alla borsa in un periodo di volatilità. A cinquant'anni di distanza, e dopo varie ondate di scottature subìte dal piccolo risparmio sul mercato azionario e obbligazionario italiano (dai bond argentini alle truffe Cirio e Parmalat, fino allo svelamento del gigantesco gioco d'azzardo dei derivati), il consiglio è pericolosamente simile: effettuare piani di investimento mirati, badando a non correre rischi inutili, in un anno in cui le speranze di trovare una borsa in ripresa sono poche.
Opere d'arte, e altro. Chi invece investiva in quadri nel 1962, potrebbe trovare terreno fertile anche in questi anni. Se Epoca suggeriva (a ragion veduta) di usare l’arte come metodo proficuo per ottenere una rendita sicura, anche i consigli del Corriere suggeriscono di puntare a questo mercato, che a dispetto della crisi economica, ha mantenuto un segno positivo. Epoca suggeriva di comprare opere di De Pisis a 400.000 lire (circa 4.500 euro): le stesse opere in effetti ora hanno un valore di oltre 20.000 euro. Il Corriere dice di puntare con sicurezza agli artisti legati al territorio: quelli considerati di secondo piano ma che potrebbero avere grandi possibilità di avere una visibilità e un successo internazionale. Guardare ai nuovi ingressi, con una scommessa che potrebbe però giovare al portafoglio in futuro. Rimane uguale un’altra tendenza inaffondabile in periodo di crisi economica: che sia il 1962 o il 2013, acquistare oro (o altre materie prime) resta un affare a prova di perdite. Il minerale, infatti, non si svaluta praticamente mai.
Meglio invece evitare di seguire un suggerimento del 1962, decisamente meno valido ai giorni nostri: acquistare un pioppeto, in vista del consumo di carta, quotate in sicura crescita all'epoca. Ecco una previsione che certamente mancherà dalle odierne guide, che siano cartacee oppure on line.
Mattia Sopelsa