SOCIETÀ

Una nuova ondata migratoria dall'Italia alla Germania?

Circa un anno fa, la Frankfurter Allgemeine Zeitung, una delle testate tedesche più importanti, parlava di Krisenflüchtlinge, rifugiati della crisi, riferendosi ai numerosi giovani italiani, greci e spagnoli in arrivo in Germania dai paesi più colpiti dalla recessione. Effettivamente, passeggiando per Berlino fuori dai circuiti turistici, capita quasi ogni giorno di sentire parlare italiano, spagnolo o, ultimamente sempre più spesso, greco. Da giovane italiano immigrato nella capitale tedesca, inoltre, è impossibile ignorare la presenza di tanti altri connazionali nelle stesse condizioni.

Per quanto riguarda gli italiani, comprendere le esatte dimensioni del fenomeno, però, resta difficile, perché solo una minoranza dei giovani da poco trasferitisi in Germania si iscrive all'AIRE, il registro degli italiani residenti all'estero. Per avvicinarsi alla realtà dei fatti si possono consultare i dati dell'Arbeitsagentur (Agenzia del lavoro tedesca), che confermano, effettivamente, un aumento dei lavoratori italiani impiegati in Germania da 178.196 nel 2009 a 189.299 nel 2011. Anche per quanto riguarda la capitale, i dati diffusi dall'Amt für Statistik Berlin-Brandenburg (Ufficio di Statistica di Berlino e del Brandeburgo) confermano una tendenza in crescita: gli italiani domiciliati a Berlino (18.261 a giugno 2012) sono aumentati nel primo semestre di quest’anno del 10,4% rispetto al 2011 e sono il 3,8% della popolazione cittadina.

Le storie di ognuno, però, sono diverse e riflettono una moltitudine di esperienze, motivazioni e background differenti. Se spesso hanno in comune la ricerca di un miglioramento, di un qualcosa che in Italia non si è riusciti a ottenere, solo raramente sono storie di successi ottenuti tutti in discesa.

C'è chi ha sempre avuto una sorta di esterofilia innata e ha deciso di ricominciare tutto da capo oltre i confini nazionali, come Elena Sironi, 31 anni, laureata in giurisprudenza a Milano. “Vivo a Berlino da circa due anni e mezzo”, racconta. “Ho sempre avuto una predilezione per il viaggio e la conoscenza delle lingue. A gennaio del 2010, dopo l’ennesimo stage a Milano, ho iniziato a cercare lavoro anche in Germania. Mi ha contattato un'agenzia di lavoro interinale per un posto in un call-center a Berlino. Non ci ho pensato due volte, sono salita su un aereo e ho superato il colloquio. Certo, con una laurea in legge accettare una posizione in un call-center può sembrare una pazzia. A me è sembrata, invece, un’occasione per affermare la mia indipendenza: finalmente uno stipendio, una casa, soldi; pochi, ma sufficienti per vivere e divertirmi. Ho lasciato l’Italia, all’inizio pensavo temporaneamente; ora non so, ma sono contenta della mia scelta. Il call-center è stato un punto di partenza, ora lavoro come organizzatrice di eventi, ho migliorato la conoscenza del tedesco e i miei progetti qui si stanno ampliando. Ho lasciato Milano senza rimpianti, dall'Italia mi sono sentita non accolta e lasciata a me stessa. Qui a Berlino mi sento una cittadina europea accolta. La burocrazia e la lingua sono ostacoli da superare giorno dopo giorno, ma qui essere determinati è sufficiente per incominciare a pensare al proprio futuro”.

Anche Manuela Benigni, 33 anni, attualmente impiegata nell'ufficio vendite di un'azienda tecnologica a Karlsruhe, ci racconta di essersi trasferita all'estero perché le è sempre piaciuto viaggiare e conoscere posti e culture nuove. “Dal 2005 vivo fuori dall'Italia”, spiega, “prima a Londra e dall'inizio del 2010 in Germania. La fatica nella quotidianità, la voglia di cambiare e un pizzico di fortuna mi hanno portato a trasferirmi a Francoforte, dove ho trovato un posto di lavoro migliore dei precedenti. La Germania non è stata semplice, forse perché ho iniziato qui con qualche anno in più rispetto alle mie prime esperienze all'estero e anche nell'ambiente di lavoro la gente, in età un po' più avanzata, non si è mostrata molto aperta e disponibile all'incontro. Ciò che in Germania è meglio dell'Italia sono le opportunità lavorative e gli stipendi, l'organizzazione e le regole che la gente qui rispetta, facendo funzionare meglio le cose. Ci sono anche aspetti peggiori rispetto all'Italia, come la mancanza di flessibilità, la freddezza di carattere e la rigidità nel fare le cose”.

C'è anche chi ha scelto di venire in Germania seguendo quasi esclusivamente esigenze legate alla propria carriera, come Sara Confalonieri, 30 anni, dottoranda e collaboratrice scientifica all'Università di Wuppertal. “Sono arrivata in Germania dieci mesi fa” - spiega - “qui ho trovato un modo di finanziarmi durante il mio ultimo anno di dottorato. Sto finendo il dottorato di ricerca in storia della matematica che ho iniziato all'università di Parigi 7. Poiché in Francia il finanziamento dura solo per i primi tre anni, all'inizio del quarto anno ho dovuto cercare un'alternativa. Ora lavoro su un progetto di storia dell'insegnamento della matematica all'università di Wuppertal, in parallelo alla mia tesi. Sono andata all'estero durante l'ultimo anno di università e quando ho intravisto la possibilità di continuare e sono riuscita a ottenerla, sono rimasta. Continuo a seguire le possibilità che mi si offrono, ed è triste non trovarne in Italia. Tornando per convegni e conferenze, mi sono accorta che quello che manca soprattutto è l'interesse verso chi inizia una carriera universitaria (beninteso eccetto casi particolari), o forse la mancanza di interesse deriva dalla mancanza di fondi. Quindi mi impegno più che posso a studiare il tedesco”.

Simone Sciuto, 29 anni, una laurea in Ingegneria Aerospaziale al Politecnico di Milano, ha avuto diverse esperienze lavorative in compagnie aeree in Italia, prima di essere contattato da una ditta di Amburgo che lavora per conto di Airbus. Riguardo alla sua esperienza spiega: “È stata un'opportunità che non mi sono lasciato sfuggire in quanto professionalmente e contrattualmente molto più solida e gratificante dei contratti avuti fino ad allora in Italia. Del metodo lavorativo tedesco, trovo formidabile il trattamento del dipendente: certamente molto responsabilizzato, ma anche gratificato, agevolato e considerato, sia per quanto riguarda le esigenze lavorative che quelle personali”.

Giulia Lombardi, 28 anni, viene da Torino, e oggi vive a Monaco di Baviera dov'è assistente universitaria. Ha lasciato l'Italia già dopo la maturità, per trasferirsi in Francia, a Lione, dove ha passato i suoi primi anni di studio. “Sono venuta a Berlino” - racconta - “con l’Erasmus. La città mi è piaciuta talmente tanto che non sono voluta più tornare indietro. Purtroppo, però, Berlino è una città che non offre prospettive concrete per il futuro e dopo avere cercato per quasi un anno inutilmente un lavoro che corrispondesse al mio profilo di studi (ho una laurea tedesca in lettere), sono stata obbligata a cercare lavoro anche altrove ed è così che sono finita a Monaco di Baviera. Berlino è la città ideale per gli studenti, perché è un posto nel quale si può vivere bene anche con pochi mezzi, ma è meglio orientarsi altrove se si tratta di cercare un lavoro serio”. Per descrivere come si sente da immigrata italiana in Germania dice: “in alcune situazioni pratiche mi manca senza dubbio la flessibilità mentale degli italiani, quel 'sapersi arrangiare' inconcepibile per i tedeschi. Soprattutto, però, mi manca parlare la mia lingua nelle situazioni quotidiane”.

Anche Claudia Carini, 28 anni, si è trasferita a Berlino per concludere i suoi studi dopo un Erasmus in quella città. Lei, però, dopo aver preso la laurea tedesca ha deciso di tornare in Italia. “Nel 2011 ho deciso di rientrare in Italia, abbastanza convinta, a Milano. Un timing pessimo, una mossa forse controcorrente, tuttavia una scelta ragionata. Berlino è la città perfetta per studiare, per fare esperienze di stage (spesso non retribuiti) e vivere con poco. Non è, a mio parere, la meta più indicata se si cerca lavoro sul serio. Qui a Milano ho attualmente un posto da precaria, ma non rimpiango la mia scelta. Se un domani dovessi lasciare nuovamente il mio paese, opterei per una città con maggiori opportunità lavorative, come Monaco o Zurigo”.

Esiste una serie di professioni, come lo scrittore, il giornalista o il traduttore, per cui non si può o non si vuole uscire completamente dal mercato del lavoro della propria lingua madre. Per questo, e grazie a Internet, non manca chi vive e lavora a metà tra l'Italia e la Germania. Non va poi dimenticato, nel tentativo di tracciare le caratteristiche della migrazione dei giovani dall'Italia alla Germania, che Berlino gode attualmente di una vera e propria fama come capitale delle tendenze del momento, che spinge alcuni giovani a recarvisi con un'immagine un po' idealizzata della città e delle possibilità che può offrire. Come ci ricordano alcune delle testimonianze precedenti, Berlino fa caso a sé e non rispecchia molto l'immagine tedesca di motore dell'economia europea: presenta infatti un tasso di disoccupazione dell'11,4%, il più alto in tutta la Germania (6,5%). Ciononostante, la comunità di giovani italiani a Berlino continua a crescere, e negli ultimi anni sono aumentati anche i blog di informazione creati dagli italiani e destinati ai loro connazionali; quest'anno è nata anche una testata online per italofoni. A spingere i giovani italiani in Germania, infine, non sono solo le motivazioni pratiche come il lavoro, ma ce ne sono anche di più astratte come la voglia di vivere in un paese meno dominato dagli stereotipi di genere e dall'omofobia, più attento all'ambiente e alla gestione consapevole del territorio, più europeo.

Marco Salsi

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