
Viviamo in un’epoca che molti definiscono di "pace ambigua". Se un tempo l’Europa poteva considerarsi al riparo da conflitti, oggi la situazione è ben diversa: la guerra in Ucraina e quella a Gaza ci coinvolgono direttamente, mentre assistiamo a un riarmo su scala continentale. In questo scenario, uno dei paesi che è sempre stato considerato baluardo della democrazia sta prendendo una deriva preoccupante, tra blocchi di finanziamenti ai progetti di ricerca che trattano di diversità, equità e inclusione, parole proibite, azioni in opposizione alle decisioni di giudici federali, ricatti economici alle istituzioni universitarie per limitare la libertà di espressione.
La Resistenza serve ancora
Abbiamo anche assistito a un progressivo smantellamento dei diritti, a una normalizzazione della prepotenza e a una crescente apatia di fronte alle ingiustizie, con il timore di scendere in piazza pacificamente e i provvedimenti contro le figure intellettuali che criticano l’attuale governo (Canfora, Lagioia, Raimo, Di Cesare, Cortese…) che scoraggiano le persone a esprimersi liberamente, come prevede l’articolo 21 della Costituzione.
Ursula Hirschmann, che contribuì alla diffusione del Manifesto di Ventotene, sapeva che per cambiare il mondo era necessario prima di tutto cambiare la mentalità delle persone, perché l’indifferenza è il terreno fertile su cui crescono i regimi autoritari. La storia ci insegna che i diritti non vengono cancellati da un giorno all’altro, ma poco alla volta, con piccole limitazioni che sembrano accettabili, finché non ci si accorge che è troppo tardi per reagire, che abbiamo superato la linea del tollerabile e non ce ne siamo nemmeno accorti.
“ Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare Antonio Gramsci
“Partigiane”, un libro che invita a continuare a resistere
Ursula Hirschmann è una delle donne che vengono ricordate nel libro Partigiane di Stefano Catone, Serena D’Angelo, Amalia Perfetti e Ivan Vaghi, edito da People, che ci ricorda che la Resistenza non fu solo una questione militare, ma un moto morale, un’urgenza interiore che spinse migliaia di donne e uomini a schierarsi, a scegliere da che parte stare anche quando questo significava affrontare conseguenze devastanti.
Il libro si presenta con una struttura adatta a coinvolgere i giovani lettori e soprattutto le giovani lettrici a cui è destinato: ogni capitolo è dedicato a una figura femminile della Resistenza, e ne racconta la vita attraverso un racconto scritto in prima persona grazie alla sintesi delle loro opere e di documenti storici. Alla fine di ogni racconto, c’è una biografia e un testo originale scritto dalla protagonista e questo rende la lettura immersiva e coinvolgente perché permette ai lettori e alle lettrici di immedesimarsi e di chiedersi che cosa avrebbero fatto al loro posto. Combattere per la libertà non è facile, ma lo è forse svegliarsi la mattina con l’intento di rimanere vivi, anche quando questo significa mettere in secondo piano ogni ideale in cui crediamo?
La verità è che al momento i rischi che corriamo non sono neppure un pallido riflesso di chi imbracciava un fucile e saliva in montagna, ed è proprio in questo momento che ci dovremmo ribellare, perché un domani potrebbe essere infinitamente più pericoloso: come fa notare Johannes Bückler (è uno pseudonimo, non il “Robin Hood” tedesco) nell’introduzione, non dobbiamo interpretare il fascismo solo come un fenomeno del passato, perché purtroppo è un rischio costante quando si abbassa la guardia.
“ Nessuna conquista è per sempre. C’è sempre qualcuno che è interessato a toglierla, per cui resistere non è solo un dovere, ma una necessità dei giovani, altrimenti non si va avanti Maria Cervi
Le storie raccolte nel libro non sono ricordi di un'epoca lontana, ma lezioni attuali per comprendere la necessità di contrastare ogni forma di autoritarismo e sopruso: il concetto di disobbedienza civile, teorizzato da Henry David Thoreau e poi applicato da Gandhi e Martin Luther King, è ancora attuale e significa non accettare discriminazioni sul lavoro, denunciare le molestie e opporsi alle politiche che limitano i diritti.
Donne nella Resistenza: una storia troppo a lungo dimenticata
Quando si parla di Resistenza, l’immaginario comune evoca uomini in montagna con il fucile in spalla, e ci si dimentica che accanto a loro, e a volte davanti a loro, c’erano donne che hanno combattuto con la stessa determinazione, e con rischi persino maggiori. Il libro restituisce la voce a figure come Carla Capponi, Ada Gobetti, Lidia Menapace, Teresa Mattei, Renata Viganò, Nilde Iotti, Marisa Ombra e Miriam Mafai, donne che hanno fatto la storia e che troppo spesso sono state lasciate ai margini del racconto ufficiale.
Un esempio significativo di questa dimenticanza storica è il Manifesto di Ventotene, che è considerato il documento fondativo dell’Unione Europea e che è tornato prepotentemente di attualità oggi. Redatto da Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni, ha rappresentato un punto di svolta per l’idea di un’Europa unita e libera dal fascismo. Ma nel ricordo collettivo raramente si menzionano Ursula Hirschmann, Ada Rossi e altre donne che hanno contribuito alla sua diffusione, rischiando la vita per far uscire clandestinamente il documento dall’isola di Ventotene e che per questo sono state definite dallo storico Paul Betts “le civilizzatrici dimenticate”.
Le donne della Resistenza furono combattenti, staffette, organizzatrici, infermiere, spie. Alcune impugnarono le armi, come Carla Capponi, che partecipò all’azione di via Rasella a Roma, che portò alla rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Altre rischiarono la vita per diffondere volantini, organizzare reti clandestine, nascondere ebrei o antifascisti, come Ada Gobetti e Lidia Menapace. Eppure, al termine della guerra, il loro contributo venne rapidamente dimenticato o ridimensionato, riducendo il ruolo femminile a quello di supporto agli uomini.
Un esempio amaro riguarda Marisa Ombra, licenziata dal PCI nel 1956 perché aveva una relazione con Giulio Golia, giornalista separato dalla moglie in un’epoca in cui il divorzio non era ancora legale in Italia e il Partito Comunista non accettava simili situazioni. Anche Miriam Mafai lasciò il PCI per una relazione con Gian Carlo Pajetta, un dirigente comunista: la sua non fu una vera e propria espulsione, ma subì pressioni per il suo rapporto sentimentale.
Emblematica è anche la vicenda di Nilde Iotti, anche lei presente nel libro, una delle figure più importanti della politica italiana, prima donna a ricoprire la presidenza della Camera dei Deputati. Il suo legame con Palmiro Togliatti, leader del PCI, fu spesso usato per ridimensionarne il valore politico: si insinuava che la sua carriera fosse il frutto della relazione con lui, piuttosto che delle sue capacità e del suo impegno. Eppure, Iotti fu una protagonista indiscussa dell’Assemblea Costituente, e ha contribuito alla stesura di articoli fondamentali per i diritti delle donne e per l’uguaglianza. Dopo la morte di Togliatti, dimostrò con la sua lunga carriera politica – durata fino agli anni Novanta – di essere una leader autonoma e rispettata, capace di influenzare profondamente la politica italiana. La sua storia è un esempio di come le donne, anche quando raggiungono posizioni di potere, debbano sempre lottare contro pregiudizi e stereotipi che ne minano l’autorità e il riconoscimento.
Con la Liberazione e la Costituzione sui diritti delle donne qualche passo avanti era stato fatto, ma la mentalità di base non era cambiata, ed era la stessa tipica del fascismo.
Essere partigiane significa disobbedire
Le partigiane della Seconda Guerra mondiale disobbedirono. Alle leggi ingiuste, alle aspettative sociali, al ruolo di subalternità che la società imponeva loro.
Essere partigiane significava scegliere la lotta in condizioni di estrema difficoltà, affrontando non solo il nemico ma anche il pregiudizio di chi, persino tra i compagni di Resistenza, considerava le partigiane inferiori ai partigiani. Ada Gobetti fu una delle poche donne a ricoprire incarichi di comando nelle formazioni partigiane, contribuendo con strategia e determinazione alla lotta per la Liberazione, nonostante il suo ruolo venisse spesso sminuito. Carla Capponi, insignita della medaglia d’oro al valor militare, partecipò in prima linea alle azioni dei GAP a Roma, rischiando la vita in un ambiente dove le donne erano ancora viste più come supporto che come combattenti.
La loro resistenza non fu solo un atto di guerra, ma un’affermazione di esistenza in un mondo che le voleva mute e obbedienti. Ogni azione compiuta – un messaggio nascosto, un’arma trasportata, un'informazione sottratta al nemico – era un gesto rivoluzionario. Queste donne non solo disobbedirono, ma lo fecero con consapevolezza, dimostrando che la libertà non è mai concessa, ma sempre conquistata. Le storie raccontate nel libro ci insegnano che la libertà non è mai gratuita, e che ogni generazione ha il dovere di difenderla, anche se non è nel suo interesse immediato.
“ Odio gli indifferenti. Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti Antonio Gramsci
Il rifiuto dell’indifferenza
Come ricorda Gramsci, l’indifferenza non deve essere un’opzione. Nella Seconda Guerra mondiale, chi non si schierava lasciava campo libero agli oppressori, e oggi accade lo stesso.
Queste storie ci ricordano che il silenzio davanti alle ingiustizie non è semplice neutralità, ma spesso pavidità o complicità. Durante la guerra, i paesi neutrali hanno rappresentato rifugi e luoghi di riorganizzazione per molti resistenti; chi sceglie di non esporsi oggi, invece, non è neutrale, ma indifferente.
Il libro ci invita a non dimenticare queste figure e a riconoscerne il valore storico e politico. Non basta evocarle retoricamente: è necessario studiare le loro azioni, inserirle nel racconto ufficiale della Storia e trarne spunti per il presente. Questo libro ci aiuta a farlo, restituendo a queste donne il posto che meritano nella memoria collettiva.
Mai come oggi è fondamentale che le nuove generazioni conoscano queste vicende. La generazione dei testimoni diretti sta scomparendo: presto non avremo più nessuno a raccontarci in prima persona cosa significa davvero perdere la libertà e dover lottare per riconquistarla.
Abbiamo bisogno di queste storie, dobbiamo ricordare che un tempo quello che poteva sembrare impossibile alla fine è stato possibile, e che la forza di chi non voleva inchinarsi ai prepotenti ha portato alla liberazione di un intero paese. Se arriveranno tempi ancora più duri di quelli attuali, le storie delle partigiane ci sosterranno, perché resistere senza speranza sarebbe molto più difficile.