SCIENZA E RICERCA

Sicurezza, un naso bionico manderà in pensione i cani

“Esplorare i fondali marini? Nessuno lo fa meglio di un polpo. Arrampicarsi su una superficie liscia e verticale? Chiedete al geco. Orientarsi in un ambiente buio o dove il fumo impedisce di usare gli occhi? Nessun problema per le specie notturne che usano il sonar, come i pipistrelli, o lunghi baffi specializzati, come alcuni roditori”. A sostenerlo è Nicola Nosengo nel suo libro I robot ci guardano, osservando come frequentemente la natura rappresenti una fonte di ispirazione e imitazione per la scienza. Dalla medicina, alla robotica alla chimica. E ora le applicazioni si spingono anche nel campo della sicurezza internazionale. Nell’ambito del progetto europeo Sniffer infatti, coordinato dal Commissariat à l'énergie atomique et aux énergies alternatives e di cui anche l’università di Padova è partner, è stata sviluppata una nuova generazione di biosensori per rilevare sostanze illecite come droga ed esplosivi alle dogane o negli aeroporti che sfrutta proprio un approccio di tipo “biomimetico”. Obiettivo finale: limitare l’impiego dei cani in questo tipo di operazioni.

Verrebbe da chiedersi il motivo, dato che lo straordinario olfatto di questi animali li rende preziosi in molti campi, dall’identificazione delle persone alla rilevazione di sostanze illegali. Innanzitutto perché i cani possono essere addestrati a riconoscere un numero limitato di sostanze, si stancano facilmente e sono costosi. Questa la ragione per cui negli ultimi dieci anni si è lavorato allo sviluppo di sensori artificiali. “L’idea di sostituire il cane non è nuova – spiega Carla Mucignat, referente del progetto per l’università di Padova – ma sta alla base di numerosi progetti di ricerca. Tuttavia, se finora si era puntato a sviluppare e perfezionare i sensori chimici già esistenti presenti ad esempio in alcuni luoghi pubblici o nei laboratori, adesso si sta lavorando a un prodotto nuovo che vede il sovrapporsi di biologia e tecnologia”. 

Il gruppo di ricerca ha realizzato infatti dei sensori chimici che mimano i meccanismi di rilevamento degli odori da parte degli animali. Esistono infatti sulla mucosa nasale delle proteine specializzate (le cosiddette proteine leganti gli odori) in grado di instaurare un legame con le molecole specifiche degli odori (i ligandi) per trasportarle poi nel muco, come una sorta di shuttle, delle “navette” molecolari. Ebbene, i ricercatori hanno utilizzato queste proteine naturali e le hanno modificate in modo tale da farle “legare” alle molecole di interesse, dunque droghe ed esplosivi. In un secondo momento le proteine così ottenute sono state immobilizzate chimicamente in maniera omogenea e uniforme sulla superficie di un sensore, un supporto di piccole dimensioni a base di diamanti sintetici. Le proteine si sono dimostrate resistenti alle variazioni di temperatura senza deteriorarsi e questo consente di poter contare su prodotti resistenti e riutilizzabili nel tempo. 

Ciò che si è ottenuto dunque è una popolazione di sensori chimici ognuno dei quali risponde in maniera specifica a una singola sostanza. “L’idea di copiare la natura – argomenta Mucignat – deriva dal fatto che la natura è più sensibile di qualsiasi sensore chimico”. E permette anche di imparare a rispondere a odori nuovi. Allo stesso modo, anche i biosensori che i ricercatori hanno realizzato possono essere “istruiti” a identificare molecole differenti. 

Dopo le opportune prove di laboratorio, il prototipo finale è stato testato all’aeroporto di Atene alla presenza di alcuni partner del consorzio come la polizia francese e israeliana, che sono tra gli utilizzatori finali, e l’esperimento ha avuto esito positivo. I sensori sono stati utilizzati per rilevare esplosivi, stupefacenti e sostanze come il tabacco. “Sicuramente – sottolinea la docente – c’è parecchio interesse per questo tipo di argomento. Alcuni colleghi di altre università hanno già ottenuto ulteriori finanziamenti per proseguire le ricerche. Arrivati a questo punto si lavorerà sulla miniaturizzazione del sistema per ottenere sensori che siano vicini alla commercializzazione”. Attualmente il prodotto ha infatti le dimensioni di un computer e l’obiettivo sarà ottenere invece uno strumento che possa essere contenuto in una mano.  

Le ricadute sono evidenti. Ci si attende infatti che l’impatto del progetto Sniffer possa andare oltre l’ambito di applicazione specifico per cui i sensori sono stati pensati ed estendersi anche al campo della sicurezza più in generale con tecnologie altamente sensibili e a basso costo, ma anche al settore medico (si pensi all’analisi del respiro o di altri odori corporei), ambientale (sicurezza dell’aria e dell’acqua) e della sicurezza alimentare. 

Monica Panetto

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