SOCIETÀ
Conflitto d’interessi, mai un atto concreto

Foto: Simone Donati/TerraProject/contrasto
“In Italia al momento è impossibile produrre una legge, utile e degna di tal nome, sul conflitto d’interessi”. Il costituzionalista Gaetano Azzariti chiude la porta alla speranza dopo i tentativi, falliti o inappropriati, messi in campo dal dopoguerra ad oggi. A meno che non si decida di applicare la soluzione proposta da Ralf Dahrendorf, il filosofo e sociologo tedesco che, a chiare lettere, sostiene che l’unico modo per rimuovere il conflitto d’interessi è la totale dissociazione dell’individuo dal suo passato imprenditoriale nel momento in cui decide di scendere in campo in politica. Vendere per allontanarsi dal passato. Il taglio netto è, anche secondo Azzariti, docente di diritto costituzionale all’università “La Sapienza”, la sola strada percorribile. Lo ha ribadito a Padova, ospite di Lorenza Carlassare nell’ambito delle lezioni alla “Scuola di cultura costituzionale”.
Gaetano Azzariti ha ristretto il suo intervento al conflitto d’interessi in ambito politico, argomento dominante dall’inizio degli anni Novanta e ossessivamente d’attualità dall’entrata in scena di Silvio Berlusconi che ha incarnato e incarna la quintessenza di questa anomalia tutta italiana. Un argomento sempre sottovalutato dal sistema politico al punto che ancor oggi viene insediata alla guida del ministero dello Sviluppo economico Federica Guidi, imprenditrice impegnata in settori strategici dell’economia, chiamata a sedersi a 160 tavoli di crisi e che sarà pericolosamente vicina a situazioni di conflitto di interesse, anche se ha dato le dimissioni da ogni carica nell’azienda paterna.
Il modo con cui è stato affrontato il conflitto d’interesse in Italia – ritiene Azzariti – testimonia dello sguardo corto della nostra politica. Tante polemiche, tante accuse, ma mai un atto concreto. Per la verità, un tentativo c’era stato con la legge del 2004 che recava come titolo “norme per la risoluzione del conflitto d’interesse”. Una legge che il politologo Giovanni Sartori non ha esitato a definire “la truffa del secolo” e che Azzariti bolla come “satanica ma geniale”: una legge-manifesto che non ha prodotto alcun effetto e si è rivelata inutile e ininfluente perché generica e facilmente raggirabile.
A ben guardare, però, una buona legge in Italia c’era già. È del 1957 e all’articolo 10 contempla proprio i casi di ineleggibilità. Nel 1994 la normativa però è stata travolta. Si è partorito un conflitto senza pari nel mondo. Il presidente della Repubblica, Scalfaro – ricorda Azzariti – tentò di rassicurare l’opinione pubblica: “Vigilerò io stesso sul rispetto della Costituzione” (proprio come oggi: a proposito del caso Guidi è stato detto che “ci penserà Matteo”). Venne istituita anche una commissione di saggi, ma ne uscì una formulazione aziendalistica del conflitto d’interesse: vennero garantite le imprese di Berlusconi, non i valori della Costituzione e l’economia si impose sulla Costituzione. Riprendendo un’affermazione di Luciano Violante, ex magistrato e politico, Azzariti ricorda il “patto della crostata” del 1994, così chiamato per il tipo di dolce che sfornò la moglie del padrone di casa: nel corso di una cena nella villa di Gianni Letta, a Berlusconi venne garantito da esponenti dei Democratici di Sinistra che le sue tv non sarebbero state toccate.
Pensando che il conflitto d’interessi sia solo un problema etico si finge di non vedere che l’economia si è avvicinata troppo alla politica e che il rapporto politica-denaro è quanto mai stretto: il risultato è la privatizzazione della politica.
Fermare il conflitto d’interessi si può. Basterebbe non eludere o calpestare le norme, costituzionali e ordinarie, che esistono. Ciò che manca è la ragionevolezza.
Valentino Pesci