SOCIETÀ

Violenza sulle donne, dal Consiglio d’Europa arriva lo stop

“Proteggere le donne da ogni forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica; contribuire a eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne e promuovere la concreta parità tra i sessi, ivi compreso rafforzando l’autonomia e l’autodeterminazione delle donne; predisporre un quadro globale, politiche e misure di protezione e di assistenza”. Sono solo alcuni degli obiettivi dichiarati nella Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro le violenze nei confronti delle donne e la violenza domestica (Istanbul Convention), approvata nel 2011 e ratificata da 13 Stati (tra cui anche l’Italia) sui 47 rappresentati nel Consiglio, che entra in vigore oggi, 1 agosto 2014. Un passo importante che punta ad azioni concrete. 

“La violenza contro le donne rimane una delle più diffuse violazioni dei diritti umani che si svolge ogni giorno in Europa – ha commentato Nils Muižnieks, commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa - La violenza domestica è ancora tra le principali cause di morte non accidentale, infortuni e invalidità per le donne”. E continua: “L’entrata in vigore della Convenzione di Istanbul è apprezzabile anche perché contribuirà a porre fine a matrimoni forzati, mutilazioni genitali femminili, aborto forzato e sterilizzazione”. Forme di violenza a cui l’Europa non è immune: nel rapporto 2012, infatti, il Parlamento europeo fa riferimento a circa 500.000 casi di donne e bambine a cui sarebbe stata praticata la mutilazione genitale e altre 180.000 rischiano di subirla ogni anno. 

Paura, dolore e vergogna alimentano il silenzio. E la violenza si trasforma, troppo spesso, in omicidio. Nel 2013, solo in Italia, 134 donne sono state uccise dal proprio partner, in media una ogni 65 ore; 143 nel Regno Unito, 121 donne in Francia. In Azerbaijan 83 donne sono state uccise e 98 si sono suicidate dopo aver subito violenza domestica. In Turchia sono stati diffusi numeri ancora più inquietanti: lo scorso anno, almeno 214 donne sono state uccise da uomini, spesso nonostante le richieste d’aiuto e protezione alle autorità competenti. Ma la violenza può assumere molte forme, anche quando non arriva all’omicidio. Si parla di stalking, molestie, stupro, con dati altrettanto allarmanti diffusi recentemente dal Consiglio d’Europa: il 45% ha subito molestie sessuali almeno una volta nella vita, una su cinque violenza fisica e il 18% è stata vittima di stalking. 

La Convenzione di Istanbul rappresenta un traguardo importante. Serve più ascolto, serve più protezione. Secondo il Country report, pubblicato ogni anno da Wave, nel 2013 non tutti i Paesi in Europa avrebbero attivato un numero nazionale di pubblica utilità per le donne. Le linee telefoniche di aiuto sono presenti in 31 Paesi e solo 17 di queste sono attive 24 ore su 24, sette giorni su sette, e gratuite. In Italia esiste un numero gratuito antiviolenza, ma si soffre di una mancanza cronica di posti letto nei rifugi per donne maltrattate. In questo senso si muovono le attività della D.i.Re, donne in rete contro la violenza, che lancia ora un appello al governo italiano: “I centri antiviolenza aderenti a D.i.Re e la rete Wave (Women against violence Europe) chiedono ai governi europei e a quello italiano che la Convenzione di Istanbul venga pienamente applicata e che sia implementata con azioni concrete che ne rispettino lo spirito e realizzino le direttive. L’Italia ha ratificato il trattato europeo da un anno impegnandosi a colmare le lacune che ancora esistono nel nostro Paese, carente di azioni efficaci nel riconoscimento del fenomeno della violenza, nella raccolta e nell’analisi dei dati, nel sostegno alle donne e nella prevenzione”. 

F.Boc.

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