L'ultimo dei tanti allarmi sociali (e social) a proposito dei giovani è quello che vorrebbe il 51% di loro incapace di comprendere un testo scritto.
In realtà non è così, ma andiamo in ordine e vediamo da dove viene fuori questa notizia: a lanciarla non è uno dei soliti siti clickbait, ma il presidente di Save the Children Italia durante l'inaugurazione dell'evento Impossibile 2022.
In realtà se si legge il report pubblicato dall'associazione in occasione dell'evento viene fuori che si parla delle competenze matematiche, più che di quelle linguistiche.
Come spiega Pagella Politica, tra l'altro, non si parla nemmeno della fascia di età dei 15enni, ma di quella tra i 18 e i 19 anni, interessati da quella che è la "dispersione scolastica implicita" citata dal presidente di Save the Children che va a individuare le persone che hanno concluso il regolare ciclo di studi ma che non raggiungono le competenze minime previste dalle prove Invalsi per italiano, matematica e inglese. Questa percentuale, però, non si avvicina neppure lontanamente al 51% ma è del 9.5% nel 2021. Sicuramente si può migliorare, specie considerando che parliamo di un aumento del 2.5% dal 2019, ma numeri alla mano il quadro è molto diverso.
Se poi vogliamo parlare di 15enni, c'è un altro rapporto che restituisce il dato: secondo il rapporto Ocse-Pisa, indagine gestita dallo stesso Invalsi, relativo al 2018, infatti, la percentuale di studenti di quell'età che hanno gravi difficoltà nella comprensione di un testo scritto è del 23%. Da rilevare anche che, tra le altre cose, "avere gravi difficoltà" non significa "non essere capaci di", come dichiarato da alcuni organi di stampa: sfumature? Probabilmente quel 23% di studenti interessati non sarebbe d'accordo.
Ma allora dove salta fuori quel 51%? Qui c'è un equivoco terminologico su ciò che si intende per "risultato adeguato" e "incapacità di comprendere un testo".
I risultati degli invalsi prevedono cinque livelli: il livello 1 riguarda quegli studenti che effettivamente non sono in grado di comprendere un testo scritto, mentre il livello 2, pur essendo considerato un risultato insufficiente, non restituisce una visione così drammatica: lo studente forse non comprende nel dettaglio l'intero testo, ma una buona parte sì. Il 51% risulta invece dalla somma dei livelli 1 e 2 ma, come abbiamo ricordato, non si riferisce neppure alle conoscenze linguistiche, ma a quelle matematiche.
Quella che a tutti gli effetti possiamo definire bufala è il frutto di alcune tendenze che si possono osservare ormai da anni: quella di utilizzare i dati in modo creativo, per usare un eufemismo, quella di lanciare allarmi in ottica di clickbait e quella di abbandonarsi a un'esagerazione sistematica dei problemi della scuola italiana. Ne parliamo con Tiziana Metitieri neuropsicologa clinica dell'ospedale Anna Meyer di Firenze.
Servizio di Anna Cortelazzo e montaggio di Elisa Speronello
Metitieri sottolinea come ci sia un problema di gestione delle informazioni a partire da dati non corretti. Quando viene diffuso su quasi tutta la stampa nazionale un dato sbagliato, questo rimane nella memoria nonostante le smentite successive, che tra l'altro fanno molto meno rumore e rischiano di passare sotto silenzio da più parti: "Ormai - dichiara Metitieri, è quasi una settimana che viene ripetuta questa notizia. Quello che ci ricorderemo nei prossimi giorni sarà questo 51%, nonostante la smentita. Perché il fatto stesso di averla ripetuta centinaia e centinaia di volte, di averla sentita ripetere anche negli articoli che poi la smentivano ne fa una verità. Noi più avanti ci ricorderemo che il 51% dei ragazzi non comprende un testo: rimane questo nella nostra memoria, perché è l'effetto di come funziona la comunicazione psicologica, chi si occupa di comunicazione studia anche questo effetto di illusione della verità. Una cosa suona vera semplicemente perché l'abbiamo letta tante volte. Siamo stati esposti così tanto a questa notizia che diventa per noi più probabilmente vera di un'altra che non abbiamo visto, semplicemente per il fatto di esserci stati esposti, e questo accade anche se poi scopriamo che non è vera".
Spesso tra l'altro, dopo le sacrosante smentite, si cerca di giustificarsi appigliandosi dove si può e dicendo, in sostanza: "Ok, non parliamo del 51%, ma è vero che molti giovani non comprendono un testo scritto". E lo scollamento dai dati, pubblici e consultabili, è completo.