CULTURA

Lettere da Sarajevo

“È stato più facile correre sotto le granate, che camminare sopra le macerie”, è stato più semplice rischiare la vita, che sopportare di essere sopravvissuti. Vivi, ma comunque vittime degli orrori della guerra. Così parla il poeta Gojko a Gemma, che dopo sedici anni torna col figlio in una Sarajevo ancora segnata dalle cicatrici dei bombardamenti.

Gemma è la protagonista di Venuto al mondo che insieme agli altri personaggi del libro - tra cui il suo amato Diego, “fotografo di pozzanghere”, e Gojko - sembra muoversi lenta nel presente e a rotta di collo nei ricordi, presentati in una serie di flashback incalzanti. Questo vortice di memorie è la cifra inconfondibile di diversi libri di Margaret Mazzantini, l’autrice, oltre a Venuto al mondo (Mondadori, 2008), anche di Nessuno si salva da solo e Non ti muovere. In questi libri i ricordi sono fiumi in piena che straripano e irrompono durante un viaggio, una cena tra ex coniugi, un'operazione chirurgica, stupendo e colpendo il cuore e lo stomaco dei lettori con emozioni che solo un'abile conoscitrice dell'animo umano può regalarci. La cifra distintiva di Venuto al mondo, rispetto agli altri romanzi, è sicuramente quella di misurarsi con temi “maggiori”, quali la guerra che ha devastato la Jugoslavia a inizio anni ’90 e tutto ciò che ha significato, che si concedono meno all'introspezione e che possono sembrare talvolta crudi fino alla brutalità, uno schiaffo al torpore dell'indifferenza.

Proprio da Venuto al mondo è stato tratto il film di Sergio Castellitto, marito della Mazzantini, in questi giorni nelle sale cinematografiche. Entrambi ne hanno curato la sceneggiatura per mantenerla il più possibile aderente al libro, e bisogna dire che la pellicola gli rende perfettamente giustizia, non togliendo nulla, anzi, semmai aggiungendo un quid in più grazie alla presenza di attori di grande valore come Emile Hirsch e Penelope Cruz, attrice molto amata dal regista.

L'attrice di tanti film di Almodovar, ancora una volta nel cast di Castellitto, interpreta il difficile ruolo di Gemma e riesce meravigliosamente a rendere evidente e profondo agli occhi degli spettatori lo straziante travaglio interiore di una donna, ormai madre, che si trova a scoprire, accettare e custodire un segreto nato nella crudeltà della guerra. Gemma infatti è travolta dal suo amore per Diego, dal quale vorrebbe un figlio che abbia il suo sguardo, la sua bocca, i suoi piedi; un “lucchetto di carne” amato e irrinunciabile, capace di legarlo a lei per sempre. Il ventre di Gemma però non è adatto alla vita, i suoi ovuli sono ciechi; sarà un altro ventre, quello di notte e terra e fango della guerra, a generare un bambino. Una guerra che uccide, una guerra che dà nuova vita.

Le scene del film sono accompagnate dalle musiche originali di Arturo Annecchino ed Eduardo Cruz, un insieme di pianoforte e violino che molto ricorda il malinconico gusto di tante musiche balcaniche. Questa musica triste viene però interrotta, stupendo, da suoni bruschi e arrabbiati come quelli dei Nirvana o inserti ironici come “Guantanamera” di Pete Seeger. Sonorità per noi più consuete, un segno di internazionalità che ci rende il film più riconoscibile e vicino. Anche questa volta quindi, dopo Non ti muovere, la coppia Mazzantini-Castellitto conferma le proprie doti nell'enfatizzare il ruolo del sentimento nella vita di tutti noi e indagarne la profondità.

Michela Leggio

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012