SCIENZA E RICERCA

Vecchietti campioni

Lo scorso 26 luglio Federica Pellegrini ha vinto la medaglia d’oro sui 200 metri stile libero ai Mondiali di nuoto di Budapest. Federica ha 29 anni: un’età che una volta era considerata da matusalemme per una nuotatrice. Pochi giorni dopo, il 5 agosto, l’americano Justin Gatlin inaugura il “dopo Bolt”, battendo il campione giamaicano sui 100 metri ai Mondiali di Atletica di Londra. Gatlin, con un passato controverso alle spalle, ha un’età di 35 anni: quattro anni più di Usain e, in ogni caso, davvero ragguardevole per un velocista. Sulle piste di motociclismo, invece, sfreccia a 38 anni suonati Valentino Rossi, con tutta l’intenzione (e le possibilità) di vincere l’ennesimo titolo iridato. E sì che ha vinto il suo primo mondiale ben 16 anni fa, nel 2001. Anche nel calcio non mancano gli esempi di longevità sportiva piuttosto spinta. Ha appena smesso l’attività agonistica professionale la bandiera della Roma, Francesco Totti: lo ha fatto a malincuore, malgrado i suoi prossimi 41 anni. Continua invece imperterrito a indossare le scarpette il portiere della Juventus e della Nazionale, Gigi Buffon: che di anni ne ha 39. Età importante, anche per un estremo difensore. Potremmo continuare a lungo con questi esempi.

Ma la domanda è? L’età dei campioni si sta allungando? E se sì, perché?

Per quanto strano possa sembrare, non ci sono evidenze scientifiche che possano corroborare la nostra impressione, che sì: gli atleti sentono sempre meno il peso dell’età e alcuni raggiungono prestazioni assolute anche avendo molti anni alle spalle. È, certo, un’impressione. Ma non appartiene solo a noi, cronisti. È condivisa anche da molti tecnici del settore.

Partiamo, intanto, da quello che sappiamo in termini statistici.

In uno studio, Age of peak performance in Olympic sports: A comparative research among disciplines, pubblicato non molto tempo fa sul Journal of Human Sport and Exercise da un gruppo di ricerca argentino, vengono analizzate le età di 3.548 partecipanti alle Olimpiadi di Londra del 2012. Diciamo subito che l’età media dei partecipanti è quella attesa: il 72% è andato a Londra che aveva più di 20 e meno di 30 anni. Il 99% un’età inferiore ai 40 anni. Naturalmente l’età media varia da disciplina a disciplina. Tra i maschi l’età media maggiore la vantano i giocatori di tiro al bersaglio (32,6 anni) e quella minore (23,2 anni) gli atleti del BMX Cycling, il cross con la bicicletta. Tra le atlete, invece, le meno giovani in media sono quelle del triathlon (30,2 anni) e le più giovani quelle della ginnastica artistica (19,4 anni). Interessanti, tuttavia, sono gli estremi. L’atleta maschio più giovane tra quelli analizzati aveva 17,1 anni e quello più anziano 49,3. Tra le femmine la forbice è ancora più larga: la più giovane aveva 14,0 anni e la più anziana 52,8.

Un altro studio, Age at Peak Performance of Successful Track & Field Athletes, pubblicato da un gruppo di ricerca della Nuova Zelanda sull’International Journal of Sports Science & Coaching, ha preso in esame 168.576 performance di 2.017 diversi atleti in 19 diversi eventi sportivi per ciascun genere in un periodo di tempo compreso tra il 1979 e il 2009. Il risultato ancora una volta è atteso. Le migliori performance vengono raggiunte dai maschi tra 23,9 ± 2,4 anni e 28,5 ± 2,2 anni; mentre vengono raggiunte dalle atlete di sesso femminile tra 24,7 ± 2,5 e 28,1 ± 3.9 anni.

Questi e altri dati ci dicono qual è la norma. Ma vanno considerati con molta prudenza, sia perché sono estremamente variabili da disciplina a disciplina, sia perché non tutte le discipline sono state prese in esame. A grana grossa possiamo dire che gli atleti maschi ottengono le migliori performance a un’età media superiore a quella delle colleghe. E che gli sport che richiedono capacità tecniche molto specifiche, come la ginnastica o il nuoto, selezionano campioni giovani, mentre in quelli in cui è prevalente la tattica i campioni raggiungono le loro migliori prestazioni a un’età più elevata.

Tutto questo non ci dice, tuttavia, se le Pellegrini, i Gatlin, i Rossi, i Totti e i Buffon – sì, insomma, i campioni vecchietti – sono più o meno numerosi di qualche generazione fa. Vediamo, dunque, cosa ne pensano gli esperti. Riportiamo ora le opinioni di tecnici esperti, come Paolo Zeppilli, cardiologo dell’Università Cattolica ed ex medico della nazionale di calcio. La longevità nello sport, nel senso di performance assolute ottenute in età sempre maggiore, non solo è reale, ma interessa un po’ tutte le discipline. I campioni vecchietti, dunque, sono (almeno in frequenza) una realtà d’oggi. E questo nonostante che la domanda di prestazioni top sia sempre più alta. Nel calcio, per esempio, si corre sempre di più. Eppure la longevità aumenta.

L’apparente paradosso è dovuta a molti fattori. Ci sono, per esempio, i fattori oggettivi o, se si vuole, scientifici. Un’alimentazione molto ben controllata e una preparazione atletica studiata da tecnici professionisti nei minimi dettagli. Tanto che oggi in tutti gli sport, anche quelli di squadra, la preparazione fisica è molto individualizzata. Poi c’è la medicina sportiva, che ha fatto grandi progressi: oggi intervenire sui legamenti, sul menisco o in caso di traumi, sostiene Zeppilli, è molto più efficace e produce molti meno effetti collaterali di un tempo. In molti sport c’è l’ausilio di strumenti, persino indumenti, hi-tech, che aiutano a diminuire lo stress fisico.

Poi ci sono i fattori soggettivi: la determinazione a continuare nonostante l’età e, ovviamente, un impegno maniacale alla cura del fisico e di ogni altro dettaglio. È molto probabile che i campioni più anziani sono anche quelli che non hanno fatto uso di sostanze dopanti.

Ne possiamo concludere – a titolo provvisorio – che il segreto della longevità atletica in aumento è una buona miscela tra la scienza e l’uomo. 

Pietro Greco

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