SCIENZA E RICERCA

Covid-19: le implicazioni politiche, economiche ed etiche della corsa al vaccino

Da quando è risultato evidente che fino all’arrivo di un vaccino tutto il mondo dovrà convivere con il virus Sars-CoV-2 la comunità scientifica internazionale lavora per conoscere ogni aspetto di questo insidioso patogeno e della malattia che è in grado di determinare. La convivenza con il virus non è infatti per nulla facile visto che Sars-CoV-2 unisce l’elevata contagiosità che contraddistingue i coronavirus del raffreddore alla capacità di sviluppare forme gravi tipica dei virus della Sars e della Mers. Le strategie di lockdown, se prolungate e rigorose, si sono dimostrate efficaci nel contenimento delle infezioni ma hanno un costo sociale ed economico elevatissimo e sul lungo periodo non è pensabile che sia affidata ad esse la soluzione del problema.

Per questo motivo la corsa al vaccino è stata da subito molto intensa e vede impegnati laboratori di tutto il mondo, con tecnologie diverse e con risorse economiche che necessitano di essere sempre più elevate man mano che si procede con le diverse fasi di sviluppo. Come ricorda Francesco Suman in questo articolo per il Bo Live, al momento attuale i vaccini candidati alla fase clinica di sperimentazione sull’uomo sono 13 e il primo ad essere entrato nella fase degli studi randomizzati e controllati è quello sviluppato dall’università di Oxford e per il quale l’Italia e altri Paesi europei hanno già firmato un accordo di distribuzione. Gli Stati Uniti, che pure con un finanziamento di oltre 1 miliardo di euro hanno già “bloccato” trecento milioni di dosi dell’eventuale vaccino di Oxford, si muovono con l’operazione Warp Speed, annunciata con orgoglio dal presidente Donald Trump e sorretta da un finanziamento pressoché illimitato. Alcuni scienziati però, riporta la Cnn, contestano l’approccio dell’amministrazione Trump che ha deciso di investire oltre 2 miliardi di dollari sulle tecnologie più innovative, ignorando invece quelle che in passato hanno dimostrato di funzionare per diversi tipi di vaccini. Anche la Cina accelera sul vaccino ma ha adottato una strategia molto diversa rispetto agli Stati Uniti, e quattro dei suoi cinque vaccini negli studi clinici utilizzano l'approccio precedente. E secondo quanto riferito dall'emittente statale cinese Cctv il premier Li Keqiang, intervenendo in video conferenza al 22/esimo summit Cina-Ue, ha affermato che la cooperazione con l'Ue supera la concorrenza e che la Cina è disposta ad approfondire sia la cooperazione sul vaccino del Covid-19, sia lo sviluppo del trattamento contro la pandemia. 

Ma le implicazioni politiche ed economiche della corsa al vaccino sono tante e non sono escluse nemmeno importanti questioni etiche che riguardano sia la fase di sperimentazione, sia l’eventuale successiva distribuzione. Nel primo ambito rientra il dibattito, molto acceso negli Stati Uniti, se sia accettabile o meno sottoporre alcuni volontari a un'esposizione forzata al virus allo scopo di accelerare le verifiche sull’efficacia del vaccino. La seconda questione si riferisce invece al rischio che i vaccini anti Covid-19 finiscano per essere disponibili solo in alcune nazioni, soprattutto qualora fossero necessarie più dosi per ottenere un'adeguata protezione. Uno scenario che potrebbe mettere in forte difficoltà i Paesi economicamente più fragili. 

Abbiamo chiesto un confronto tra i vaccini in corso di sperimentazione al professor Guido Forni, immunologo dell'Accademia dei Lincei, che ha sollevato anche delle riflessioni sul significato politico della corsa al vaccino e sull'ipotesi che possa essere estremamente difficile garantire la disponibilità di un elevato numero di dosi in grado di coprire il fabbisogno mondiale. 

Intervista all'immunologo Guido Forni sui vaccini contro Covid-19 e sulle implicazioni politiche, economiche ed etiche. Servizio e montaggio di Barbara Paknazar

Il punto sui candidati vaccini

"La situazione è questa: sono partiti - spiega il professor Guido Forni - circa 170 progetti di costruzione di nuovi vaccini e tra questi sono stati sempre meno quelli che sono riusciti a superare le varie fasi. Attualmente una dozzina di candidati vaccini sono arrivati alla fase clinica, cioè sono già provati sull’uomo. L’aspetto più interessante è che nella maggior parte dei casi sono vaccini molto diversi tra loro a livello di piattaforma tecnologica. Ci sono dei vaccini molto tradizionali basati sul virus della Covid-19 che è stato ucciso, quindi vaccini che seguono una linea già percorsa per altre malattie, e ci sono dei vaccini del tutto innovativi.

Specialmente negli Stati Uniti si stanno seguendo degli approcci che non hanno ancora portato, in alcun caso, alla messa a punto di vaccini: sono quindi approcci molto interessanti, perché sono nuovi, ma la cui tecnica ha il limite di non essere ancora stata sperimentata sull’uomo. Il più avanzato tra questi progetti innovativi è quello della Moderna che è basato sull’Rna virale che viene messo in un sacchettino, tecnicamente in un liposoma, e viene poi inoculato nei pazienti. Questo Rna, che condifica un piccolo pezzettino della proteina Spike che è il bersaglio più tipico di tutti i vaccini contro Covid-19, induce una risposta anticorpale e probabilmente anche una risposta cellulare nell’uomo. Non sappiamo però ancora quanto sia efficace. Per quanto riguarda invece il vaccino basato sul virus inattivato abbiamo un lavoro scientifico che riporta tutti i dati sull’uomo.

Poi ci sono dei vaccini ancora più raffinati che sono costituiti da virus in cui è stata tolta l’informazione genetica ed è stato inserito un pezzettino di Dna che codifica una parte di questa proteina Spike. E' la tecnologia che caratterizza il vaccino dell’AstraZeneca, molto reclamizzato in Europa, che nasce da un’idea italiana, dall’intuizione di Riccardo Cortese, un professore molto innovativo che è scomparso qualche anno fa e che aveva avuto l’idea di costruire dei vaccini - non certo quello contro Sars-Cov-2 - utilizzando un adenovirus di scimpanzè e mettendovi dentro l’anellino di Dna che codifica la proteina Spike che ci interessa. Il fatto di usare un virus di scimpanzè è molto importante perché gli altri progetti basati su adenovirus, in cui è stata fatta la stessa cosa, rischiano che il vaccino venga subito bloccato dagli anticorpi che quasi tutti noi abbiamo contro gli adenovirus, che sono virus del raffreddore, della faringite, infiammazioni della gola e intestinali. Questo vaccino che è stato messo a punto inizialmente dalla ditta italiana Advent-Irbm che poi ha collaborato con l’università di Oxford e che poi si è appoggiato a questa grande ditta che è l’AstraZeneca, è quello più avanzato di tutti come sperimentazione umana. Poi abbiamo ancora altre tipologie di vaccini basati su pezzettini di proteine che vengono mescolati con adiuvanti. Gli adiuvanti sono sostanze che potenziano il vaccino e ce ne è uno nuovo messo a punto dalla ditta Gsk, che ha sede a Siena ed è una grossissima azienda di vaccini, che dovrebbe essere molto efficace nell’indurre una buona risposta immunitaria nelle persone anziane che sono quelle il cui organismo risponde meno bene ai vaccini, ma sono le categorie che ne hanno più bisogno. 

Abbiamo questo grandissimo panorama di vaccini diversi perché dobbiamo affrontare una malattia che conosciamo ancora molto male e non sappiamo quale di questi vaccini in competizione sarà quello più efficace".

Il dibattito etico sulla possibilità di infettare deliberatamente i volontari per velocizzare i tempi di verifica

"Il problema - approfondisce l'immunologo Guido Forni - è il seguente: prima si dimostra sugli animali che il vaccino protegge dalla malattia, poi si fanno delle prove sui volontari per dimostrare che anche nell’uomo si ottiene una risposta anticorpale e una reattività immunitaria. Ma queste sono prove indirette dell’efficacia del vaccino. Per verificare l’efficacia reale normalmente si prende un gruppo di persone che vengono vaccinate e un gruppo analogo di volontari che invece ricevono il placebo e nel tempo si va a vedere qual è l’insorgenza della malattia in ognuno dei due gruppi. Questi gruppi possono essere anche di 30 mila persone e quindi è un impegno molto grande. Nello sviluppo dei vaccini tradizionali si aspettano mesi per vedere come va la malattia nei due gruppi. In questo caso però abbiamo a che fare con una pandemia, una situazione difficilissima dal punto di vista di sanità pubblica e anche sotto il profilo economico, in quanto finché non c’è un vaccino che garantisce una certa protezione molte delle consuete attività vengono inibite e limitate.

Una proposta che verrà certamente attuata da alcuni gruppi di ricerca è quella di ricorrere ai volontari umani, scelti tra persone giovani che hanno meno rischi di sviluppare una malattia grave. Questi volontari vengono prima immunizzati e poi, dopo un certo periodo di tempo, li si espone deliberatamente al virus. Questa scelta è stata molto dibattuta: di fronte all’emergenza della pandemia molte persone ritengono che possa essere eticamente accettabile, mentre altre sostengono che sia una prova di efficacia troppo lontana dalle condizioni reali di contagio e da un’infezione naturale. Per questo motivo molte compagnie si stanno portando nei Paesi dove in questo momento l’epidemia è rampante, come il Brasile o la Russia, per verificare in queste regioni se la vaccinazione ha successo e riesce realmente a proteggere. Sono studi molto complicati e dispendiosi perché bisogna pensare ai costi peri i permessi, la mobilità e per le osservazioni che verranno fatte su queste migliaia di persone, in un gruppo e nell’altro".

I criteri di efficacia e le difficoltà di una cooperazione internazionale 

"Ma la complicazione più grave, su cui c’è maggiore discussione, riguarda - prosegue il professor Forni - la discussione sul criterio di efficacia di un vaccino. Quando si dice che un vaccino è accettabilmente funzionale? Ingenuamente ognuno di noi pensa che il vaccino deve proteggere completamente dalla possibilità di infettarsi. Ma qui subentra un primo problema: potrebbe essere accettabile un vaccino che debba essere somministrato in più dosi, magari quattro volte a distanza di un mese? Quante persone farebbero la prima iniezione e poi non effettuerebbero i richiami? Poi occorre valutare se protegge nella totalità dei casi. Naturalmente l’ideale sarebbe un vaccino che protegge tutte le persone che lo hanno ricevuto. Ma se dovesse risultare che protegge, ad esempio, solo una quota di popolazione che considerazioni si potrebbero fare? Certamente sarebbe meglio di niente, ma sarebbe anche una complicazione non trascurabile. E poi c’è la possibilità che un vaccino, come si è visto su alcune scimmie, più che proteggere dall’infezione sia in grado di diminuire la gravità della malattia e la trasformi in un pesante raffreddore: è accettabile un vaccino che non impedisce di contrarre l’infezione ma ne mitiga solo i sintomi?

Questi sono aspetti complicatissimi che riguardano questi 10-15 vaccini che stanno arrivando alla fase clinica e di cui abbiamo i dati sul fatto che inducano una risposta immunitaria. Qui c’è di nuovo un problema: l’Oms sta lanciando degli studi, chiamati Solidarity, costituiti da un gruppo di persone che accettano di non farsi vaccinare ma di essere semplicemente ossevate, e poi da altri gruppi che ricevono diversi tipi di vaccini. L’obiettivo è quello di confrontare l’efficacia dei differenti vaccini in competizione utilizzando un solo gruppo di controllo, il che permetterebbe di rendere più omogenea tutta l’analisi.

Bisogna però vedere quante ditte accettano di essere sottoposte a un procedimento comparativo perché con i farmaci la maggior parte delle aziende non accettano di essere paragonate direttamente e si devono fare degli studi indiretti perché ogni compagnia ci tiene a difendere il suo farmaco. Lo stesso scoglio si proporrebbe sul vaccino. Senza dimenticare che sul vaccino vengono investite delle cifre che anche per le grandi compagnie sono molto significative".

Gli Stati Uniti e il progetto Warp Speed

"Negli Stati Uniti il presidente Trump ha lanciato il progetto Warp Speed, una locuzione presa dai film di Star Trek e che sta a significare velocità stellare, quindi il senso è la volontà di raggiungere il vaccino in una velocità incredibile, trasformandolo in un’arma politica. L’obiettivo di questo programma è garantire alla popolazione Usa che le prime dosi di vaccino arrivino entro novembre, casualmente quando cadono le elezioni presidenziali e anche da questo si capisce sin da subito la valenza politico-emotiva. In questo ambito erano stati inizialmente selezionati 14 progetti, in seguito sono stati portati a 5 e poi un’azienda ha deciso di togliersi e di procedere indipendentemente. Ma l’aspetto interessante è che questo programma prevede che gli studi clinici di questi 4 vaccini completamente diversi siano effettuati in modo omogeneo. Quindi almeno in questo programma avremo delle valutazioni comparative delle 4 strategie tecnologicne utilizzate".

La situazione in Cina

"Completamente diversa è la situazione cinese dove ci sono ormai cinque vaccini in fase avanzata di valutazione clinica e che verranno poi provati su volontari. In Cina è un po’ tutto più misterioso, quindi si hanno meno notizie su quali tipi di volontari vengono utilizzati e in quale maniera vengono testati. Però verranno diffusi i risultati ottenuti e, come dicevo all’inizio, i vaccini cinesi sono basati sostanzialmente su tecnologie vecchie, molto collaudate, quelle dei vaccini che abbiamo tradizionalmente ricevuto nella nostra vita, come quello della poliomelite. Molti di questi candidati vaccini cinesi in prova sono realizzati a partire dal virus ucciso. Uno solo è basato su un adenovirus simile a quello dell’AstraZeneca. Sul gruppo cinese si sa che vanno avanti velocissimi ma conosciamo meno dettagli su come si svolgeranno in futuro le ricerche, anche se abbiamo degli ottimi dati sui risultati che questi vaccini hanno ottenuto fino ad ora".

Le critiche di alcuni scienziati americani all'approccio completamente innovativo seguito negli Stati Uniti

"Se non ci fosse una valenza politica così forte sarebbe una cosa buona - riflette l'immunologo Guido Forni - perché da una parte abbiamo degli studi più tradizionali e se vogliamo più sicuri, dall’altra parte un approccio completamente innovativo e si potrebbe vedere quale porterà all’umanità il miglior vaccino. Il guaio è che i risvolti politici sono importantissimi. Se dovessero essere i cinesi ad avere per primi un vaccino sicuro ed efficace questo avrebbe un’influenza enorme, quasi pari al significato che ha avuto la competizione per arrivare sulla Luna.

Il trasformarsi dei vaccini in un messaggio e in un significato politico è una complicazione nuova perché fino a questo momento non era mai accaduto nella sfera delle malattie

In ogni caso sia in Europa che negli Stati Uniti, spesso in collaborazione, ci sono poi anche molte ditte multinazionali che spesso cercano di sviluppare il loro vaccino indipendentemte dal Warp Speed e dalle strategie cinesi in maniera tradizionale e molto rapida. Quindi avremo questa competizione e questa difficoltà nel valutare quale sarà il migliore. Solo tra due o tre anni si saprà davvero quale vaccino è meno associato ad effetti collaterali e protegge meglio".

L'Europa e il progetto dell'università di Oxford

"Poi c’è la situazione europea dove si contraddistingue il vaccino dell’università di Oxford e AstraZeneca che in questo momento è il più avanzato a livello di sperimentazione umana e sul quale hanno puntato molte nazioni firmando già accordi per l’acquisto di dosi di vaccino. Qui è un po’ come organizzare una festa di laurea senza aver ancora passato gli ultimi esami: una cosa assai pericolosa. Sappiamo che il governo americano è stato il primo e ha comprato 300 milioni di dosi di vaccino, seguito dal governo inglese. E l’Italia ha poi fatto lo stesso. Io non sono riuscito a sapere qual è l’accordo che è stato raggiunto e fare un accordo è difficilissimo perché se si può avere un’idea del costo del vaccino, non si sa ancora se sarà sufficiente una dose o se ne serviranno, ad esempio, quattro. Il costo varierebbe quattro volte in più e servirebbe una produzione quattro volte maggiore per coprire le necessità di una nazione o di un’altra. Quindi sono dei grandi rischi che in questo momento si stanno accettando perché giustificati da una situazione molto drammatica. In questo momento in Europa non più da un punto di vista sanitario, ma sta diventando difficilissima sotto il profilo economico e con la grossa paura di un ritorno dell’epidemia durante l’inverno che porterebbe a disastri economici veramente notevoli".

Il futuro vaccino sarà disponibile per tutti?

"Questo è un problema drammatico - riflette il professor Guido Forni - perché finché non sappiamo qual è il vaccino che funziona davvero o almeno finché non abbiamo una prova che qualcuno di questi vaccini protegge non si costruisce la fabbrica per produrre miliardi di dosi di vaccini. Siamo 7 miliardi di persone sulla Terra e anche immaginando che un miliardo di persone magari non vorranno vaccinarsi occorre comunque pensare ad una quantità enorme di dosi di vaccini che dovranno essere forniti. E’ già prevedibile che quando emergerà la notizia che c’è un vaccino che funziona ci sarà una corsa quasi assurda nel volere il vaccino, tutti lo vorranno perché chi riuscirà a dotare il proprio paese del vaccino avrà un’influenza notevole a livello politico e sociale. Ci sono queste grandi compagnie di aiuti nel mondo come la Gavi e il Cepi che aspettano di sapere qual è la tecnologia che sembra vincente per organizzare delle grosse fabbriche in tutto il mondo e costruire queste miliardi di dosi di vaccini. Si capisce bene che fare un vaccino con il virus inattivato richiede una tecnologia del tutto diversa rispetto al farlo con un anellino di Dna o di Rna, o altri metodi. Anche questo è un elemento di difficoltà. E nuovamente la potenza americana, il desiderio americano di avere assolutamente il vaccino fa sì che in questo ricchissimo programma Warp Speed vengano costruite le fabbriche per questi quattro vaccini selezionati, senza sapere quale funzionerà. Quindi un fattore di rischio che riguarda non solo gli investimenti necessari per arrivare al vaccino, ma anche quelli per costruire delle strutture dove produrre delle dosi sufficienti a coprire il fabbisogno degli Stati Uniti nel più breve tempo possibile. E poi una volta coperta l’esigenza degli Stati Uniti il resto del mondo potrà eventualmente avere accesso a questi vaccini. Ci sono complicazioni non di poco conto anche riguardo a questo aspetto.

Se l'epidemia regredisce l'eventuale futuro vaccino potrebbe diventare superfluo?

"Qui è necessario avere una palla di cristallo molto buona, di quelle di alta qualità: nessuno - conclude l'immunologo Guido Forni - può sapere quale sarà il futuro. E chiunque afferma qualcosa sul futuro di questa malattia lo fa, non dico inventando, ma basandosi su dati molto indiretti. Per molte malattie virali esiste una stagionalità, ci sono malattie tipiche dell’estate e altre tipiche dell’inverno, quelle respiratorie sono più legate ai climi freddi e a un certo tipo di umidità. E’ quindi probabile che l’epidemia progressivamente scompaia e non è detto che il prossimo anno ritorni con molti casi. Però potrebbe invece anche ritornare. E sulla base di questa incertezza si capisce anche che tutte queste compagnie e questi enormi nvestimenti che le nazioni hanno fatto potrebbero rivelarsi non inutili ma spropositatamente grandi per il risultato che si otterrà".

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