SOCIETÀ
Storie con il potere di fermare il tempo e di raccontare i tempi

Il piacere di raccontare e stare insieme, condividendo storie e tempo. In una cantina, tra le botti di vino, Anita svela il segreto del suo nome, in un appartamento privato, durante la serata dedicata all’accoglienza, Emiliano racconta di quella volta che ospitò un giovane colombiano con il sogno di pranzare al McDonald’s, e negli spazi della piccola libreria Limerick del quartiere Arcella la storia delle “tribolazioni infinite di un catanese in Veneto” diverte i partecipanti della serata Lost in translation. Dai fraintendimenti linguistici alla sensazione di libertà che si prova in sella a una bicicletta, dai fischi d’inizio partita alle leggende legate al mondo della palla ovale, sempre in direzione ostinata e contraria, fino ai secondi amori e alle seconde opportunità, agli ospiti inattesi, cacciati o nascosti sotto il letto. Tante storie, organizzate per temi, condivise e liberate in luoghi fuori dal comune, in spazi insoliti da scoprire e riempire di vita e ricordi, risate e un po’ di nostalgia: dalla stazione delle biciclette di Padova ai casoni della Fagolana, da un appartamento a una cantina di vini dei Colli Euganei.
In un’epoca segnata dalle solitudini di esistenze che si nascondono dietro profili virtuali, è possibile incontrarsi davvero, darsi appuntamento in un luogo, a una tal ora, per raccontare e ascoltare storie? È ancora possibile sedersi uno accanto all’altro, dedicando a un incontro il tempo che serve, guardandosi in faccia, forse per la prima volta, ascoltando un’avventura, un ricordo, un aneddoto? Cóntame. Storie di persone e di comunità dimostra che tutto questo non solo si può fare ma può anche funzionare benissimo ed essere proposto più volte, in contesti diversi, con storie sempre nuove. Il rito antico e prezioso del filò viene adattato all’oggi: sfrutta l’universo virtuale per formare un gruppo di appassionati narratori, si cala poi nella vita vera, per permettere alle persone di incontrarsi, e infine ripropone le storie raccontate in podcast, creando così una sorta di memoria condivisa da riascoltare in qualsiasi momento. “A Cóntame piacciono le storie e i racconti – si legge nel manifesto, che ne riassume in poche parole l’anima e le intenzioni - Le storie hanno il potere di fermare il tempo e di raccontare i tempi. Le storie educano alla lentezza. Le storie restituiscono il valore alle parole, i nomi alle cose. Le storie ci rendono consapevoli. Le storie sono la base per un immaginario libero e non controllato. Le storie sono uno strumento di partecipazione, insegnano la pluralità e restituiscono gli spazi”.
Il progetto, che si ispira al programma Pascal di Radio2, è nato da un’idea di Alessandra Busnardo, bassanese trapiantata a Padova per studiare Medicina, e Matteo Adamoli, e oggi può contare sulla collaborazione di Rachele Casato e Federica Flacco. “La verità è che questo è un progetto di tutti, perché senza i racconti della gente non esisterebbe, non potrebbe continuare a vivere”, spiega Alessandra, che sull’importanza della partecipazione ha le idee chiare. “L’idea è quella di riappropriarsi degli spazi, riempiendoli di storie. Abbiamo un gruppo di raccontatori forti che ci seguono dall’inizio di questo viaggio e propongono nuovi temi e luoghi, e poi ogni volta si inseriscono altri narratori. A chi partecipa chiediamo di raccontare una storia con un inizio, uno svolgimento e una fine, di non superare i cinque minuti e, se possibile, di raccontarcela senza leggere. Ma non è uno spettacolo, non è teatro. È un’occasione per fare filò, come si faceva una volta: preferiamo definirlo così e non parlare invece di storytelling, che oggi si usa per definire qualsiasi cosa, soprattutto per scopi commerciali”. Insieme, seduti attorno a un tavolo, oppure tra le biciclette o i libri, l’importante è raccontare oppure restare semplicemente in ascolto. “Ogni incontro, per me, è come una piccola nuvola, un attimo sospeso– conclude Alessandra -. Durante un Cóntame si creano intimità, affetto, legami. Come quando si va in montagna, e dopo una lunga camminata ci si sente più uniti. Ecco, questa non è una esperienza fisica ma il principio è lo stesso”.
Francesca Boccaletto