UNIVERSITÀ E SCUOLA

Scuola: sogni (e incubi) della riforma

La carriera degli insegnanti sarà legata a un giudizio sulla loro attività. Non sembrerebbe, in sé, un’affermazione strabiliante: eppure, se attuata sarà una svolta. Sul tentativo di associare la retribuzione dei docenti della scuola a una valutazione del loro operato si sono arenate schiere di ministri. Adesso il piano “La buona scuola”, il progetto Renzi-Giannini per riformare il nostro sistema di istruzione, vuole procedere in questa direzione, benché non sia affatto chiaro il percorso legislativo e regolamentare per attuarlo. Il principio di fondo delle linee guida si basa sul cambiamento dello status giuridico dei docenti, garantendo agli insegnanti un reale dinamismo nei ruoli e nelle carriere con meccanismi diversi da quelli attuali.

Il meccanismo proposto si basa, anzitutto, sull’introduzione dell’obbligo di formazione permanente, i cui contenuti dovrebbero essere definiti, in autonomia, da ogni singolo istituto. Il modello che verrà seguito si baserà su un approccio pratico, legato all’esperienza professionale, in cui protagonisti del sistema formativo saranno proprio insegnanti specializzati, anche in forme associative, che costituiranno poli regionali di riferimento per la formazione in reti di scuole. Oltre che obbligatoria, la formazione diverrà uno degli elementi cardine per l’assegnazione dei crediti ai docenti: sarà infatti in base al punteggio accumulato che gli insegnanti, a intervalli fissi, verranno valutati e otterranno o falliranno la promozione.

Il sistema valutativo di “La buona scuola” prevede tre tipologie di crediti che i docenti dovranno conseguire. I crediti formativi, di cui si diceva, saranno legati non solo ai corsi seguiti ma anche all’attività di ricerca e produzione scientifica, che verranno giudicate secondo parametri da stabilire. I crediti didattici, i più importanti, saranno gli indicatori della qualità dell’insegnamento e dei livelli di apprendimento degli studenti. Infine, i crediti professionali si riferiranno a tutte le attività aggiuntive che i docenti sapranno realizzare per migliorare l’organizzazione, la pianificazione e la capacità progettuale espresse dal singolo istituto. L’insieme dei crediti acquisiti dal docente verrà inserito in un “portfolio” digitale certificato dalla scuola e accessibile da chiunque. L’organismo cui spetterà l’esame dei crediti sarà il nucleo di valutazione interno, i cui compiti e composizione dovranno essere definiti, ma che certamente comprenderà almeno un componente esterno alla scuola. 

In concreto, come cambierà il funzionamento degli avanzamenti di carriera? L’attuale automatismo (un massimo di sei scatti a intervalli fissi legati all’anzianità di servizio) sarà sostituito dagli “scatti di competenza”. Allo stipendio base (che dovrebbe rimanere immutato) si aggiungeranno due componenti. La prima sarà eventuale e variabile: una quota integrativa che ogni anno potrà essere attribuita dal dirigente ai docenti che abbiano svolto ore in più o progetti specifici, e che sarà finanziata dal preesistente Fondo per il miglioramento dell’offerta formativa. La seconda componente è quella, stabile e predeterminata, dei nuovi scatti stipendiali. Ogni tre anni, l’intero corpo docente della scuola italiana si sottoporrà a una valutazione (che sarà contemporanea per tutti). Il giudizio si baserà sul numero di crediti acquisiti da ogni docente nel triennio precedente: i due terzi dei docenti con il punteggio migliore matureranno lo scatto di retribuzione, mentre il rimanente terzo rimarrà con lo stipendio invariato. L’aumento di stipendio sarà sempre lo stesso ogni volta che si conseguirà uno scatto: “La buona scuola” ipotizza un importo intorno ai 60 euro netti mensili. Questo significa che un docente che passi tutte le selezioni triennali si troverà ad avere dopo tre anni 60 euro al mese in più, dopo sei anni 120, dopo nove anni 180 e così via. Nel corso della propria carriera, un insegnante che superi positivamente tutte le valutazioni potrà maturare un massimo di 12 scatti in 36 anni di servizio, pari a un aumento di 720 euro netti al mese rispetto allo stipendio base. Un risultato che, secondo il piano del governo, dovrebbe permettere ai migliori docenti di arrivare, a fine carriera, a poco meno di 9.000 euro annui netti in più rispetto allo stipendio di base, superando di circa 2.000 euro annui il massimo livello di stipendio previsto nel vecchio sistema; inoltre gli intervalli tra uno scatto e l’altro si ridurranno drasticamente rispetto a oggi (attualmente gli scatti automatici avvengono al nono, 15esimo, 21esimo, 28esimo e 35esimo anno). In sintesi, gli stanziamenti a disposizione per gli scatti dei docenti rimarranno, complessivamente, invariati, ma cambieranno i ritmi e le modalità con cui verranno distribuiti: mentre i docenti che passeranno tutte o la maggior parte delle valutazioni conseguiranno un sensibile incremento della retribuzione rispetto al sistema attuale, gli insegnanti con molte “bocciature” saranno economicamente penalizzati.

Il nuovo sistema degli “scatti di competenza” entrerà a regime nel 2018, anno in cui si svolgerà la prima maxivalutazione e in cui i due terzi dei docenti matureranno il primo avanzamento. Questo perché il piano prevede che le 148.000 stabilizzazioni dei precari avverranno a settembre 2015, all’inizio del nuovo anno scolastico: questi docenti quindi matureranno l’anzianità triennale proprio nel 2018. Andrà peggio a coloro che saranno assunti nel 2016 e 2017, come i 40.000 vincitori del concorso a cattedre che dovrebbe essere bandito nella prossima primavera: questi insegnanti, a causa dell’insufficiente anzianità, non potranno concorrere alla valutazione del 2018 e dovranno attendere quella successiva, nel 2021. Allo stesso modo, in futuro, ogni docente neoassunto dovrà aspettare al massimo cinque anni per la prima valutazione, mentre nel prosieguo della carriera verrà valutato ogni tre anni.

Il nuovo sistema prevede una fase transitoria, con un regime particolare per i docenti già di ruolo all’entrata in vigore della riforma. Gli insegnanti alle soglie dell’uscita dalla scuola (con almeno 33 anni di servizio e cui mancano meno di 3 anni per la pensione) manterranno i vecchi scatti automatici per l’intera carriera. Per i docenti in servizio verrà conservato lo stipendio maturato con il vecchio meccanismo fino all’1 settembre 2015, data a partire dalla quale si vedranno applicare il nuovo sistema. Per quanto concerne invece i docenti che entreranno in ruolo dopo l’entrata in vigore del nuovo sistema, la loro carriera maturata durante il precariato verrà riconosciuta secondo il meccanismo previgente fino all’1 settembre 2015, mentre da quel momento in poi anch’essi dovranno adeguarsi ai nuovi “scatti di competenza”. 

La valorizzazione degli insegnanti verrà completata con alcune nuove opportunità. Tra queste è da citare la figura del “docente mentor”, con compiti aggiuntivi di formazione, valutazione e organizzazione in collaborazione con il dirigente scolastico; selezionato dal nucleo di valutazione tra i docenti con il miglior punteggio conseguito in più valutazioni triennali, rimarrà in carica un triennio, sarà rinnovabile e riceverà un’indennità di posizione. 

Tutto questo, naturalmente, deve essere trasformato da “linee guida” in leggi, regolamenti e circolari che dovrebbero essere approvate nei prossimi mesi, con gli inevitabili emendamenti, ritardi e cambiamenti inevitabili in un percorso così complesso.

Martino Periti

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