SOCIETÀ

Agli ordini, Capo!

L’affermarsi della “democrazia del pubblico”, espressione usata per la prima volta da Bernard Manin per illustrare il passaggio da un assetto in cui i partiti rappresentavano i principali punti di riferimento per i cittadini a una nuova configurazione della democrazia rappresentativa, ha prodotto una marcata affermazione del fattore personale in politica. Un fenomeno che lo stesso Manin, quasi vent’anni dopo l’uscita del suo influente saggio, ha definito come “la personalizzazione delle scelte politiche, che ha conferito un ruolo preminente alla personalità e all’immagine dei leader in concorrenza nell’arena politica”.

La personalizzazione della leadership è strettamente connessa a due fenomeni: la crisi dei partiti e la mediatizzazione della politica, la quale, secondo Gianpietro Mazzoleni e Winfried Schulz, descrive una situazione nella quale gli attori politici si sono adattati all’evoluzione del contesto mediatico. Questo ha comportato una enfatizzazione del fattore personale: i leader vanno in televisione e diventano essi stessi “mediatizzati”, nel senso che impostano la loro comunicazione e i loro messaggi per attirare l’attenzione dei mezzi di informazione e apparire sotto i riflettori.

Il risultato di questa esposizione, talvolta una vera e propria sovraesposizione, mediatica del leader è stato quello di cambiare la percezione della cosiddetta accountability. Fa bene Carlo Marletti a ricordare che “la personalizzazione va intesa anche come principio di responsabilità”». Oggi il leader, essendo colui/colei che “va in scena”, è anche l’attore politico che viene ritenuto più di tutti gli altri responsabile dell’operato del governo. Ciò significa che, come aveva anticipato Theodore Lowi a proposito della presidenza americana, il leader è divenuto il principale depositario delle aspettative e delle speranze dei cittadini, dal momento che appunto i partiti non svolgono più efficacemente come un tempo la funzione di intermediari tra il governo e gli elettori. Naturalmente esistono differenze importanti tra contesti nazionali e assetti istituzionali diversi; tuttavia, in realtà, una sempre più popolare tesi, quella della presidenzializzazione, sostiene che la centralità e l’influenza del capo dell’esecutivo sta crescendo anche in molti sistemi parlamentari.

I leader sono, quindi, sul palcoscenico e ci stanno sempre più da soli, dal momento che sono diventati i “comunicatori in capo”» e sempre più, come li definisce Ludger Helms, “il punto focale dell’opinione pubblica”. Ma come stanno sul palcoscenico della scena pubblica? Qual è il loro stile? Se osserviamo i leader che pure agiscono all’interno dello stesso contesto e dispongono delle medesime risorse, è molto probabile che di primo acchito ci appaiano tra loro diversi nel modo di interagire con gli altri, di parlare, di sostenere progetti e ideali. Questo accade, ovviamente, perché ognuno di loro possiede una sua individualità. È necessario, però, andare oltre le valutazioni impressionistiche e analizzare in modo più coerente e sistematico lo stile della leadership. Ciò significa, da un lato, riconoscere che esistono modi differenti di interpretare oggi il ruolo del leader, ma, dall’altro, anche provare a individuare somiglianze e aspetti comuni. Pertanto, quello che questo volume si propone di fare è appunto definire le caratteristiche dello stile della leadership ed evidenziarne le diverse modalità. Questo obiettivo verrà realizzato a partire da una premessa: cercare di arrivare a cogliere il fenomeno dello stile della leadership in modo non troppo ampio, ma neppure troppo circoscritto. Infatti, mi sembra che il limite di molte delle pur interessanti analisi esistenti sull’argomento sia quello di focalizzarsi solo su alcuni aspetti. 

Con questo volume la mia ambizione è quella di provare a analizzare una cospicua parte di questo materiale stabilendo delle connessioni tra diversi ambiti, soprattutto tra l’azione di governo e la comunicazione. Mi sembra infatti che queste due sfere siano oggi, nell’epoca della “campagna permanente” in cui la propaganda non conosce interruzioni, sempre più in relazione fra loro. Infatti, se in passato la comunicazione costituiva una fase successiva e chiaramente distinguibile da quella della decisione, oggi le esigenze comunicative entrano a pieno titolo tra i fattori che condizionano il policy-making.

Una volta individuate le componenti dello stile della leadership, il successivo obiettivo del volume è avanzare ipotesi su quali siano i fattori che le determinano. Ad esempio, per quale ragione un leader adotta un certo stile di comunicazione? Perché è in sintonia con alcuni aspetti della sua personalità? O perché, in un certo contesto, ci sono particolari incentivi o, viceversa, particolari vincoli che non consentono di agire altrimenti? Come mai vi sono leader più disposti a rompere gli schemi e a innovare e altri che preferiscono camminare in solchi già tracciati? Può dipendere dal fatto di sentirsi estranei al modello dominante? O può essere l’effetto di particolari condizioni del contesto, ad esempio una fase di crisi combinata all’affermarsi di un nuovo modello culturale, che permette a uno stile “di rottura” di manifestarsi pienamente? E, ancora, la determinazione assoluta di un leader nell’imporre una linea politica è più dovuta al suo carattere dominante, a una particolare motivazione o all’adesione a un certo sistema di valori? In sintesi, la domanda fondamentale è: quali sono fattori che fanno sì che un leader adotti uno stile di leadership piuttosto che un altro?

In politica la leadership è un fatto naturale. Ogni organizzazione complessa si basa su rapporti d’autorità di tipo gerarchico che presuppongono l’esistenza di un qualche vertice esecutivo. Di conseguenza, la scienza politica ha molto studiato il ruolo e le funzioni delle cariche apicali: si è concentrata sui poteri e sulle risorse dei presidenti e dei primi ministri all’interno dei loro rispettivi assetti istituzionali. Tuttavia, l’analisi della leadership comporta anche altri aspetti. Studiare, in particolar modo, lo stile della leadership, inteso come l’insieme delle modalità con le quali il leader usa i suoi poteri e le sue risorse, è altra cosa dal concentrarsi solo sui vincoli istituzionali che descrivono la cornice all’interno della quale il leader opera. Sullo stile della leadership, se escludiamo le eccezioni, prevalentemente focalizzate sul caso del presidente americano, si rileva che, almeno fino a poco tempo fa, la scienza politica ha dato un contributo abbastanza estemporaneo e non sistematico. Ora l’atteggiamento sta cambiando. 

Questo non significa che non vi siano state in passato analisi pionieristiche e ispiratrici. Una di queste, ad esempio, è quella di James MacGregor Burns. La storia del concetto di leadership trasformativa ideato da Burns è particolarmente significativa. Infatti, Burns è uno studioso di politica e, quindi, osserva e analizza leader politici. Dopo la sua prima formulazione, però, il concetto è stato immediatamente assorbito e ha conosciuto la sua fortuna nell’ambito degli studi dell’organizzazione dove ha contribuito a fondare un paradigma di studi empirici sulla leadership. 

Insomma, la parabola di questo concetto mostra bene come lo studio dei leader, in qualunque ambito collocati, sia fondamentalmente interdisciplinare. Come si può, infatti, analizzare lo stile della leadership politica senza prendere in considerazione variabili di tipo individuale, ovvero la personalità del leader? Come si fa a ricostruire le decisioni di un leader senza far riferimento alle sue capacità cognitive e al suo modo di relazionarsi con collaboratori e ministri? Come si può, oggi, data la rilevanza dell’aspetto comunicativo che abbiamo messo in luce, non ana- lizzare il linguaggio del leader, compreso quello non verbale? Ma, per fare questo, la scienza politica deve interloquire con altre discipline, ovvero con la psicologia politica, con la teoria dell’organizzazione e con la scienza della comunicazione. In passato, come fanno notare Jean Blondel e Jean-Louis Thiébault, la scienza politica, soprattutto quella europea, non è mai stata particolarmente interessata a includere le interpretazioni psicologiche nelle proprie analisi. Oggi, tuttavia, sono gli stessi cambiamenti in atto a renderlo necessario. Infatti, sottolineano i due autori, un fenomeno come la personalizzazione della leadership “non può neppure essere discusso” se non si considera il ruolo delle componenti psicologiche, quali la valutazione delle qualità dei leader e la capacità di questi ultimi di entrare in sintonia con gli elettori.

Donatella Campus

Per gentile concessione della casa editrice il Mulino, da "Lo stile del leader", 2016

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