SOCIETÀ
La globalizzazione? C'è sempre stata

Tutta colpa di Cristoforo Colombo? A meno di una settimana dall’anniversario della scoperta dell'America, si riaccende il dibattito, ormai secolare, sul funzionamento dell’economia odierna, sulle sue radici e, soprattutto, sulle sfide alle quali dovrà far fronte in futuro. Dalla fine degli anni Novanta al centro della discussione ci sono le cause e gli effetti della tendenza economica più invasiva che si sia conosciuta fino ad oggi: la globalizzazione, che dalla crisi iniziata nel 2007 ha dimostrato segnali chiari di rallentamento. Questa spinta alla costante interdipendenza tra popoli, economie e fonti di produzione sparse in tutto il pianeta come e quando nasce? Non si tratta di una domanda puramente accademica perché, a quanto sostengono storici ed economisti, rispondere correttamente aiuta a fare chiarezza sul futuro del nostro sistema economico. E a ridefinire una tendenza che sempre più spesso, negli ultimi due decenni, è stata messa in relazione con la crescente ingiustizia e la disparità di condizioni di accesso al benessere nelle diverse parti del pianeta.
Di fatto, nel momento in cui ci si chiede se il processo di globalizzazione sia stato negativo o positivo per le nostre vite, possiamo incontrare pareri completamente differenti. Esperti ed economisti provenienti da ogni latitudine, alcuni dei quali anche premi Nobel per la loro disciplina, si posizionano in tutto lo spettro possibile delle opinioni. Si va dalla peggiore delle calamità possibili (Joseph Stiglitz e Ha-Joon Chang, per esempio), alla migliore delle venture che potesse capitare agli abitanti della Terra (come, tra gli altri, sostiene Amartya Sen). In effetti, la risposta all’insidiosa domanda sulla sua bontà o negatività dipende da che cosa intendiamo per “globalizzazione”. Da tenere in considerazione, in particolare, è il momento in cui situiamo storicamente l’inizio di questo processo, visto che, la storia lo dimostra, la virtuosità o meno di un fenomeno dipende anche dalla quantità di anni che lo stesso si porta sulle spalle.
L’eminente economista e sociologo tedesco Andrè Gunder Frank collocò l'alba della globalizzazione già nelle transazioni mercantili tra Sumeri e le civiltà Indù del 3.000 a.C. Lo stesso Adam Smith, nella sua opera capitale La ricchezza delle nazioni, parlava dell’importanza dell’integrazione dei mercati internazionali nello sviluppo dell’economia di uno stato. Smith riconosce i primi indizi di “globalizzazione” (pur senza usare direttamente questa parola) agli albori della civilizzazione, con la differenziazione dei ruoli e la divisione del lavoro per ottenere un manufatto. Eppure, secondo il padre della teoria economica moderna e secondo un foltissimo numero di economisti contemporanei, il momento in cui davvero inizia a verificarsi l’integrazione dei mercati e si impone una nuova divisione delle mansioni lavorative tra diverse aree del pianeta è molto più tardo, e risale a quando si inaugurano i traffici tra l’Europa e il continente americano.
La scoperta dell’America del 1492 ha provocato un’accelerazione decisiva del processo di globalizzazione? Certamente sì, su questo punto quasi tutti gli economisti e gli storici sono d’accordo. Le opinioni si dividono però su quanto sia stata determinante, per la rivoluzione economica in atto, l’integrazione iniziale dei mercati europeo e americano, a confronto per esempio con l’importanza dei commerci con l’Asia o a confronto con altri momenti chiave della storia economica del pianeta. Come sostengono Kevin O’Rourke e Jeffrey Williamson in When did globalisation begin?, l’importanza dell’apertura al mercato del continente americano è stata secondaria per lo sviluppo della globalizzazione se si analizzano fattori come l’evoluzione a livello internazionale del prezzo dei beni, del costo del lavoro e della circolazione e del trasporto degli stessi. I due studiosi concludono che molto più incisivo è stato per la globalizzazione il “big bang” del diciannovesimo secolo, con la divisione del lavoro e il passaggio a un modello industriale e capitalistico.
Quindi? Se Colombo non avesse scoperto l’America in quel periodo e in quelle condizioni le cose sarebbero cambiate? La risposta non è semplice e alcuni analisti accetterebbero di rispondere “probabilmente, no”. Eppure, l’importanza della scoperta dell’America, e dell’apertura del commercio con l’Asia attraverso il Capo di Buona Speranza da parte di Vasco de Gama cinque anni più tardi, nel 1497, risiede non solo nell’apertura di nuovi mercati, ma soprattutto nell’iniezione di grandissime quantità di argento e di mercanzie e nelle economie europee. Se l’impero spagnolo e quello portoghese non avessero sommerso l’Europa con centinaia di migliaia di tonnellate di argento proveniente da Messico e Bolivia, probabilmente il volume e il costo delle transazioni internazionali non sarebbero cresciuti così drammaticamente e velocemente, provocando una vera e propria rivoluzione dei prezzi in Europa, tra il 1500 e il 1650.
L’importazione dal continente americano di grandi quantità di metallo prezioso, da trasformare in moneta ovunque valida, ha provocato la prima inflazione dovuta a cause esterne in Europa, e il primo segnale inequivoco delle conseguenze negative che la globalizzazione potrebbe portare. “Probabilmente nemmeno la diffusione della peste ha significato un movimento planetario così significativo in quell’epoca”, afferma l’economista spagnolo Antonio Baños, con un paragone davvero estremo. “Tuttavia, i movimenti dell’economia internazionale hanno saputo, con il passare dei secoli, trovare una soluzione alle diverse catastrofi”, continua. È per questo che, pur essendo Baños un sostenitore della causa no-global, si dichiara fiducioso. “Non lo sapremo mai con certezza, ma credo che se Colombo fosse partito da Londra invece che da Palos de la Frontera non sarebbe cambiato molto”. E non sarebbe cambiato il mondo nemmeno se questa scoperta si fosse fatta in un altro momento storico, perché se c’è una cosa su cui tutti sono d’accordo a proposito della globalizzazione è che si tratta senza dubbio di un fenomeno intrinseco al modo di vita degli umani. Ha caratterizzato le relazioni commerciali e di lavoro dagli albori della civilizzazione, è avanzata ed è regredita, ha conosciuto soste e accelerazioni, e ormai da lungo tempo abbraccia l'intero pianeta. Le sue mutazioni ed evoluzioni future dipenderanno da fattori quasi imprevedibili, come una crisi improvvisa, un crash bancario, il cambiamento climatico, e così via.
Claudia Cucchiarato