SOCIETÀ

La scuola del futuro piacerebbe a Rousseau e Montessori

Gli oggetti sono importanti. Definiscono chi li utilizza e l’ambiente in cui vengono inseriti. Così lo zaino per un giovane studente. Ma da dove arriva? Perché viene usato a scuola? “Lo zaino nasce per essere utilizzato dai soldati, dagli alpinisti, dagli escursionisti, dai gitanti…”. Non è mai un accessorio neutro, al contrario, “mette in rilievo, da subito, un’immagine di ambiente inospitale, perché lo zaino è stato inventato per affrontare situazioni disagevoli, se non impervie, desertiche, non antropizzate”. Marco Orsi, insegnante, dirigente scolastico di Lucca e fondatore del progetto Senza Zaino, per una scuola comunità, non ha dubbi: la rivoluzione per una nuova idea di scuola deve partire proprio da lì. Se l’oggetto zaino parla, “allora bisogna andare a vedere bene al suo interno. Da che cosa è fatto tutto quel peso? Quali sono gli oggetti che sopporta la schiena dello studente? La risposta è facile: abbiamo una gran quantità di carta rappresentata da libri di testo, da quaderni e tutta una serie di strumenti come penne, gomme, temperini, matite… Tutta questa carta rischia di puntualizzare un insegnamento che sembra essere contrassegnato dal formalismo e dalla verbosità”. Quindi, che fare? Per prima cosa, togliere lo zainetto dalle spalle dei ragazzi, mandarli a scuola senza pesi e fare in modo che possano trovare tutto ciò che serve direttamente in aula: libri, matite, quaderni, tablet e strumenti tattili. Partendo da questa rivoluzione, un nuovo modo di intendere e fare la scuola sembra essere non solo possibile ma, concretamente, realizzabile.

Senza Zaino nasce, come intenzione e idea, nel 1998 come conseguente riflessione alla Giornata della responsabilità, un’iniziativa di sperimentazione e innovazione nata per promuovere negli alunni, dalle scuole dell’infanzia alle superiori, la responsabilità e l’autonomia in un contesto di valorizzazione della condivisione, di cooperazione e costruzione della conoscenza. “Volevamo tentare di creare un nuovo modello di scuola e abbiamo iniziato a lavorare in questo senso. Agli insegnanti che chiedono di unirsi a noi forniamo un decalogo con gli strumenti per condurre la classe e la scuola verso la visione che ci orienta”, spiega Orsi. Il progetto si concretizza nel 2002 - partendo da Lucca per poi diffondersi nel resto della Toscana e nelle altre regioni - con la creazione del metodo del curricolo globale per le scuole primarie e secondarie di primo grado: “una modalità per comporre, nel miglior modo possibile, tutti i fattori che concorrono alla progettazione dell’offerta formativa”. I punti di partenza sono l’eliminazione dell’oggetto zaino e la costruzione di un ambiente scolastico favorevole (e di tipo ecologico), in grado di eliminare la distanza fisica tra insegnante e alunno in un’ottica di riprogettazione dello spazio e, di conseguenza, della lezione. L’ambiente formativo si trasforma già a partire dagli arredi e diventa ambiente di esperienza: l’allievo è partner del processo di insegnamento e comprensione. Suddividendo la classe in ambienti diversi è possibile lavorare per gruppi d’apprendimento, favorendo così il dialogo e il confronto. L’insegnante si concentra sulle esigenze del singolo studente, dedicando solo a lui un po’ del suo tempo, per poi passare a seguire il lavoro di un altro compagno o di un altro piccolo gruppo. E così via. Viene eliminata la lezione frontale, si trasforma l’ambiente e migliora il rapporto insegnante–alunno, una relazione che ora si fa più stretta, diretta ed esclusiva. L’aula viene riconosciuta come il cuore dell’organizzazione scolastica, creatrice del mondo vitale quotidiano (di cui già scrisse, nel 1961, il filosofo Edmund Husserl), fatto di relazioni, familiarità, amicizia, senso e interazione, in cui pianificare la giornata, attraverso gruppi di lavoro.

Siamo abituati a prendere come esempio d’eccellenza il modello innovativo proposto dalla scuola svedese, pensando che in Italia non possa esistere nulla di simile. La verità è che qualcosa di simile c’è. E da diverso tempo. L’obiettivo è chiaro: “Combattere irrequietezza, demotivazione, disinteresse dei ragazzi e dei bambini, in altre parole il mal di scuola, che ha la sua radice nel non riconoscimento di un’ambiguità che fa sì che la società adulta, e in particolare la scuola, ricerchi (anche se ufficialmente dice il contrario) il loro adattamento piuttosto che la loro libertà”, si legge nel libro-manifesto di Senza Zaino. Alla base pochi e semplici principi, valori capaci di guidare il lavoro quotidiano degli insegnanti e delle scuole che, oggi, aderiscono al progetto: ospitalità, responsabilità, comunità di ricerca. Principi che trovano le loro radici nei buoni esempi e in una lunga tradizione che va “da Rousseau a Montessori, da Bruner a Gardner, e che attende ancora un pieno compimento - conclude Orsi-. Attualmente la nostra rete conta una settantina di istituti in tutta Italia, ma le richieste si moltiplicano. Sempre più scuole si mostrano interessate, abbiamo una lunga lista d’attesa”.

Francesca Boccaletto

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