UNIVERSITÀ E SCUOLA

Studenti stranieri: la burocrazia li allontana dall’Italia

Stimata per il livello di corsi universitari, ma non abbastanza attraente per desiderare di rimanervi: è questa la fotografia dell’Italia secondo l’ultimo rapporto dellEuropean migration network (Emn), focalizzato soprattutto sulla presenza di studenti non comunitari in un Paese che al 2012 accoglie appena 79.731 stranieri tra iscrizioni all’università e a corsi post-lauream.

Crolla insomma l’intenzione di restare in Italia dopo la laurea: dal 2005 al 2012 la percentuale di studenti pronti a cercare un lavoro dopo la fine del ciclo di studi è scesa di 14 punti. Secondo l’International student survey (questionario sottoposto a 1.200 studenti stranieri condotto dall’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali del Cnr) se prima del 2005 la percentuale di stranieri disposti a rimanere in Italia era pari al 47,7%, tra il 2011 e il 2012 il numero si è ridotto al 33,4%.

Intenzione di restare in Italia dopo la laurea in funzione dell'anno di arrivo nel Paese (%). Fonte: International Student Surbey Emn Italy-Cnr-Irpps-Idos

Due i motivi dietro a questa diminuzione netta: da una parte, per gli studenti non Ue, le notevoli difficoltà burocratiche che si incontrano per la permanenza in Italia al termine del permesso di soggiorno per motivi di studio. Dall’altra, l’intrinseca difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro dopo il conseguimento della laurea. “Il numero contenuto di studenti internazionali in Italia - si legge nello studio - non va attribuito a problemi del sistema universitario stesso, ma al fatto che gli sbocchi professionali per i laureati in Italia sono limitati. È risaputo, infatti, che chi sceglie di frequentare gli studi all’estero lo fa prevedendo poi di restare nel Paese dove conseguirà il titolo”. Ma l’Italia è in controtendenza, complice anche, negli ultimi anni, il pesante impatto della crisi economica e occupazionale che sta colpendo il Paese.

I numeri. Gli studenti internazionali sono 1,7 milioni nei paesi della Ue: 550.000 in Gran Bretagna, 250.000 in Germania e Francia e, come già detto, quasi 80.000 in Italia, dove l’incidenza rispetto alla popolazione totale accademica è  particolarmente limitata rispetto al resto dell’Europa.

Presenza effettiva di studenti stranieri iscritti nel sistema nazionale di istruzione superiore e nelle università straniere operative in Italia, a.a. 2011-2012. Fonte: Emn Italia, elaborazioni su dati Miur e altre fonti   Non Ue Ue Tot. stranieri
Iscritti università 51.947 14.451 66.398
Afam 4.380 859 5.263
Post-lauream 5.980 2.114 8.084
Totale università italiane (sono inclusi I figli degli stranieri residenti in Italia) 62.307 17.424 79.731
Università americane (stima Aacupi) nd nd 20.000
Stima università pontificie nd nd 10.000
Stima tot. univ. italiane + straniere nd nd 110.000

Ogni anno nella realtà universitaria italiana si trova un cittadino straniero ogni 22 immatricolati, 1 ogni 26 iscritti complessivi all’università e 1 ogni 34 laureati (oltre 8.000 all’anno). I non comunitari sono la maggioranza con oltre 62.000 studenti iscritti con preferenze particolari per i corsi di economia, ingegneria e medicina. Il rapporto sottolinea le difficoltà legate al mancato possesso della cittadinanza, ostacolo che frena anche i figli degli immigrati residenti in Italia che si iscrivono all’università dopo aver ottenuto il diploma (il 31% degli iscritti stranieri).

Ma sullo studente che arriva dall’estero pesano comunque altri aspetti burocratici che rallentano l’iter per l’iscrizione e la permanenza in Italia: le difficoltà per ottenere il permesso di soggiorno, il complesso meccanismo di riconoscimento dei titoli di studio conseguiti all’estero, lo scarso numero di borse di studio erogate e la mancanza di residenze universitarie (i posti letto sono pari al 2,8% della popolazione universitaria). Il rapporto segnala anche le difficoltà legate alla scarsa conoscenza della lingua italiana e alla limitata diffusione di corsi in lingua inglese. Il rapporto conclude “intimando” all’Italia di fare più sistema, configurandosi come “più attrattiva anche a livello professionale e presentandosi più attrattiva per una maggiore quota di studenti internazionali che hanno completato qui la loro carriera”, invece di farli rimpatriare a beneficio dei soli Paesi d’origine.

Una scelta quasi obbligata, visto che per l’Emn gli stranieri arriveranno ad avere un peso notevole tra gli iscritti all’università: l’aumento non riguarderà solo i figli degli stranieri residenti, ma anche quelli venuti appositamente dall’estero e che, attualmente, spendono in Italia oltre 711 milioni di euro, pari allo 0,5 per mille del Pil italiano. Troppo poco, forse, per meritare una maggiore attenzione.

Mattia Sopelsa

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