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I pidocchi del capo colpiscono prevalentemente bambini e bambine, con focolai che si propagano soprattutto nelle comunità infantili, come scuole e asili. La presenza di questi parassiti sul cuoio capelluto causa prurito e, di conseguenza, piccole lesioni della cute, ma non comporta rischi gravi a livello di salute. Tuttavia, è fondamentale individuare tempestivamente l'infestazione per impedirne la propagazione.
Abbiamo approfondito l’argomento con l’aiuto del dottor Cesare Filippeschi, dermatologo pediatrico all’ospedale Meyer di Firenze, il quale precisa, innanzitutto, che i pidocchi non sono in grado di saltare o volare da una testa all'altra. “Per consentire il passaggio del pidocchio è necessario un contatto fisico ravvicinato”, spiega.
L’infestazione può avvenire però attraverso oggetti in stoffa come cappelli, elastici per capelli o cuscini, ma solo se utilizzati immediatamente dopo una persona con pediculosi. “Il concetto è semplice: se si mette un cappello che è appena stato indossato da una persona con pediculosi, allora la trasmissione è possibile”, spiega Filippeschi. “Se invece il capo di abbigliamento non viene usato da giorni, allora non c’è pericolo”. Per lo stesso motivo, non è necessario disinfestare gli ambienti: un pidocchio che cade a terra non sopravvive a lungo.
“Questo parassita vive attaccato al fusto del capello tramite una sostanza gelatinosa”, prosegue Filippeschi. “Si nutre della cheratina e si riproduce attraverso delle uova, chiamate lendini. I pidocchi si localizzano solitamente nella regione nucale (quella all’intersezione con il collo) e in quella laterale delle tempie, preferendo in generale le aree del capo in cui i capelli sono più folti”.
L'intervista al dottor Cesare Filippeschi. Servizio e montaggio di Federica D'Auria
“Il dermatologo può accertare la presenza dei pidocchi con il dermatoscopio, nato originariamente per lo studio dei nei, ma utilizzato oggi per osservare anche lesioni di altro genere”, prosegue Filippeschi. “Questo strumento permette di osservare le lendini e il parassita che si muove sul cuoio capelluto. Comunque, è possibile anche per i non esperti accertare la presenza delle lendini a occhio nudo. Queste appaiono come piccoli puntini dall’aspetto ovoidale, di colore biancastro o trasparente. Si distinguono dalla forfora perché restano attaccate al capello”.
Per liberarsi della pediculosi è necessario lavare accuratamente i capelli con specifici prodotti a base di permetrina. Questa sostanza può causare irritazioni cutanee, un problema che il dottor Filippeschi suggerisce di aggirare lavando la testa il giorno successivo con uno shampoo delicato. “Dopo il trattamento, è importante anche passare tra i capelli un pettine a denti stretti intinto in acqua e aceto per sfilare manualmente le lendini ancora presenti”, continua il dermatologo. “Bisogna dedicare il giusto tempo al trattamento. Non basta applicare la lozione, è importante staccare le lendini a mano e ricontrollare il capo dei bambini e delle bambine per assicurarsi che il problema sia risolto”.
In casi estremi, quando i parassiti si dimostrano resistenti ai farmaci o il trattamento non è stato effettuato correttamente, è possibile ricorrere all’ivermectina, un farmaco da assumere per via orale, usato anche contro altri tipi di parassitosi. “Si tratta, comunque, di un’eventualità piuttosto remota”, rassicura Filippeschi. “Nella maggior parte dei casi, non è necessario ricorrere a questo genere di farmaci. Non c’è alcun bisogno, inoltre, di rasare la testa. Nel caso in cui vengano segnalati casi di pediculosi a scuola, è consigliabile, piuttosto, legare i capelli lunghi in code di cavallo o acconciature simili. Ciò limita in parte il passaggio del pidocchio da una testa all’altra”.

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Il dermatologo nega inoltre l’utilità di trattamenti preventivi. “Non esiste alcuna prova scientifica che gli shampoo o le lozioni antipidocchi in commercio allontanino i parassiti. I prodotti vanno applicati solo quando i pidocchi sono presenti. Perciò, non ha alcuno scopo usare farmaci a base di permetrina su tutti i membri della famiglia, se questi non hanno la pediculosi”.
Filippeschi segnala inoltre un aumento dei casi registrato dagli inizi degli anni Duemila, dovuto probabilmente alle problematiche citate poc’anzi: aumento dei casi di resistenza ai farmaci e superficialità nell’esecuzione del trattamento. “Bisogna effettuare scrupolosamente i trattamenti, senza aver paura di utilizzare i prodotti appositi”, ribadisce il dermatologo. È inoltre fondamentale comunicare l’episodio alla scuola o alle altre comunità infantili, cosicché possano attuare i protocolli per la gestione dei casi di pediculosi e limitare così la propagazione dell’infestazione.
“Non c’è nulla di cui vergognarsi”, afferma Filippeschi. “Non bisogna demonizzare questo problema, che non è indice di poca pulizia. Chiunque può prendersi i pidocchi, se ha avuto un contatto con una persona colpita a sua volta dall’infestazione. Alcune patologie – tra cui la pediculosi e la scabbia – evocano un vissuto antropologico e culturale difficile da debellare. A queste parassitosi sono ancora associati pregiudizi legati, ad esempio, alla frequentazione di ambienti sporchi o alla scarsa igiene personale”. Per questo, conclude il dermatologo, è importante diffondere informazioni corrette rivolte alle famiglie, alle organizzazioni scolastiche e al personale sanitario. Un approccio informato e privo di allarmismi è la chiave per affrontare serenamente il problema e risolverlo in modo efficace.