SOCIETÀ

Crede ai complotti chi si sente escluso dall’arena politica

C’è chi pensa che lo sbarco sulla luna non sia mai avvenuto, ma che si tratti di una simulazione della Nasa e che i cambiamenti climatici altro non siano che una bufala. Altri sono convinti che il fumo non causi il cancro ai polmoni e che l’Aids non sia dovuta al virus dell’Hiv. Stando a un recente studio pubblicato su Psychological Science, alla base di questo atteggiamento di rifiuto della scienza avrebbero un peso significativo le cosiddette teorie del complotto definite come il tentativo di spiegare eventi politici e sociali come una cospirazione segreta da parte di individui o organizzazioni di potere. 

Le teorie del complotto hanno una solida tradizione alle spalle e gli psicologi si dividono nel tentare di darne una spiegazione. Da un lato c’è chi attribuisce questi atteggiamenti a disturbi della personalità, a un atteggiamento paranoide. Ma si tratta di una spiegazione che non soddisfa. “Il fenomeno – spiega Luciano Arcuri, docente del dipartimento di Psicologia dello sviluppo e della socializzazione – ha una natura sociale e manifestazioni collettive che non trovano spiegazione nella patologia del singolo. È plausibile piuttosto che le situazioni di incertezza di fronte a determinati fenomeni o avvenimenti e informazioni poco chiare diano luogo a scelte interpretative di tipo alternativo, alle cosiddette teorie di tipo cospiratorio”. Gran parte della società è impreparata ad affrontare questioni di tipo scientifico, sottolinea Arcuri, e per questo sarebbe importante costruire un bagaglio di competenze, soprattutto nei giovani, che consentano di verificare autonomamente le informazioni in modo empirico. Insomma, che la Coca-Cola sia corrosiva e che esistano fragole geneticamente modificate con il Dna di un pesce artico per mantenerne la freschezza sono leggende metropolitane che troverebbero forza nella mancanza di informazione e nella diffidenza verso il potere. Il risultato? Si cercano spiegazioni alternative e si trovano dietro a cospirazioni che favorirebbero gli interessi dei cosiddetti poteri forti o il guadagno economico di lobby farmaceutiche, bancarie, petrolifere, chimiche che influenzerebbero gli scienziati a sostenere la teoria ufficiale.

Se volessimo allargare per un istante la riflessione dalla scienza alla politica, il risultato non cambia. Richard Hofstader nel suo The paranoid style in american politics sottolineava già nel 1964 come i cittadini propensi a credere nelle teorie cospiratorie, “sentendo di non avere accesso alla contrattazione politica o alla formazione delle decisioni, trovano la loro originale concezione di un mondo del potere onnipotente, sinistro e maligno pienamente confermata”. 

Altre ragioni, stando a Psychological Science, indurrebbero a rifiutare i risultati della scienza. L’ideologia del neoliberismo vede in alcune scoperte una minaccia ai propri interessi e sarebbe dunque incline a sostenere il negazionismo scientifico di alcuni secondo la linea del laissez-faire. La ricerca dimostra che questa tendenza è particolarmente significativa nell’ambito degli studi sui cambiamenti climatici - che avrebbero effetti regolatori anche sui mercati – poiché il settore risulta più politicizzato e coinvolge gli interessi dei produttori di petrolio o carbone. 

In caso di spiegazioni di tipo complottistico, le conseguenze possono essere anche gravi: è il caso ad esempio delle teorie cospiratorie sui presunti rischi dei vaccini che, stando allo studio, avrebbero ridotto i tassi di vaccinazione con conseguenti impatti negativi sul sistema di salute pubblica. A incidere sull’amplificazione del fenomeno anche la Rete, ambiente in cui il singolo trova conferma alle proprie teorie condividendole con la “community”. 

A ben vedere, tuttavia, nelle teorie di tipo cospiratorio manca quasi sempre un elemento essenziale: il movente. A fronte infatti di una ricostruzione dei fatti puntuale e talvolta titanica, fatta di dettagli, note a piè di pagina, bibliografia, manca spesso la ragione per cui uno sforzo del genere dovrebbe essere compiuto. E le informazioni disponibili vengono reinterpretate selettivamente perdendo di vista il quadro generale. In fin dei conti, basterebbe usare il senso comune.

Monica Panetto

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