UNIVERSITÀ E SCUOLA

Le promesse per scuole e atenei

Il Documento di economia e finanza 2015, approvato pochi giorni fa dal governo, contiene uno specifico capitolo sull’istruzione: è l’1/16 del Programma nazionale di riforma, che riassume il quadro delle politiche innovative in corso di attuazione e le priorità future. La parte del documento che ci interessa è “Istruzione e ricerca: il Paese riparte dalla conoscenza”. È una successione di schede ricche di progetti e strategie, al cui interno è possibile scorgere anche qualche notizia. Viene anzitutto confermato (nell’appendice sulle “azioni di riforma”) il numero di immissioni in ruolo che il ministro Giannini ha dichiarato di voler attuare prima del prossimo anno scolastico: “Oltre 100.000 insegnanti saranno assunti a settembre 2015. Dopo tale data le assunzioni avverranno solo per concorso”. L’entità della manovra sembra così consolidata, sempre che il disegno di legge “La buona scuola” venga approvato a maggio. Viene anche confermato che il sistema di valutazione dei docenti, da attuare con una delega al governo, dovrà prevedere un giudizio da parte del dirigente scolastico che inciderà sulla retribuzione, mentre per i dirigenti la parte “premiale” degli emolumenti verrà definita in base al raggiungimento di obiettivi triennali fissati dagli uffici scolastici regionali.

Sull’alternanza scuola-lavoro il Def riafferma la volontà di consentire contratti di apprendistato anche per gli studenti minorenni delle superiori. Verranno poi rafforzati i canali di accesso agli Its (gli istituti tecnico-scientifici biennali post-diploma, che finora hanno dato buoni esiti occupazionali), con corsi annuali integrativi destinati a chi non possiede un titolo di studio superiore quinquennale. Per “metà 2015” è invece previsto il lancio del Piano nazionale scuola digitale, di durata triennale, che dovrebbe operare su più fronti: il potenziamento delle infrastrutture di rete, la formazione dei docenti e del personale Ata e il rafforzamento della didattica nelle materie pertinenti (come logica, educazione ai media, creatività digitale, programmazione).

Per le università emergono novità di rilievo. La logica di fondo (progressivo ampliamento dei criteri meritocratici grazie all’aumento delle quote di finanziamento basate su risultati valutabili) è ancorata ad alcuni obiettivi precisi. Si dichiara che a regime la quota premiale del Fondo di finanziamento ordinario, che nel 2014 è stata di 1 miliardo e 215 milioni (pari al 18% delle risorse disponibili), dovrà salire al 30%; contestualmente, l’incidenza sulla quota base del criterio dei “costi standard per studente”, attualmente al 20%, salirà al 100%. Si prospetta quindi (almeno nelle intenzioni) un completo superamento dei criteri di finanziamento “storici”, legati ai fondi assegnati negli anni precedenti, e l’affermazione di un sistema di assegnazione totalmente basato sui risultati. Ulteriore novità è l’impegno ad applicare “analoghe misure” sia per gli enti pubblici di ricerca (cui oggi è destinata una “quota premiale” inferiore al 10%) che per gli Afam (conservatori, accademie, istituti per il design). Sempre in rapporto agli incentivi meritocratici per gli atenei, il Def accenna a generici “interventi” sulle università che non raggiungano gli obiettivi di qualità nel reclutamento del personale.

La volontà di “accrescere il tasso degli immatricolati” e di diffondere meccanismi che “premino l’impegno degli studenti” è legata all’approvazione dei Livelli essenziali delle prestazioni, che rendano omogenea “la platea dei servizi agli studenti offerti dai singoli territori”: per l’università si prospetta quindi una definizione di standard quantitativi e qualitativi analoga a quella esistente per la sanità. Molte promesse anche sul terreno dell’internazionalizzazione: si dichiara che le risorse disponibili verranno assegnate in via prioritaria agli atenei che aumenteranno il tasso di studenti che partecipano ai programmi di mobilità e che conseguono all’estero molti crediti formativi; si guarderà inoltre al tasso di laureati che abbiano compiuto esperienze all’estero prima del conseguimento del titolo. Il tutto da coordinare con gli obiettivi europei, che stabiliscono un minimo del 20% di studenti che realizzino esperienze di mobilità entro il 2020.

“Entro il 2015” è annunciata la pubblicazione del nuovo Programma nazionale per la ricerca. Viene prospettato il completamento del sistema dei Cluster tecnologici nazionali, aggregazioni di imprese, atenei e istituzioni pubbliche e private che operino in settori innovativi. Per quanto concerne la valorizzazione della ricerca nelle università, il Def si concentra sul potenziamento delle chiamate dirette per docenti che lavorino all’estero e una nuova procedura selettiva che assegni ogni anno “almeno un centinaio di posizioni triennali a tempo determinato” (di più non è dato sapere). Il documento si chiude con i dottori di ricerca, e precisamente con la promozione di “dottorati innovativi” che si basino su progetti internazionali e interdisciplinari. È prevista, infine, la creazione di canali specificamente dedicati all’inserimento professionale dei neodottori di ricerca.

Primo banco di prova del Def è il disegno di legge “La buona scuola”: entro questa settimana in commissione dovranno essere presentati gli emendamenti. La contesa sta per avere inizio. 

Martino Periti

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