SCIENZA E RICERCA
Pacchierotti, un corpo che racconta i segni lasciati dal canto
Alberto Zanatta recupera i resti di Gaspare Pacchierotti
Una vera e propria star internazionale, si direbbe oggi. All’epoca, a cavallo tra Settecento e Ottocento, Gaspare Pacchierotti era uno dei più famosi cantanti d’opera, una voce bianca. Ca’ Farsetti, la sua casa padovana vicino a Prato della Valle, era frequentata da artisti, scrittori e politici, come Carlo Goldoni, Vittorio Alfieri, Ugo Foscolo, Gioachino Rossini, Marie-Henri Beyle Stendhal. In Italia calcò le scene di molti teatri, oltre a Venezia e Padova, Genova, Napoli, Palermo. A Milano ebbe il ruolo di protagonista all’inaugurazione del Teatro della Scala nel 1778. Si recò spesso a Londra, fu alla corte di Maria Antonietta, si esibì per Napoleone Bonaparte. Tanta celebrità, tuttavia, non fu priva di conseguenze, se si considera che proprio l’attività di cantante professionista, che a quei tempi prevedeva anche la castrazione, lasciò segni e cambiamenti ben visibili sul suo corpo. A renderne conto, in uno studio pubblicato su Nature Scientific Reports, è un gruppo di ricercatori dell’università di Padova che ha esaminato i resti del celebre personaggio.
“Dato che il cantante lirico è una particolare tipologia di lavoratore – spiega Alberto Zanatta, del dipartimento di Scienze cardiologiche, toraciche e vascolari e primo autore dello studio – abbiamo voluto rilevare i segni lasciati da questo tipo di occupazione, e dunque dalle frequenti esercitazioni, nelle ossa. Nel caso specifico, dato che si trattava in assoluto del primo scheletro completo di cantante castrato mai rinvenuto, abbiamo esaminato anche quali fossero i segni lasciati dalla castrazione sui resti scheletrici”. Pacchierotti fu sepolto nel 1821 in una piccola cappella adiacente alla villa Pochini - Pacchierotti oggi Zemella alla periferia di Padova, in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita.
“Il corpo – illustra Zanatta – si trovava in una tomba sotterranea mai aperta prima del 2013, anno in cui avviammo lo studio. Nonostante i resti fossero abbastanza ben conservati, senza dubbio l’umidità, le infiltrazioni d’acqua e la caduta di pietre o calcinacci hanno influito sullo stato di conservazione dello scheletro, anche per l’assenza di una struttura protettiva interna”. Trasportati nel laboratorio di anatomia patologica dell’università di Padova, i resti furono sottoposti ad analisi antropometrica, paleopatologica, tac, micro-tac ed esami radiologici. Le analisi confermarono innanzitutto l’appartenenza del corpo a un individuo anziano di sesso maschile (Pacchierotti morì a 81 anni), ma fornirono anche altri elementi.
Zanatta spiega che muscoli e tendini lasciano dei segni sull’osso e quanto più i primi sono sviluppati tanto maggiori sono le modifiche che producono sullo scheletro. A seconda del tipo di professione svolta si tenderà ad assumere un certo tipo di postura e ad aumentare la massa di particolari tipi di muscolo. “Nel caso di Pacchierotti sono state rilevate importanti ‘impronte’ muscolari a livello delle scapole e delle costole e una cassa toracica molto dilatata. Questo ci ha portato a dedurre che i muscoli legati all’attività respiratoria, nello specifico lo scaleno posteriore, il dentato anteriore e il dentato posteriore superiore, fossero particolarmente sviluppati e che la capacità polmonare fosse significativa”. Sempre in corrispondenza della scapola sono stati individuati anche i segni lasciati da uno sviluppo importante del capo lungo del tricipite, il muscolo che permette di stabilizzare la spalla e di estendere avanti e indietro il braccio. Di compiere cioè tutti quei movimenti che un cantante lirico è solito fare durante un’esibizione.
Infine, tutte le vertebre cervicali sono risultate fortemente erose. E ciò perché nei cantanti d’opera, l’ideale postura del collo è a nuca allungata rispetto alla posizione delle spalle, in modo che la rotazione del collo e della testa non sia limitata. Questo permette di evitare inclinazioni, sollevamenti o stiramenti passivi della laringe e favorisce una maggiore facilità di sviluppo degli armonici e di esecuzione delle agilità. Una postura scorretta a questo livello influenzerebbe non solo il timbro, ma anche la dinamica respiratoria.
Se tali sono i cambiamenti prodotti dall’attività di cantante professionista, altrettanti sono gli effetti determinati dalla castrazione. In seguito alla nascita dell’opera moderna nel XVII secolo la domanda di voci da soprano crebbe e con essa, fino a tutto il XVIII secolo, questa pratica che aveva lo scopo di conservare anche in età adulta la voce giovanile. Già studi precedenti avevano dimostrato che chi è sottoposto a castrazione è solitamente alto, con un’ampia cassa toracica, la laringe resta quella di un bambino e le gambe sono lunghe e slanciate. Tutte caratteristiche riscontrate anche nello scheletro di Pacchierotti, alto ben un metro e novantun centimetri e con femori e tibie molto lunghe. “A ciò si aggiunga – continua Zanatta – la presenza nelle ossa del bacino di tratti cartilaginei ancora aperti, le cosiddette linee epifisarie di accrescimento che negli adolescenti consentono di far crescere l’osso e scompaiono intorno ai 23 anni. Lo stesso tratto è stato rilevato qualche anno fa anche nel corpo di Farinelli, un altro cantante lirico vissuto nel Settecento”. Sono stati individuati poi problemi alla spina dorsale e osteoporosi determinati da deficit ormonali dovuti alla castrazione a cui Pacchierotti fu sottoposto prima dei 12 anni. Anche i denti portano i segni della pratica subita. Nonostante un’ottima igiene orale e l’assenza di carie, indice che il cantante considerava probabilmente la bocca un vero e proprio “strumento di lavoro”, i ricercatori hanno rilevato che lo smalto non si è deposto correttamente sui denti (patologia definita “ipoplasia dello smalto”) e ciò a causa di gravi deficit alimentari o stress molto forti subiti in età infantile. E la castrazione può certamente essere ritenuta tale. “I denti inoltre – conclude Zanatta – erano tutti senza cuspidi e ciò ci fa supporre che Pacchierotti soffrisse anche di bruxismo, cioè digrignasse i denti, forse sempre a causa dello stress cui era stato sottoposto”.
M. Pa.