SCIENZA E RICERCA
La super alga che viene dal freddo
Le condizioni ambientali estreme dell’Artico mettono a dura prova gli organismi che vi abitano. Per sopravvivere alle basse temperature sono comparsi, nel corso dell’evoluzione, numerosi adattamenti. I grandi mammiferi marini, come balene ed orche, accumulano uno spesso strato di grasso come isolante termico e riserva energetica, gli orsi polari sono rivestiti da una folta pelliccia, ma come fanno i vegetali a sopravvivere al Polo Nord?
Il freddo non è l’unico problema che devono affrontare i vegetali a latitudini elevate. Essi devono far fronte a lunghi inverni in cui la luce è scarsa o assente, ciò rappresenta una grande sfida per tutti gli organismi fotosintetici. I ricercatori dell’università danese di Aarhus hanno scoperto una piccola alga unicellulare in grado di sopravvivere ed accrescersi al di sotto dei ghiacci dell’Artico in condizioni di quasi completa oscurità. Quest’alga microscopica si è adattata a condizioni estreme in cui la temperatura è estremamente bassa e la salinità è elevata, tuttavia, il fatto più sorprendente è che essa riesce a sfruttare circa lo 0,02% della luce solare che arriva sulla superficie del ghiaccio, un record che la rende unica tra tutti gli organismi fotosintetici.
Kasper Hancke, che ora lavora presso il Norwegian Institute for Water Research (NIVA) di Oslo, è stato il responsabile della spedizione sul campo che ha portato a questa scoperta e ha risposto ad alcune domande riguardo il lavoro del suo team.
Professor Hancke, può dirci qualcosa in più su queste alghe?
Le alghe in questione sono diatomee unicellulari che, contrariamente alle piante superiori, sono costituite da una singola cellula in grado di svolgere tutte le funzioni vitali, tra cui la fotosintesi. Questi microorganismi sono alla base della rete trofica dell’Artico costituendo la fonte principale di cibo per gli altri organismi dell’ambiente marino polare. Vengono mangiate dallo zooplancton e dagli anfipodi, che sono mangiati a loro volta da piccoli pesci e dalle grandi balene. Queste microalghe polari vivono sotto la superficie ghiacciata del mare, formando grandi comunità. Sfruttano l’energia luminosa che filtra oltre lo strato di ghiaccio per svolgere la fotosintesi e assumono il resto dei nutrienti necessari dall’acqua di mare. Abbiamo riscontrato la presenza di alcune di queste alghe sotto uno strato di ghiaccio spesso un metro e coperto ulteriormente da più di un metro di neve. In queste condizioni il buio è totale e normalmente non si trovano alghe di alcun tipo, tuttavia abbiamo dimostrato il contrario con il nostro studio.
Perché questa scoperta è così importante?
È di notevole interesse perché fino ad ora il mondo scientifico aveva ritenuto che condizioni simili a quelle del nostro studio non potessero supportare la vita di alcun organismo fototrofo. Le alghe presenti in questo ambiente estremo rappresentano una fonte di cibo per i livelli trofici superiori, di conseguenza si può immaginare una complessa rete trofica supportata dalla produzione algale al di sotto dei ghiacci del Mar Glaciale Artico.
Come fanno queste piccole alghe a sfruttare una ridotta quantità di energia luminosa?
In genere le alghe sono delle vere ‘maestre’ nell’utilizzo dell’energia solare e le alghe polari rappresentano un caso di adattamento incredibile. Vi sono altre specie di alghe in grado crescere a ridotta irradianza, un esempio sono le alghe rosse pluricellulari che vivono a centinaia di metri di profondità dove numerose lunghezze d’onda si estinguono. Usando clorofille e altri pigmenti fotosintetici, sono in grado di catturare anche i più deboli flussi di protoni. Tuttavia, il meccanismo con cui le alghe che abbiamo scoperto catturano l’energia luminosa deve essere ancora chiarito.
Il cambiamento climatico globale ha un forte effetto anche ai poli, l’aumento delle temperature avrà delle conseguenze anche nella produzione primaria, ovvero la produzione di composti organici da parte dei vegetali, del mar glaciale Artico?
Certamente, ma le conseguenze saranno principalmente indirette. La produzione primaria è sensibile alla temperatura, ma le alghe sono associate al ghiaccio, quindi, fino a quando il ghiaccio manterrà la temperatura al di sotto del punto di congelamento, non vi saranno effetti direttamente correlati all’aumento della temperatura. L’aumento delle temperature porta però ad un rapido scioglimento dei ghiacci che si assottiglieranno sempre più permettendo una maggior penetrazione della luce. La maggior disponibilità luminosa stimola la produzione primaria, quindi si potrebbe assistere a un anticipo della stagione delle fioriture algali con diverse conseguenze nell’ecosistema.
Riccardo Trentin