SCIENZA E RICERCA

Riscaldamento globale: colpa dell’uomo o dei vulcani?

Cambiamenti climatici dovuti all’effetto dell’uomo? Per Wolfgang Behringer, storico dell’università del Saarland e autore di una Storia culturale del clima (Bollati Boringhieri, 2013), l’attuale surriscaldamento globale non è solo un fenomeno dovuto all’effetto dell’uomo, ma anche dovuto a una minore attività vulcanica.  Anche se supportata da uno studio accurato e da dati statistici dei climatologi, la posizione dello studioso tedesco risulta minoritaria rispetto alla posizione della comunità scientifica internazionale.

Il clima si raffredda in seguito a fenomeni di intenso vulcanismo: eruzioni di grandi vulcani provocano effetti che possono ripercuotersi a decine di migliaia di chilometri di distanza. Le eruzioni maggiori liberano nell’aria una grande quantità di polvere, aerosol e gas che provoca un immediato raffreddamento su scala mondiale. Il Vulcanic Explositivity Index, la scala che misura il potenziale di esplosività dei vulcani, permette di confrontare le esplosioni preistoriche con quelle più recenti. Analisi di carotaggio sul ghiaccio antartico danno una conferma degli effetti delle esplosioni vulcaniche prodotte su scala mondiale.

Per Behringer nel corso della storia tanti sono stati i cambiamenti climatici dovuti a un più o meno intenso vulcanismo. Se i miti dell’età dell’Oro sono veri, nel Neolitico il clima era particolarmente mite: ciò ha portato a intensi scambi culturali. Nel periodo della Roma imperiale il clima era di gran lunga migliore rispetto a oggi: la Germania e la Britannia si prestavano a molti tipi di coltivazioni tra cui la viticoltura, mentre l’Africa settentrionale godeva di un clima particolarmente piovoso, il che rendeva possibile agricoltura in maniera estensiva.

Nel IV-V secolo le condizioni climatiche sono peggiorate nettamente a causa dell’esplosione del vulcano Rabaul in Nuova Guinea. L’Alto Medioevo, infatti, è stato caratterizzato da un periodo di freddo intenso, che ha portato anche gravi catastrofi naturali. Tra il XI e il XIII secolo il clima è migliorato: i vichinghi hanno colonizzato terre oggi completamente avvolte da ghiacci come la Groenlandia e l’isola di Baffin. Dal XIV al XVIII secolo, in seguito a un’intensa attività vulcanica in Asia e in Oceania, l’Europa è stata soggetta a un’epoca di freddo intenso, denominata Piccola era glaciale: molti corsi d’acqua, come il Tamigi e i canali di Venezia, sono stati soggetti a frequenti gelate.

Dal XIX secolo il clima è stato molto più caldo rispetto a quello dei secoli precedenti. Solamente dagli anni Cinquanta gli scienziati si sono interrogati sul surriscaldamento globale e sugli effetti della produzione antropica di gas serra. Nel 1957 il climatologo Charles Keeling aveva effettuato rivelamenti della concentrazione di CO2 nei pressi del vulcano Mauna Loa, situato su un’isola lontana da metropoli e continenti. Lo studioso si era accorto che il livello di anidride carbonica riscontrato, pari a 315 ppm, era più elevato di quanto ci si potesse aspettare. Nel 2005 il livello di CO2 si è innalzato notevolmente fino a toccare 380 ppm. Per Behringer non vanno sminuite le attuali politiche ambientali, ma non vanno neanche attribuiti all’uomo tutti i recenti cambiamenti climatici.

Anche in passato si dava la colpa all’uomo per le catastrofi ambientali. Si riteneva che gli appestati o i suicidi scatenassero l’ira di Dio. Le carestie dovute all’asperità del clima abbassavano le difese immunitarie di molte persone e favorivano la possibilità per i denutriti di contrarre malattie. Purtroppo i malati erano tenuti ai margini della società, perché si riteneva fosse stato Dio a volerli punire. In molti parti d’Europa il clima particolarmente freddo e la mancanza di sole per nove mesi all’anno acuivano disagi psichici sulla popolazione. Lo sterminio di intere famiglie per carestie e per altre calamità portavano depressioni e stati ansiosi ai parenti superstiti, che isolati dalla comunità erano costretti al suicidio. Gli uomini medievali vedevano i suicidi e i malati come peccatori contro natura e emblemi della punizione divina. Si scambiava così l’effetto di un fenomeno con la sua causa: non erano i malati a portare le catastrofi naturali, ma erano le calamità climatiche a portare malattie.

Nel XX secolo si è diffusa l’idea che l’uomo compisse altri tipi di peccati contro la natura: la civiltà industriale, secondo Charles Keeling e Wallace S. Broeker, ha alterato irreparabilmente il labile equilibrio atmosferico mediante ingenti emissioni di gas serra. Secondo l’Intergovernmental Panel on Climate Change del 2001, l’emissione di gas serra nel corso del XXI secolo sarà il quadruplo rispetto a quello di oggi. Un rapporto dello stesso ente, nel 2007, ha stabilito che nel XX secolo le temperature sono state di 0,6° C più elevate rispetto a quelle rilevata nel XIX secolo. Se è vero che l’attuale livello di concentrazione di anidride carbonica è preoccupante, è anche vero che negli ultimi dieci milioni di anni, le temperature sulla Terra sono state abbastanza variabili: si sono abbassate in seguito a ingenti eruzioni e si sono innalzate in seguito a periodi di meno intenso vulcanismo. Negli ultimi duecento anni meno ingenti sono state le eruzioni sul nostro pianeta.  Per Behringer il surriscaldamento globale è un fenomeno del tutto naturale: non porterà danni all’ecosistema e catastrofi ambientali.

Ogni mutamento climatico, per Behringer, ha delle conseguenze per l’ecosistema terrestre, ma i cambiamenti non sono causati dagli esseri umani. Molte specie animali, a causa di questi mutamenti, si estingueranno, ma non per motivi antropici. Secondo Behringer “rispetto alla natura tutti i cambiamenti dell’ecosistema sono neutrali, perché ciò che danneggia una specie offre dei vantaggi a un’altra. Chi vorrebbe ergersi a giudice di questo?”.

A tal proposito mi viene in mente il Dialogo della natura e di un Islandese di Leopardi. All’islandese che si mostra inorridito davanti all’indifferenza della natura per le sciagure umane, la stessa Natura gli risponde: “Tu mostri non aver posto mente che la vita di quest'universo è un perpetuo circuito di produzione e distruzione, collegate ambedue tra sé di maniera, che ciascheduna serve continuamente all'altra, ed alla conservazione del mondo”.

Marco Di Caprio        

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