CULTURA

Venezia 79 - Music for black pigeons: la grazia "improvvisata" del jazz

Cosa vorresti fare nella prossima vita? Suonare il jazz. Dopo aver visto Music for black pigeons, presentato Fuori concorso alla 79esima Mostra del Cinema di Venezia, questa sarà l'unica risposta che vorrai dare a chi te lo chiederà. Il documentario di Jørgen Leth e Andreas Koefoed è bello come e più di un film, riesce a liberare tutta la forza poetica del jazz trasmettendola come dono al pubblico. È un'opera che, per novanta minuti, scivola leggerissima regalando, al tempo stesso, attimi di straordinaria intensità, condividendo riflessioni preziose sulla musica e, più in generale, sulla vita.

Partiamo dal cuore del progetto, una lunga avventura tra Stati Uniti, Europa e Giappone: per quattordici anni i registi seguono il chitarrista e compositore danese Jakob Bro nei suoi viaggi in giro per il mondo, entrano in studio per assistere alla nascita di due album, ascoltano e registrano improvvisazioni e conversazioni in comuni spazi di creazione e in altri privati e domestici (anche i luoghi, le città, qui ci parlano, vibrano, risuonano: New York su tutte). Jakob Bro non è il solo protagonista, è motore di una storia corale e riunisce attorno a sé molte voci e strumenti: restando al suo fianco abbiamo il piacere di incontrare grandi maestri e scoprire talenti, dal sassofonista Lee Konitz (1927-2020), veterano del genere con un cuore bambino di cui è impossibile non innamorarsi, al celebre e affascinante Mark Turner, dall'innovativo contrabbassista Thomas Morgan, classe 1981, campione di risvegli muscolari e lunghi silenzi, a Palle Mikkelborg, che con la sua tromba crea atmosfere di sospesa e struggente bellezza, dal batterista Paul Motian (1931-2011), a cui nel documentario viene dedicato un commovente tributo, alla compositrice e percussionista Midori Takada, che incanta con riflessioni sul concetto di natura e sofisticate sperimentazioni.

Tante personalità ed età diverse convivono felicemente in una terra di mezzo governata solo dalla musica, dove tutto è possibile. Lo dice bene il chitarrista Bill Frisell: "La musica è un luogo dove non importa se sei vecchio o sei giovane, dove non importa di che colore hai la pelle. Tutto questo scompare quando suoni. Lee Konitz è uno dei più giovani musicisti con cui abbia mai suonato, Jakob Bro è uno dei più vecchi. Immediatamente ho scorto in Jakob una grande saggezza. Mentre Lee mantiene vivo il bambino che è in lui. L'età non ha davvero importanza, c'è solo la musica". 

Ogni volta che suono una nota mi chiedo: "Da dove è arrivata?" Non l'avevo prevista Lee Konitz
A questo ho dedicato il mio viaggio nella musica. Non mi interessava guadagnare soldi o diventare famoso, ma riuscire ad avere un piccolo assaggio del senso di tutto. C'è un significato? Posso farne parte? Palle Mikkelborg

Potremmo individuare alcune parole chiave su cui costruire altrettante riflessioni complesse e, volendo, personali: improvvisazione e pause sono due di queste. L'improvvisazione è l'anima del jazz, riempie di senso la musica mantenendo i suoi confini sfumati, restando nello spazio del possibile e dell'ascolto libero, diventando infine un vero e proprio stile di vita. Lo insegna Lee Konitz che "improvvisa" persino sull'età - "Ho 89 anni, anzi no, ne ho 87 (dice, ridendo, durante una intervista) Sono un improvvisatore, invento tutto" -, e ci torna Jakob Bro, il quale racconta: "Di solito quando registriamo facciamo una, a volte due registrazioni. Non cerco la perfezione, voglio solo ottenere l'atmosfera giusta per il brano. Secondo la mia esperienza questo avviene quasi sempre nella prima registrazione, quando tutti sentono il brano per la prima volta e reagiscono a esso: magari ha ancora delle parti grezze, ma la musica c'è".

Dell'importanza delle pause, nella musica e nella vita, parla invece Manfred Eicher, produttore discografico e fondatore della ECM Records: "Le pause dicono molto sulla direzione che si vuole prendere e raccontano anche da dove si arriva. Sono elementi soggettivi che non si possono spiegare. Sono il tempo che ti prendi". Parole che aprono mondi, spunti per riflettere anche oltre la musica, e poi tante altre domande. Cosa cerchiamo nella musica? Come ci si sente quando si suona? Cosa significa ascoltare? 

Music for black pigeons è un grande omaggio al jazz, un accordo universale, ed è una occasione di esplorazione intima, individuale, perché pone interrogativi che si possono modellare e adattare alle passioni che muovono ogni esistenza e a cui dovremmo provare a rispondere. In chiusura, torniamo alla domanda iniziale, trasformandola: chi vorresti essere nella prossima vita? Ora puoi ammetterlo: Lee Konitz! Come spettatori, a lui dobbiamo lo stupore, la tenerezza, le risate e il titolo di questa bellissima storia di jazz e piccioni neri.

Credo che fare musica comprenda molte cose... è come una meditazione in cui ci si perde ma al tempo stesso puoi essere concentrato su qualcosa di molto specifico Thomas Morgan

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