SOCIETÀ

Una nuova geografia memoriale europea?

Giovedì 26 gennaio la lectio magistralis di Pieter Lagrou (Université Libre de Bruxelles, ULB) "Una nuova geografia memoriale europea?  La Shoah e il conflitto mondiale dal Baltico ai Balcani" anticipa la celebrazione della Giornata della Memoria, che si celebra il 27 gennaio.

Durante l'incontro è prevista anche l'esecuzione di melodie ebraiche da parte del rabbino capo di Padova Adolfo Locci, accompagnato dai Maestri dell'Ensemble Shirè Miqdash.

Portano i saluti istituzionali Marco Ferrante, prorettore Unipd con delega alla Didattica, e il sindaco di Padova Sergio Giordani.

L'evento, trasmesso anche in streaming sul canale YouTube dell'Università, è promosso dal Centro di Ateneo per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea dell’Università di Padova.

La partecipazione all'evento è libera.


Il 1989, come simbolo della fine della guerra fredda, non ha solo posto fine al sistema politico internazionale nato dopo il secondo conflitto mondiale, ma ha innescato anche un cambiamento radicale delle coordinate della memoria pubblica in tutta Europa.

A partire dall’inizio degli anni Novanta come principale paradigma memoriale si è affermato in Europa il ricordo della Shoah. “Sterminio di europei compiuto da altri europei” (come lo ha definito lo storico Tony Judt), la Shoah è diventata mito fondante negativo della memoria del vecchio continente. Considerato il “crimine per eccellenza”, la Shoah è infatti assurta a “narrazione unificante” e “paradigma della memoria occidentale” in un’Europa scossa di nuovo, con le guerre jugoslave, da crimini atroci contro i civili e dal rinnovarsi di manifestazioni di odio antisemita, di xenofobia e di razzismo. Anche le istituzioni dell’Unione europea hanno riconosciuto nella Shoah il perno della memoria dei popoli europei facendone strumento di sacralizzazione dei valori costitutivi della democrazia: il pluralismo, la tolleranza, i diritti umani”. Nel 2005 il Parlamento europeo ha riconosciuto il 27 gennaio come giorno della memoria della Shoah per tutti i paesi membri dell’Unione.

Accanto alla Shoah si è fatto progressivamente avanti negli anni un secondo paradigma memoriale basato sull’antitotalitarismo, promosso in particolare dai paesi dell’Europa centrale e orientale vissuti per oltre 40 anni sotto regimi comunisti strettamente controllati dall’Unione sovietica. Sulla base dell’esperienza repressiva vissuta sulla propria pelle, essi hanno promosso una memoria che equipara i crimini del comunismo ai crimini del nazismo e rivendica eguale dignità alle vittime dei due “totalitarismi gemelli”. Anche questo secondo pilastro memoriale è stato condiviso dall’Unione europea, dopo l’allargamento ai nuovi membri dell’Europa centro-orientale, come dimostra ad esempio la decisone del Parlamento europeo nel 2008 di istituire la giornata del 23 agosto - in ricordo del 23 agosto 1939 giorno del Patto Ribbentrop-Molotov – come giorno della memoria delle vittime dello stalinismo e del nazismo.

I due pilastri memoriali della nuova Europa, la Shoah e l’antitotalitarismo, non sembrano però essersi integrati appieno l’uno con l’altro. Hanno piuttosto generato forti tensioni e conflitti di memoria. Persiste infatti una sorta di “competizione” fra “vittime del lager” e “vittime del Gulag”, un attrito fra il principio dell’”unicità della Shoah” e l’idea dell’eguale livello criminale di nazismo e comunismo.

Si è oltretutto manifestato un intenso uso politico della memoria dell’antitotaliarismo che, in nome dell’anticomunismo, ha finito per riabilitare retrospettivamente figure di spicco del collaborazionismo europeo filonazista, intriso di antisemitismo, del periodo della seconda guerra mondiale - come ad esempio Ante Pavelic, il mareciallo Antonescu, Josef Tiso, il maresciallo Horthy, considerati oggi da importanti forze politiche come degli eroi nazionali.

Si sta dunque profilando una nuova geografia memoriale in Europa che tende a far riferimento a due opposti poli: da un lato una memoria cosmopolita incentrata sul ricordo della Shoah, sulla difesa dei diritti umani universali come base di una società aperta e multietnica, dall’altro lato una memoria che declina la pur giusta condanna dei crimini dei totalitarismi nelle forme di un nuovo nazionalismo, spesso esasperate, che esaltano in primo luogo le tradizioni e le glorie della nazione.

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