CULTURA

L'immigrato e la comunicazione distorta

Mentre a livello globale l'Onu lavora a un trattato per regolare il flusso migratorio, il neonato governo italiano annuncia la volontà di tagliare i fondi destinati all'accoglienza e  il capo del governo tedesco,Angela Merkel, afferma la necessità di applicare misure comuni in materia d'asilo, il 2 giugno l'Italia si indigna per la morte di Soumaila Sacko, 30enne del Mali.

Il ragazzo maliano è stato ucciso da un colpo di fucile mentre cercava dei pezzi di lamiera, nei pressi di una fabbrica dismessa del Vibonese, per aiutare qualche bracciante a costruirsi dei rifugi. L'omicidio di Sacko ha rammentato al nostro paese la questione dei lavoratori neri sottopagati, intrappolati nel sistema disumano del caporalato. Soprattutto ha ricordato che dobbiamo fare i conti con il mondo contemporaneo, le sue disuguaglianze crescenti e i cambiamenti del nostro tessuto sociale. 

La rappresentazione dell'altro, che minaccia l'Europa e i suoi valori, affonda le sue antiche radici nel colonialismo e nel confronto che gli europei, portatori di innovazione e di una presunta, ma convinta, superiorità intellettuale, si trovarono ad attuare come giustificazione delle proprie mire espansionistiche.

La “razza” ha delle ricadute pesanti sulle vite delle persone razzializzate e di quelle considerate “bianche” in termini di opportunità, diritti e privilegi

La razzializzazione della società, che assegna caratteristiche comportamentali e attitudini mentali a seconda del colore della pelle e della "razza" di appartenenza, fu la naturale conseguenza: l'uomo bianco, classificato come umano, aveva il diritto di mettere in discussione o di negare, persino, l'umanità altrui

Come è cambiata la nostra percezione del corpo dello straniero e, soprattutto, dell'immigrato attraverso i secoli? Il libro Visualità e (anti)razzismo, a cura del gruppo di ricerca InteRGRace, edito dalla Padova University Press, offre una panoramica delle diverse modalità che la comunicazione e l'arte adottano per restituirci l'immagine dell'immigrato.   

I modi in cui vengono rappresentati visivamente i corpi neri che sbarcano a Lampedusa ci fanno riflettere su eredità storiche mai sopite

In questi anni ognuno di noi si è ritrovato almeno una volta a fissare le fotografie di corpi ammassati, schiacciati dentro a piccole imbarcazioni, corpi in mare, corpi morti. Lo shock che suscita la raffigurazione di questi momenti di dolore deriva dal nostro senso di inadeguatezza davanti alla tragedia, ma è necessario lasciarsi perseguitare da questi sentimenti, sentire il lutto, perché se non si percepisce la morte, allora nessuna vita è stata perduta. È pur vero che, talvolta, queste immagini sviano l'attenzione dalla presa di coscienza della ragione politica che sussiste dietro a tali fatti, perché diventano testimonianza della condizione umana in generale, una denuncia che trascende da fatti specifici. Può, infine, accadere che i fotografi cadano nella "trappola estetizzante", ricercando il bello e l'equilibro in immagini di guerra e violenza.

Un ulteriore approfondimento sull'arte visiva riguarda la scrittura del lungometraggio Terraferma di Emanuele Crialese, uscito nelle sale nel 2011. Il film racconta le vicende che coinvolgono una piccola isola siciliana i cui abitanti, che vivono in simbiosi col mare, si trovano ad affrontare l'arrivo di un gruppo di migranti. Questo causerà dei contrasti tra la "legge del mare" caratterizzata dalla solidarietà e dalla reciprocità dell'aiuto, e la legge dello Stato in materia di immigrazione e di asilo, riguardante il favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. 

Trailer del film "Terraferma" (2011) di Emanuele Crialese

Il contrasto tra lo status di cittadino e gli altri, grazie al simbolico ruolo di potere che esercita la cittadinanza, nasce già con la conquista dell'America, un contesto in cui si poté procedere alla "nominazione del visibile": i primi a essere definiti "neri" furono proprio gli indios. Così nacquero alcune tecniche di riconoscimento dell'identità e i codici estetici ad esse collegati. L'uomo bianco crea se stesso privando il nero della sua esistenza fenomenologica, infatti esiste solo attraverso la sua pelle, come mera superficie: questo raccontano gli stereotipi razziali, a partire dagli spettacoli in blackface

Nerofumo e parrucche per una rappresentazione grottesca e distorta della blackness, perché il pubblico bianco potesse continuare a bearsi della propria superiorità. Per liberarsi dal fantasma di queste immagini sterotipate, la comunità nera americana si appropriò dello sberleffo e, mettendo nero su nero, sfruttò il blackface per prendersi gioco dell'ignoranza bianca. La capacità di reinventarsi è ciò che contraddistinse anche le donne afroamericane che, tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo misero in pratica la "cultura della dissimulazione" che vide nella conduzione di una vita modesta e nella negazione della propria sessualità, l'unico modo per inserirsi dignitosamente nella società, superando l'etichetta di Jezebels, autotutelandosi, rivendicando il possesso del proprio corpo e l'orgoglio della propria identità. 

Orgoglio raccontato dalla romnì di origine bosniaca, Laura Halilovic, che attraverso i suoi due film Io, la mia famiglia rom e Woody Allen e Io rom romantica, racconta la felicità del suo essere rom, i suoi desideri personali di carriera e le aspettative della famiglia, proponendo storie di vita non comunemente associate alle popolazioni nomadi.

Trailer del fim "Io rom romantica" (2014) di Laura Halilovic

Infine, ci restituisce parte della nostra identità, il racconto fatto per immagini del film dalla natura saggistica Negotiating Amnesia, realizzato durante un progetto di ricerca svoltosi presso l'archivio fotografico Alinari di Firenze nel 2015, curato da Livia Dubon Bohlig. Il periodo imperiale italiano, che ha le sue origini nelle espansioni coloniali che si verificarono attorno al 1880, raggiunse il suo apice nel 1936 quando Mussolini ufficializzò la nascita dell'impero. Si parte dalla dichiarazione: "Avevamo solo un paio di paesi insignificanti!" per riscoprire un passato italiano fatto di orrore e violenza: armi chimiche, campi di concentramento e madamato.   

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