SOCIETÀ

La Germania e il posizionamento politico e costituzionale della destra più estrema

C’è un gran fermento nella politica in Germania, con tensioni che si sommano a preoccupazioni crescenti per la “tenuta” di uno dei paesi-cardine dell’Unione Europea. E non soltanto per le difficoltà, del tutto inedite, che si è trovato ad affrontare Friedrich Merz, leader della Cdu e nuovo cancelliere, tradito martedì scorso nel primo voto al Bundestag da un manipolo di franchi tiratori, salvo poi conquistare l’elezione al secondo voto, nel giro di poche ore (per lui la strada è comunque in salita). Ma soprattutto per la questione, che resta di enorme attualità per l’intera Europa, del posizionamento istituzionale e costituzionale nei confronti dei partiti della destra più estrema. 

Perché se prima era un fondato sospetto, ora è praticamente una “certezza”, prendendo per buoni i risultati del rapporto stilato dai servizi segreti tedeschi (e non ancora completamente divulgato): Alternative für Deutschland, il partito della destra radicale che tanti successi continua a riscuotere nell’elettorato (20,8% alle ultime elezioni, secondo partito dietro la Cdu) è equiparabile a “un’organizzazione estremista” che propone posizioni “incompatibili con la democrazia”. Dunque, è il suggerimento dei servizi tedeschi, AfD dev’essere considerato “un pericolo per il paese”. Il giudizio in sé non comporta una squalifica automatica per il partito guidato da Alice Weidel e Tino Chrupalla: ma consente ai servizi di sicurezza dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione (Bundesamt für Verfassungsschutz, BfV), di rafforzare la sorveglianza su quella che ormai è la principale forza di opposizione in Germania. I leader di Alternative für Deutschland hanno reagito rabbiosamente definendo il provvedimento “un grave colpo alla democrazia” e citando in giudizio lo stesso Ufficio federale, con una procedura d’urgenza che sarà esaminata presso il Tribunale amministrativo di Colonia. 

Il tema, com’è facile intuire, è di enorme portata e non si limita ai confini della Germania, visto che partiti assimilabili ad Alternative für Deutschland si trovano ovunque in Europa, dalla Francia all’Italia, dalla penisola iberica al caso attuale della Romania, per non dire dell’attuale amministrazione degli Stati Uniti e dellendorsement pre-elettorale lanciato da Elon Musk lo scorso dicembre (“Solo l’AfD può salvare la Germania”). Partiti, o più in generale “movimenti”, che ovunque hanno preso sempre più slancio, esaltati dai risultati elettorali, incitati dai loro stessi seguaci a estremizzare ancor di più la loro retorica razzista, xenofoba e islamofobica contro gli immigrati, contro le minoranze, contro il rispetto delle eguaglianze sociali e religiose. Magari, come hanno fatto in tempi recenti esponenti di AfD, partecipando a incontri segreti con neonazisti e ricchi imprenditori per pianificare la deportazione di massa di richiedenti asilo e di cittadini tedeschi di origine straniera, applicando il concetto di “remigrazione”, vale a dire il ritorno forzato degli stranieri nei loro paesi d’origine.

I confini della democrazia

L’argomento non è da poco e si può riassumere nella seguente domanda: può una democrazia ritenersi compiuta se nega a una parte, pur “sgradevole”, di competere a livello elettorale? Se quella parte possa essere “squalificata” per decreto privando i cittadini (anche molti cittadini) della possibilità di scegliere una formazione politica che rappresenta il loro pensiero? I leader di Alternative für Deutschland, Alice Weidel e Tino Chrupalla, hanno definito la diffusione del rapporto “un grave colpo alla democrazia tedesca” e hanno accusato l’Ufficio per la protezione della Costituzione (BfV) di aver “criminalizzato pubblicamente” l’AfD in un momento cruciale per il Paese: “Continueremo a difenderci legalmente da questa diffamazione che mette a rischio la democrazia”, hanno dichiarato. Ma c’è un’altra domanda che dovrebbe essere posta con altrettanta forza: ci sono dei confini da rispettare (morali, etici, giuridici) per essere ammessi a “giocare” all’interno del perimetro democratico? La replica, affidata ai due vicepresidenti del BfV, Sinan Selen e Silke Willems, tocca proprio questo punto: “Quel partito ignora la dignità umana”, sostengono. E la dignità umana è uno dei tre cardini della Legge fondamentale tedesca, insieme al principio democratico e allo Stato di diritto. Poi hanno precisato meglio: “La concezione etnica e genealogica del popolo che prevale in quel partito non è compatibile con l’ordinamento democratico liberale. AfD non considera i cittadini tedeschi con una storia migratoria, provenienti da Paesi a maggioranza musulmana, come membri uguali del popolo tedesco”. 

Sull’argomento la Germania, anche per ragioni storiche, è particolarmente sensibile. Il presidente della Baviera e leader della CSU (partito di centrodestra), Markus Söder, è stato netto: “Non c’è spazio per i nemici della democrazia”. Mentre il ministero degli Esteri tedesco, con un’inusuale nota pubblicata sul suo account X, ha scritto: “Abbiamo imparato dalla nostra storia che l’estremismo di destra deve essere fermato”. Ma diverse voci si sono levate anche in difesa di Alternative für Deutschland, e del suo “diritto” di competere alla pari con le altre formazioni politiche. Da quelle internazionali (Orbàn, Musk, perfino il segretario di stato americano Marco Rubio, che ha definito la decisione sull’AfD come un atto di “tirannia travestita da democrazia”) a quelle interne, con l’ex cancelliere Olaf Scholz a predicare prudenza (“Sono contrario alle decisioni rapide. Dobbiamo analizzare attentamente tutti gli aspetti”). Mentre diverse associazioni stanno pianificando manifestazioni a livello nazionale, per domenica prossima, 11 maggio, per chiedere la messa al bando del partito

Certo è che negli ultimi tempi un numero crescente di cittadini tedeschi ha espresso paura, per la tenuta della democrazia e della pace. Secondo un recente sondaggio condotto da YouGov, in collaborazione con l’Istituto SINUS, il 64% degli intervistati ritiene che la propria democrazia sia minacciata, mentre il 59% teme lo scoppio di una terza guerra mondiale. Mentre da un punto di vista “politico” i maggiori timori si trovano agli estremi: il 62% degli intervistati individua nella destra il principale pericolo, mentre di contro il 47% teme una radicalizzazione nei partiti più a sinistra. “Non c’è dubbio che l’AfD sia il più grande pericolo per la democrazia, e anche per la pace interna, in Germania”, sostiene Matthias Quent, professore di sociologia e presidente del consiglio di amministrazione dell’Istituto per la cultura democratica dell’Università di Scienze Applicate di Magdeburgo-Stendal, intervistato da Tagesschau, il programma di notizie più seguito della tv tedesca. “Ciò che ora è particolarmente enfatizzato è questo nazionalismo völkisch - cioè l’idea che l’appartenenza alla Germania possa essere stabilita solo sulla base dell’origine etnica. Questo è ciò che rappresenta l’estremismo di destra nella tradizione del nazionalsocialismo. E il grande movimento migratorio del 2015-2016 è stato un punto di svolta decisivo”. 

Lo “scoglio” della messa al bando

Bisognerà ora capire come potrà essere affrontato e gestito il “problema AfD”. Un’eventuale procedura di “messa al bando” del partito è estremamente complessa: governo e Parlamento possono richiederla (una mozione è attualmente ferma al Bundestag), ma la decisione finale spetterebbe comunque alla magistratura (nello specifico alla Corte costituzionale federale). Ma di per sé le parole, o gli “atteggiamenti”, non bastano a giustificare un divieto. Come spiega l’articolo 21 della Legge fondamentale tedesca: “I partiti, che per le loro finalità o per il comportamento dei loro aderenti mirino ad attentare al libero e democratico ordinamento costituzionale o a sovvertirlo o a mettere in pericolo l’esistenza della Repubblica Federale di Germania, sono incostituzionali”. Non parole, ma atti, fatti concreti. Nella storia della Repubblica Federale di Germania i divieti “di partito” sono stati applicati solo in due occasioni: una volta contro il Partito Socialista del Reich (SRP) nel 1952 e l’altra contro il Partito Comunista di Germania (KPD) nel 1956. E se accadesse anche per Alternative für Deutschland? “Se dovesse essere imposto un divieto, i deputati dell’AfD nei parlamenti statali e nel Bundestag di Berlino perderebbero immediatamente i loro mandati e i beni del partito verrebbero confiscati”, spiega Ursula Münch, politologa, interpellata dalla tv svizzera SRF. “Il partito verrebbe sciolto in tutti i suoi rami. E fino alla fine delle rispettive legislature nei parlamenti, i seggi dei deputati dell’AfD rimarrebbero vuoti. È verosimile che ci sarebbero tentativi di fondare un nuovo AfD con un nome diverso”.

Ma il tema, com’è evidente, va ben oltre l’attualità. Come spiegava pochi giorni fa Christian Nitsche, caporedattore della radio BR24: “La Germania non è mai stata in grado di spogliarsi completamente dell’ideologia disumana dei nazisti. Ancora oggi il nazionalsocialismo viene deliberatamente banalizzato politicamente”. E a sostegno della sua tesi ricorda quando, nel 2018, il presidente del partito e del gruppo parlamentare AfD Alexander Gauland sostenne: “Hitler e i nazisti sono solo uccelli in oltre mille anni di storia tedesca di successo. Una storia gloriosa che è durata più di quei maledetti dodici anni”. “Tuttavia - prosegue nel suo intervento Nitsche - quando circa il 40% dei giovani tra i 18 e i 29 anni ha dichiarato in un sondaggio all’inizio di quest’anno di non sapere che circa sei milioni di ebrei sono stati uccisi durante l’era nazionalsocialista, allora questo è un serio avvertimento. E chi vuole esprimere la propria protesta contro un governo nelle elezioni e nei sondaggi dovrebbe chiedersi: quale strada di protesta vuole intraprendere? L’AfD tollera i fascisti nelle sue fila. L’AfD ha sfruttato il fallimento della politica dei rifugiati del governo federale per presentarsi come un difensore del popolo. Ma se cominciamo a ingoiare le posizioni di destra, o di estremismo di sinistra se guardiamo dall’altra parte, stiamo imboccando una strada estremamente pericolosa. L’AfD cerca ripetutamente di creare l’impressione di essere il salvatore della democrazia. Non è affatto così. Chiunque tolleri e protegga tra le sue fila persone che banalizzano la storia tedesca non sta proteggendo la democrazia, che è nata come lezione dalla presa del potere da parte dei nazisti e come conseguenza dell’Olocausto. Il nostro paese ha milioni di persone sulla coscienza. Non dimentichiamolo mai”.

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