SCIENZA E RICERCA

Difficoltà di lettura? Arriva il videogioco

Uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Padova e dell'Irccs "E. Medea" di Lecco e pubblicato sulla rivista Current Biology ha recentemente evidenziato come i videogiochi d'azione siano in grado di migliorare le capacità attenzionali e percettive anche dei bambini dislessici, e di attenuare così il deficit di attenzione visuo-spaziale identificato come una delle cause del manifestarsi della dislessia.

Attraverso uno studio precedente condotto su un gruppo di bambini nell'arco di tre anni, e pubblicato sulla medesima rivista nel maggio del 2012, il team coordinato da Andrea Facoetti, neuropsicologo dell'università di Padova, e composto da Sandro Franceschini, Simone Gori, Milena Ruffino, Simona Viola e Massimo Molteni era giunto alla conclusione che le difficoltà nell’acquisizione delle abilità di lettura, la principale manifestazione della dislessia, possano essere correlate con le capacità di attenzione spaziale visiva dei bambini in età prescolare. La fase successiva e attualmente in corso della ricerca è quella di verificare se intervenire su queste difficoltà consenta di fare passi avanti per prevenire l'insorgere dei disturbi o attenuarne gli effetti.

“Per attenzione spaziale visiva”, spiega Andrea Facoetti, neuropsicologo dell'università di Padova e consulente dell’Istituto di ricerca, “si intende la capacità del nostro sistema visivo di filtrare, nel momento in cui si compie una determinata attività, l’informazione rilevante rispetto a quella irrilevante”, capacità che gioca un ruolo fondamentale quando il bambino impara a leggere. "In questa fase si innesca un meccanismo di 'mappaggio' incrociato che consiste nella trasformazione di stimoli visivi, ossia le lettere, i grafemi, nei suoni corrispondenti, i suoni delle lettere, cioè i fonemi. Perché ci sia l’operazione di mappaggio è però necessario che il bambino, durante l’esplorazione della stringa di lettere che costituisce la parola da decodificare, riesca dapprima a isolare una singola lettera, astraendola dal contesto, attraverso un procedimento visuo-percettivo; tale meccanismo è garantito appunto dal processo dell’attenzione spaziale visiva".

La caratteristica più innovativa di questi studi è qui, nella scelta di concentrarsi sullo studio dei deficit visuo-attenzionali piuttosto che sui disturbi del linguaggio. I ricercatori hanno lavorato su un campione di bambini seguendoli dalla scuola dell’infanzia fino al secondo anno di scuola elementare: il 60% dei casi che in età prescolare avevano dato prova di alcune difficoltà di attenzione e percettive in attività che richiedevano la capacità di astrarre informazioni rilevanti dal contesto finivano per sviluppare forme di dislessia evolutiva.

Questi risultati hanno spinto a effettuare ulteriori ricerche che, intervenendo sui deficit visivi e attenzionali iniziali, potessero dare avvio a programmi non tanto di cura, quanto di prevenzione della patologia. Va in questa direzione l’intuizione di fare ricorso alle abilità sviluppate con utilizzo di alcuni videogiochi per attenuare i deficit percettivi e attenzionali nei bambini dislessici, affiancando le tradizionali terapie basate sull'allenamento di ortografia e fonologia.

“Abbiamo una letteratura scientifica che da almeno 10 anni sostiene che un certo tipo di videogioco, gli action videogames, cambia le capacità attenzionali di percepire gli oggetti, andando ad allenare il circuito fronto-parietale dorsale", sottolinea Facoetti. "Giocando dieci, venti ore a un videogioco d’azione miglioriamo le nostre capacità di discriminazione visiva, riducendo l’effetto di interferenza laterale, e aumentando addirittura la sensibilità al contrasto”. L’équipe dell’università di Padova ha dunque selezionato 20 bambini affetti da dislessia, ognuno dei quali ha effettuato 80 minuti di gioco al giorno, per un totale di 12 ore, nel corso di nove giorni. Sono stati divisi in due gruppi, ciascuno composto da dieci soggetti, completamente bilanciati per difficoltà di lettura, quoziente intellettivo e capacità fonologiche, uno dedicato all’utilizzo di action games, l'altro a videogiochi non action.

Al termine del trattamento si è potuto osservare che i bambini che avevano utilizzato videogiochi d’azione, caratterizzati da stimoli molto veloci e che provengono dalla periferia del campo visivo, si dimostravano in grado di leggere più velocemente. Questo, perché il soggetto che gioca a un action videogame non può prevedere da dove arrivino questi stimoli; il bambino deve colpire bersagli in movimento, coordinando molto velocemente la percezione con l’azione: l'abilità alla base del "mappaggio" incrociato.

Fra i numerosi vantaggi vi è stato anche un alto livello motivazionale da parte dei bambini, che tendono invece a scoraggiarsi nei trattamenti tradizionali basati sull’allenamento alla lettura. Come spiega Facoetti, “un altro punto di forza di questa tipologia di trattamento è il fatto che esso non mette il bambino di fronte al proprio disturbo. II bambino dislessico, per definizione, non vuole leggere ad alta voce perché sa di non essere veloce, per lo più si vergogna quando è chiamato a farlo. È dunque importante allenare una funzione senza sottolineare il disagio del bambino. E un altro vantaggio cruciale è dato dalla possibilità di fare prevenzione; non dobbiamo più aspettare che il bambino impari a leggere per poter iniziare a lavorare su un potenziale disturbo che potrebbe sviluppare”.

Teresa Bovo

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