SOCIETÀ

Scuola elementare: sei nato nel mese giusto?

Se pensate di mandare i vostri figli a scuola in anticipo, considerate che potrebbero avere voti inferiori agli altri e da grandi uno stipendio, pur lievemente, più basso. In Italia sono ammessi alla scuola primaria i bambini che compiono sei anni entro il mese di agosto che precede l’inizio delle attività scolastiche, ma la legge prevede anche l’iscrizione anticipata dello studente che compie gli anni entro il 30 aprile dell’anno successivo. Ciò significa che, nella stessa classe, ci possono essere bambini con molti mesi di età di differenza. Un recente studio condotto dall’Istitute for fiscal studies,When you are born matters: evidence for England, pur con tutte le diversità del sistema scolastico britannico, dimostra che questo scarto di età può penalizzare i più giovani nei risultati scolastici per molti anni.

In Inghilterra l’anno scolastico inizia a settembre, termina ad agosto ed è suddiviso in tre quadrimestri. Le autorità locali hanno larga autonomia in materia e può accadere che, a seconda della zona di residenza, alcuni bambini comincino la scuola tutti lo stesso giorno a settembre dopo aver compiuto i quattro anni e altri, a seconda del mese di nascita (tra settembre e febbraio o tra marzo e agosto) possono cominciare rispettivamente nel settembre o nel gennaio successivi. Per altri ancora, infine, le attività possono iniziare nel quadrimestre in cui fanno i cinque anni. È evidente che al momento degli esami previsti dalla scuola inglese (per tutti nella stessa data) all’età di 5, 7, 11, 14 e 16 anni, i ragazzi hanno alle spalle un bagaglio di esperienze cognitive e di socializzazione differente, che dipende da un lato dall’età, considerato che tra un ragazzo nato a settembre e uno ad agosto ci sono 11 mesi di differenza, dall’altro dall’organizzazione scolastica.

Lo studio dimostra dunque che a sette anni, al momento della seconda delle prove previste dal sistema scolastico britannico, i bambini nati in agosto, e dunque più giovani, hanno il 25% di probabilità in meno di raggiungere i risultati attesi agli esami rispetto ai loro compagni nati in settembre. Il gap si riduce nel corso degli anni, ma rimane comunque significativo ancora intorno ai 16: alla fine della scuola primaria la differenza nei risultati attesi si riduce al 13%, a 16 anni al 6%. Sembra inoltre che i ragazzi nati verso la fine dell’anno scolastico siano più propensi ad avere poca fiducia nelle loro capacità e nelle loro azioni, ad essere iperattivi e ad andare incontro a uno sviluppo socio-affettivo più scarso. Oltre a essere più inclini ad assumere comportamenti a rischio: è probabile, ad esempio, che i più giovani inizino a fumare prima proprio perché inseriti in un gruppo più adulto. Tutto ciò, sottolinea lo studio, potrebbe avere conseguenze al termine della scuola dell’obbligo, quando lo studente deve scegliere l’eventuale percorso da seguire, o inserirsi nel mondo del lavoro. Esistono comunque poche evidenze che il gap continui a sussistere anche in età adulta.

Ma non è finita qui. Uno studio francese pubblicato qualche tempo fa su Revue économique, a firma di Julien Grenet, aggiunge inoltre che a 15 anni più della metà degli studenti più giovani hanno ripetuto l’anno e ciò avviene soprattutto durante la scuola primaria. Esiste, inoltre, per questi ragazzi una maggiore probabilità di diplomarsi in un istituto professionale piuttosto che liceale e questo inciderebbe, sebbene in minima parte, anche sui salari che sarebbero lievemente più bassi, per gli uomini più che per le donne.

Il mese di nascita, sostiene lo studio britannico, non dovrebbe tuttavia penalizzare in termini di rendimento scolastico e benessere psico-fisico gli studenti più giovani e per questa ragione si ritiene necessario un intervento da parte dei politici che possa garantire le stesse condizioni per tutti. In che modo? Consentendo, ad esempio, di affrontare i test alla stessa età, piuttosto che nella stessa data; selezionando le classi non sulla base del mese di nascita, ma delle competenze e abilità. O ancora ponderando i voti, per cui si potrebbe richiedere un punteggio superiore agli “anziani” rispetto agli studenti più giovani per raggiungere lo stesso livello educativo. La valutazione dello studente dovrebbe dunque essere “tarata” in base all’età, così anche i datori di lavoro avrebbero la garanzia di livelli standard di apprendimento.

“Personalmente – sottolinea Lerida Cisotto, docente del dipartimento di Filosofia, sociologia, pedagogia e psicologia applicata dell’università di Padova – sarei prudente nel considerare predittiva l’età dei ragazzi nel rendimento scolastico. La mia esperienza nella scuola primaria e secondaria e numerosi studi dimostrano che l’ambiente in cui cresce il bambino può influenzare lo sviluppo cognitivo e alleggerire i vincoli temporali”. A parità di condizioni socio-economiche, i fratelli maggiori, specie se gli anni di differenza non sono molti, possono influenzare l’apprendimento e allo stesso modo il livello di studi della madre. Le modalità di interazione e gli scambi verbali con la madre, la figura che interagisce con maggiore frequenza con il bambino, possono rendere insignificanti i mesi di differenza. “Già durante la scuola dell’infanzia il bambino cerca il rapporto tra suono e segno e “conosce” la scrittura, sebbene non corrisponda a quella tradizionale. Dal punto di vista cognitivo potrebbe essere pronto per la scuola primaria già a cinque anni e ciò stimola i genitori all’iscrizione precoce”. La raccomandazione è che le famiglie chiedano un parere alle insegnanti della scuola dell’infanzia prima di compiere questa scelta, per evitare che i ragazzi incontrino difficoltà nell’adattamento precoce al percorso didattico. Si deve inoltre valutare la tenuta cognitiva e socio-affettiva del bambino oltre al rapporto tra genitori e figli: è importante infatti verificare che il bambino non venga investito delle aspettative eccessive della famiglia che, spesso, fa la differenza.

Monica Panetto

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